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Agcom sfida gli OLO sulla segmentazione geografica

Dario Denni

L’identificazione e l’analisi dei mercati di accesso alla rete fissa di Telecom Italia è un argomento tecnico che interessa solo gli addetti ai lavori. In questo articolo semplificheremo al massimo terminologie e concetti fino a raggiungere un livello di comprensione basico, sufficiente per capire perché l’Italia rischia di essere doppiata dagli altri Paesi in termini di penetrazione di Internet in banda ultra-larga.

Litigiosità come motivo di ritardo

L’Italia ha un’infrastruttura storica in rame. Per alterne vicende si è scelta una tecnologia che ammoderna questa rete avvicinando la fibra agli armadi di strada e permettendo agli utenti di accelerare la velocità di navigazione. In taluni casi sporadici ci sono operatori che portano la fibra fino a casa. Gli altri operatori comprano all’ingrosso le offerte che Telecom Italia è obbligata a fare sotto il controllo dell’Autorità sulla base di un listino. Questo listino viene sottoposto a consultazioni, audizioni, controlli in Italia e in Europa. Sono tutte cose necessarie, ma che alimentano un contenzioso incredibile, intasano i tribunali, rallentano i tempi, creano incertezza nelle regole, bloccano gli investimenti. Tanto per dirne una, gli Olo, ovvero gli operatori telefonici alternativi a Telecom Italia, hanno appena vinto la battaglia giudiziaria sui prezzi all’ingrosso ottenendo rimborsi milionari per gli anni 2010-2012, ma non hanno certo vinto la guerra che si gioca sul campo delle regole che servono per definirli.

Un occhio di riguardo al giudice amministrativo

Come da sempre ci ha abituati l’Autorità, anche questa volta la delibera 42/15/CONS ha un ampio valore didattico, quasi a voler insegnare la regolamentazione al lettore piuttosto che a motivare nella sostanza le scelte che verranno prese. E’ chiaro chi è il lettore qualificato a cui si rivolge l’AGCom con questa delibera: non è né l’esperto regolamentarista aziendale né il giovane stagista che approccia queste materie per la prima volta. Il lettore rilevante è il Giudice Amministrativo. AGCom sa che con ogni probabilità anche stavolta la delibera verrà impugnata al TAR e poi al CdS. Dunque per questo tutti i puntuali riferimenti normativi servono, prima ancora che per giustificare le scelte, ad indicare al Giudice delle basi inoppugnabili di diritto per il respingimento dei possibili ricorsi.

I mercati rilevanti: il palleggio tra Roma e Bruxelles

L’attività principale dell’AGCom è quella di definire le aree dove è necessario il suo intervento preventivo teso ad assicurare la concorrenza nel mercato quando le condizioni mostrano che non è possibile farne a meno. Diciamo che dieci anni fa erano stati individuati in Europa 18 mercati rilevanti, poi ridotti a 7, mentre grazie alla crescita della concorrenza tra operatori ora sono solo 4. Di questi quattro, c’è da capire in che modo essi possano superare un triplo test per l’imposizione di regole ex-ante volte a prevenire un intervento ex-post dell’Antitrust. Ma si tenga conto che le tre prove del test che deve condurre l’AGCom non servono solo per creare ulteriori mercati nazionali o submercati, ma anche per tenere in vita quelli individuati prima della Raccomandazione che proprio nel 2014, in pieno svolgimento dei lavori, è arrivata da Bruxelles.  Riducendosi i mercati, qualche malizioso poteva pensare che il lavoro andava scemando e quindi poteva essere messa in dubbio la necessità stessa dell’Autorità come presidio fisso del settore. Sbaglia perciò chi pensa che tutta questa costruzione, sia scaturita dalla necessità di trovare qualcosa per tenere impegnate al massimo le risorse dell’Autorità. L’affinamento della regolamentazione europea oggi è di altissimo livello e non potrebbe essere diversamente. Ma certamente anche il rimpallo delle delibere e le procedure di controllo interno ed esterno sono dei fattori che ci fanno accumulare ritardo.

La differenziazione geografica e dei rimedi

I mercati rilevanti sono stati definiti a livello nazionale. Vale a dire che l’Autorità stabilisce regole valide per tutto il territorio nazionale senza diversificazioni perché le condizioni concorrenziali di mercato sono uguali a Milano come a Pollica, a Genova come a Borgo Sesia.

Finora così è stato.

Laddove le condizioni sul territorio variassero, sarebbe opportuno definire mercati a livello geografico subnazionale. Siccome definire un mercato subnazionale è abbastanza complicato e soggetto a molteplici controlli europei, fonte di enorme contenzioso, allora è possibile ribaltare la frittata e segmentare i remedies. Vale a dire che il mercato resta nazionale ma certi rimedi si applicano a ricorrere di determinate condizioni.

Facile? No.

Anche differenziare i remedies è un lavoraccio: occorre valutare la pressione competitiva attuale anche in prospettiva di dinamiche di variazione. Ma è giusto che sia così, soprattutto adesso che le condizioni concorrenziali mutano velocemente al crescere delle reti in fibra.

Il succo di tutta la storia

Riassumendo: se in un’area geografica subnazionale si verificano condizioni concorrenziali favorevoli alla concorrenza e molto ben individuate (2 operatori in FTTX >66% degli armadi nel Comune con trend positivo) allora l’Autorità propone di allentare leggermente le regole a Telecom Italia per il controllo del prezzo solamente in quelle aree specificate lasciando salvi tutti gli altri meccanismi del set regolamentare previsto dal Codice delle Comunicazioni. In buona sostanza la differenziazione geografica si applica solo al controllo dei prezzi all’ingrosso in determinate aree che restano sempre però sotto rigido controllo dell’AGCom per assicurare non discriminazione e parità di trattamento agli operatori alternativi. Su tutto il territorio nazionale, comprese le aree segmentate, continuano a gravare tutti gli altri obblighi per Telecom: trasparenza, non discriminazione, separazione contabile, accesso e contabilità dei costi.

Perché’ gli OLO si oppongono alla segmentazione?

Il bello di questa nuova delibera è che prende in corsa e amplia una precedente analisi di mercato e la riadatta al rinnovato contesto europeo. Ci sono precedenti specifici insomma: gli OLO si sono già tutti schierati contro la differenziazione dei remedies adducendo che di fatto non ci sono offerte wholesale alternative a quelle di Telecom Italia. Un regime nazionale unico indifferenziato, insomma, lascerebbe le cose sulla fibra esattamente come stavano sul rame.

Parliamoci chiaro. Il problema che si sta discutendo oggi è di togliere l’orientamento al costo sulle offerte all’ingrosso in determinati casi specifici. Chi si oppone dice che 1) non ci sono offerte wholesale alternative 2) che del resto Telecom pratica gli stessi prezzi retail su tutto il territorio nazionale a dimostrazione che non ci sono differenze locali 3) e che se anche si procedesse a una segmentazione, si dovrebbe imporre a Telecom di praticare in quelle aree dei prezzi uguali o inferiori a quelli delle restanti aree.

Una serie di pretese a cui AGCom risponde con 144 pagine, snocciolando tutta la sua dottrina e la giurisprudenza e le best practices europee. Dunque scopriamo che ci sono operatori alternativi (in Italia) che hanno addirittura una divisione wholesale cioè pure loro vendono all’ingrosso ad altri operatori.

Il trend del resto è confermato: precipita la quota di mercato al dettaglio residenziale e non residenziale di Telecom Italia a conferma di assenza di barriere al mercato. Insomma, tutta l’ansia degli operatori concorrenti al venir meno dell’orientamento al costo delle offerte è direttamente proporzionale all’aumento del loro rischio in un business non più assistito dalla regolamentazione.

Ma di quale rischio stiamo parlando?

Il rischio dell’operatore concorrente     

Facciamo un esempio. Se un pizzaiolo non dovesse comprare il forno, metterlo a norma in un locale, comprare piatti e accessori del ristorante, ma potesse solo rivendere la pizza buona fatta da altri, allora è chiaro che il suo rischio si limiterebbe ai soldi spesi per i volantini per farsi pubblicità. Scrive l’AGCom nella delibera che l’operatore concorrente ha da tempo superato la barriera delle economie di scala rendendo variabili tutti i costi e lasciando bassi i costi fissi. Il suo rischio quindi è basso. Tornando all’esempio, se al pizzaiolo Alfa che rivende la pizza fatta col forno di un altro gestore Beta gli venisse tolto il privilegio di usare il forno pagando secondo i costi sostenuti dal bravo imprenditore Beta, al pizzaiolo Alfa non rimarrebbe che costruirsi un forno da solo e coprire i costi per accenderlo e mantenerlo in sicurezza. Tutte cose che i pizzaioli Alfa non vogliono fare o ritardano a fare. I pizzaioli Alfa, in questo momento, considerano un rischio perfino andarsi a cuocere la pizza nel forno altrui o dover pagare uno che la rimanda indietro se la base è bruciata (provisioning e assurance).

Dove sta la concorrenza nella fibra?

Se facessimo partire il ragionamento dagli investimenti programmati da un operatore, si noterebbe subito che gli operatori, quando pianificano, prendono a riferimento il Comune come unità geografica minima da coprire. Poi nei fatti la concorrenza si sviluppa nell’area di centrale ma è corretto rimanere a livello comunale, pur valutando le difficoltà tecniche ed amministrative che a volte si incontrano nel roll-out.

Che significa?

Senza girarci troppo intorno, basta dire che la concorrenza utile ai fini dell’intervento dell’Autorità è all’interno del Comune, e non sulla centrale e nemmeno sull’armadio di strada come qualcuno ha scritto. Perché se volessimo essere certosini, la concorrenza è perfino sulle verticali del palazzo nel Fiber to the home. Facciamo allora una segmentazione dei palazzi?

In cantina c’è la concorrenza, al terzo piano togliamo l’orientamento al costo e in mansarda lasciamo tutti i remedies perché ci arriva solo una tecnologia. Tornando seri, gli operatori che pianificano una copertura lo fanno solitamente a livello comunale. Se su quel comune ci sono 2 operatori in FTTX che hanno coperto ciascuno almeno il 66% degli armadi con la fibra ottica è ragionevole evitare una over-regulation dell’area. E mica stiamo parlando di lasciare il mercato completamente libero. Stiamo parlando di togliere il controllo dei prezzi e di lasciare perfino una clausola di salvaguardia (price cap) su una tecnologia (LLU) insieme a tutta la restante parte del pacchetto regolatorio codicistico.

Conclusioni

Allentare i vincoli regolatori a Telecom Italia togliendo il controllo del prezzo nei Comuni dove c’è un altro operatore FTTX è un modo per far migrare gli utenti sulle reti in fibra e accelerare gli investimenti per favorire l’infrastrutturazione ottica. Nelle Aree A restano invariati tutti i remedies classici anzi si aggiunge pure una comunicazione preventiva in caso di dismissione della centrale a causa della cessazione dei servizi su rame.  Le aree B (o aree contendibili) vedono almeno due operatori in concorrenza nella fornitura dei servizi in banda ultra-larga e quindi il prezzo del WLR (LLU e BS) non è orientato al costo ma definito su trattativa commerciale secondo criteri di equità e ragionevolezza (con un cap su LLU). Ostacolare in qualsiasi modo questo processo significa ritardare l’innovazione, causare arretratezza culturale, frenare le imprese e gli investimenti. Cui prodest?

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