I bandi

Agenda digitale e industria sostenibile: chiusi i bandi, insufficienti 200 milioni di euro

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Troppi progetti svuotano le casse: il Mise annuncia la chiusura dei bandi per l’Agenda ditale e l’Industria sostenibile. Ora si attende l’avio dell’istruttoria per la selezione delle idee più “promettenti”.

Ieri sera si sono chiusi i bandi per gli interventi agevolati “Agenda digitale” e “Industria sostenibile”. Tramite la piattaforma informatica del soggetto gestore, sono pervenute complessivamente 85 domande a valere sull’Intervento del Programma operativo nazionale «Imprese e competitività» 2014-2020 PON-FESR.

Gli interventi in questione sono a favore di grandi progetti di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni elettroniche e per l’attuazione dell’Agenzia digitale italiana e nell’ambito di specifiche tematiche rilevanti per l’«industria sostenibile» nelle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Il numero delle domande presentate, fanno sapere dal Ministero dello Sviluppo economico (Mise), è stato di 34 a valere sull’intervento agevolativo “Agenda digitale” e di 51 a valere sull’intervento agevolativo “Industria sostenibile”.

Come già altre volte è accaduto, il fabbisogno delle richieste inoltrate è ben superiore alle risorse disponibili, pari a complessivi 200 milioni di euro per entrambi i bandi.

In attesa dell’avvio dell’attività istruttoria, che consentirà di selezionare i progetti di ricerca e sviluppo maggiormente promettenti, in termini di innovazione di prodotto o processo, e che “potranno consentire alle imprese proponenti di conquistare posizioni competitive di maggiore rilievo anche attraverso l’industrializzazione dei relativi risultati”, c’è lo spazio per qualche riflessione.

Il Mise ritiene che tale dato, come già avvenuto per il precedente bando “Horizon 2020”, anch’esso dedicato alle regioni del Mezzogiorno, “testimoni l’apprezzamento del sistema delle imprese di tali territori per le particolari misure, agevolative e procedurali, appositamente studiate per stimolare maggiormente l’interesse delle imprese verso uno strumento”.

Ma il dato in questione è la scarsità delle risorse. Forse dovremmo guardare a quello che accade in altri Paesi europei per renderci conto del gap. Prendere esempio dalle buone pratiche messe in campo e applicare modelli di finanziamento che hanno già dato buoni risultati, può essere d’aiuto.

I due bandi già un anno fa avevano subito uno stop per eccesso di domande. Nello stesso periodo, Germania e Francia davano vita ad una piattaforma comune per facilitare gli investimenti delle banche in startup e progetti per l’Agenda digitale. Accordi bilaterali per promuovere innovazione e raccogliere ulteriori risorse finanziarie.

La Germania per il periodo 2014-2017 ha presentato un piano di investimenti pubblico-privati da 4 miliardi di euro.

La Francia per il 2022 ha puntato ancora più in alto, con l’obiettivo di mobilitare 22 miliardi di euro di investimenti pubblico-privati per la sua strategia digitale nazionale.

In Gran Bretagna, se vogliamo parlare di cifre sul tavolo, l’anno scorso sono state investite 530 milioni di sterline “solamente” per stimolare ulteriori investimenti nella banda ultralarga dell’intero Regno Unito. Bisogna ricordare che uno dei punti chiave dell’Agenda digitale europea è proprio “promuovere un facile accesso ad Internet veloce e superveloce per tutti”.

Da noi, con soli 150 milioni di euro circa, destinati a quest’ultimo bando per l’Agenda Digitale, il Mise spera di poter promuovere tecnologie abilitanti per un’ampia serie di interventi: inclusione sociale, cultura e turismo, mobilità e trasporti, energia e ambiente, monitoraggio e sicurezza del territorio, modernizzazione della PA, telecomunicazioni e fabbrica intelligente.