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AI, e se gli algoritmi sono utili a prevedere l’infarto? I test riusciti in UK

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Quattro algoritmi di apprendimento automatico, istruiti dai ricercatori dell’università di Nottingham, hanno previsto correttamente quali pazienti sarebbero stati colpiti da infarto e i risultati sono stati migliori rispetto ai tradizionali metodi di previsione dei medici.

Interrogare un algoritmo più che andare dal cardiologo per sapere se si è a rischio infarto. Chissà quando si realizzerà questa nuova “visita specialistica”, di sicuro lo studio dell’università di Nottingham, pubblicato sulla rivista Plos One, rende questo scenario possibile in futuro. Ecco perché.

I ricercatori dell’Ateneo, guidati da Stephen Weng, da 10 anni, hanno istruito 4 algoritmi di apprendimento automatico con le linee guida della società scientifica (come l’American College of Cardiology e l’American Heart Association) basate su otto fattori che causano malattie cardiovascolari, come infarti, inctus, occlusioni di arterie, ecc…
Successivamente questi algoritmi hanno analizzato i dati provenienti dalle cartelle cliniche elettroniche di 378mila pazienti del Regno Unito. I test sono iniziati dieci anni fa, nel 2005. Nel 2015 le loro previsioni sono state vagliate ed è emerso che effettivamente le persone indicate dall’intelligenza artificiale dopo 10 anni sono state realmente vittime di un infarto. Dunque i ricercatori hanno potuto constatare che i risultati ottenuti con i quattro algoritmi testati sono stati migliori rispetto ai tradizionali metodi di previsione basati su otto fattori di rischio, tra cui l’età, il livello di colesterolo e la pressione sanguigna. Invece l’etnia, l’artrite e le malattie renali sono stati gli altri indicatori di rischio presi in considerazione, autonomamente, da autodidatta, dall’intelligenza artificiale.

Nello specifico un algoritmo è riuscito a prevedere il 7,6% in più di infarti dei pazienti rispetto alla letteratura scientifica presa in considerazione dai medici.

“Spero veramente che i medici inizino ad abbracciare l’uso dell’intelligenza artificiale per la cura dei pazienti”, ha dichiarato a ScienceMag Elsie Ross, un chirurgo vascolare presso la Stanford University di Palo Alto, in California, che è rimasto impressionato dalla ricerca condotta dall’università di Nottingham. Ogni anno, quasi 20 milioni di persone muoiono a causa di malattie cardiovascolari, sarebbe davvero il caso di chiedere una mano all’AI.