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“Adottate la direttiva sul copyright”: l’appello all’Europarlamento di 230 associazioni dell’industria creativa e culturale

Continua il confronto sulla direttiva europea per la tutela del copyright, che entro la fine del mese di marzo dovrebbe concludersi con il voto finale del Parlamento europeo in plenaria a Strasburgo e quindi con la sua eventuale adozione finale.

Da una parte c’è chi è favorevole al provvedimento, un’occasione per mettere ordine nel settore e per proteggere al meglio i detentori di diritti e licenze, dall’altra invece chi lo vede come uno strumento liberticida e repressivo.

Nei giorni scorsi all’Europarlamento è arrivato un appello firmato da 230 associazioni di categoria appartenenti alle industrie culturali e creative. Migliaia di imprese e singoli autori, nonché decine di migliaia di lavoratori, rappresentati da organizzazioni del settore musica, cinema, televisione, comunicazione, editoria, ma anche da produttori, autori, giornalisti, fotografi e artisti, che chiedono l’approvazione definitiva del testo.

Nella lettera si sottolinea la necessità di concludere positivamente, con il voto favorevole dell’Europarlamento, il lungo percorso iniziato ormai anni fa. “Questa direttiva – si legge nel comunicato – è stata a lungo auspicata per poter stabilire condizioni di parità per tutti gli operatori del settore creativo nel Mercato Unico Digitale Europeo, e per poter garantire ai cittadini, al tempo stesso, un accesso migliore a una maggiore quantità di contenuti“.

La Direttiva europea sul copyright è, per i firmatari del documento, “un’opportunità storica”: “Abbiamo bisogno di un internet che sia equo e sostenibile per tutti. Ecco perchè è necessario che la Direttiva sia adottata velocemente, come concordato nelle negoziazioni del Trilogo”.

A seguito del confronto serrato attorno al percorso della direttiva, è nato anche il movimento Europe For Creators, iniziativa promossa da una coalizione paneuropea di cittadini, autori, artisti e circa 250 organizzazioni a favore della direttiva.

Condizioni più eque di negoziazione e maggiore trasparenza negli accordi di licenza, quindi, per tutelare con più forza l’industria culturale creativa europea che vale circa 536 miliardi di euro all’anno e dà lavoro a più di 12 milioni di persone.

A remare contro, invece, molte altre organizzazioni, tra cui i giganti del web, come Google.

In un articolo sul Corriere della Sera, Edoardo Segantini ha ricordato oggi che copyright e privacy sono gli obiettivi di rigorose offensive condotte da grandi multinazionali della rete, come il già menzionato motore di ricerca globale e Facebook.

Dal quartier generale americano di Google, presso Mountain View il messaggio è chiaro: sabotare in ogni modo il diritto degli editori ad un riconoscimento economico legato all’articolo 11 della direttiva e sabotare il riconoscimento della responsabilità delle piattaforme riguardo l’offerta di contenuti che violano il copyright, come previsto dall’articolo 13.

Il motore di ricerca ha lanciato in rete tramite Pledge una campagna contro la suddetta direttiva europea, invitando gli utenti a scrivere al Parlamento europeo chiedendo in plenaria un voto contrario definitivo alla riforma.

Per rafforzare l’azione di Google, milioni di email sono state inviate agli europarlamentari e altre ne partiranno nei prossimi giorni.

Pur di raggiungere il risultato di bloccare la riforma, si è arrivati anche a minacciare gli europarlamentari con riferimento al voto di maggio.

L’utente, nell’atto di sottoscrivere il messaggio di Google, deve infatti scegliere tra tre diversi tipi di messaggi anti-direttiva dell’Unione europea: “in cui chiedere al parlamentare di confermare il proprio no, esortare gli indecisi a votare no ovviamente, e minacciare in maniera esplicita quei parlamentari che ancora sono a favore (se voti si a fine marzo, io non ti voto a fine maggio)”.

L’Italia, insieme ad altri Paesi come Polonia, Olanda, Svezia, Finlandia, Lussemburgo e Malta, non è d’accordo con la direttiva europea e al momento voterà contro.

Paradossalmente, l’Italia, grande produttore di contenuti, si ritrova in questo modo dalla parte di chi viola invece che proteggere i diritti d’autore.

Da notare che quasi tutti i Paesi che appoggiano le posizioni di Google & Co., sono gli stessi che ospitano le sedi principali o le server farm delle grandi big company del web, con relativi posti di lavoro creati e da difendere e grandi vantaggi fiscali per le multinazionali in questione.

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