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Accordo USA-UK, la sovranità che non c’è

Londra ha celebrato ieri una vittoria, o almeno così è stata presentata. Accordi da capogiro con Microsoft, Nvidia e OpenAI, un nuovo corridoio di data center nel nord-est e la promessa di un cluster di GPU mai visto prima in Europa. I ministri hanno parlato di “IA sovrana britannica”, i giornali hanno esultato per i posti di lavoro e il prestigio tecnologico.

L’investimento americano sembra puntare a unire i punti di forza degli Stati Uniti, ossia costruzione di infrastrutture, capacità e capitali per l’IA, con l’innovazione e la creatività che in UK nascono da università, start-up e grandi aziende.

Eppure, guardando oltre la retorica ed il puro marketing, il quadro appare diverso. Con i nuovi accordi miliardari siglati con gli USA, il Regno Unito non ha conquistato indipendenza, ma ha piuttosto negoziato un ruolo da avamposto europeo delle infrastrutture statunitensi.

Alcuni analisti hanno parlato apertamente di “colonia tecnologica”.

Nick Clegg, come riportato da Reuters, ad esempio ha descritto il Paese come “aggrappato ai lembi della giacca di Zio Sam”, mentre l’avvocato Alex Kirkhope ha avvertito che basare l’IA britannica su software e data center americani significa compromettere inevitabilmente la propria leva politica.

A rendere la posizione ancora più delicata è il rischio di frizioni con l’Unione Europea, che resta il principale partner commerciale di Londra. Un eccessivo allineamento con Washington potrebbe, infatti, limitare l’accesso al mercato europeo proprio nel momento in cui la crescita economica dipende dalle esportazioni. Come ha osservato Peter Holmes dell’UK Trade Policy Observatory,

Il Regno Unito ha fatto del suo meglio in una situazione sfavorevole, ma l’esito reale dipende dagli umori di Trump, non dalle strategie britanniche”.

Il cuore dell’intesa

Il patto, proclamato esplicitamente da Trump come una rivalsa sulla concorrenza cinese ed un traguardo per la corsa USA all’intelligenza artificiale, prevede che sul suolo britannico vengano eseguiti i modelli più avanzati di OpenAI, accessibili a laboratori nazionali, enti pubblici e imprese europee.

Microsoft ha già prenotato gran parte della capacità, Nvidia ha vincolato capitale e forniture, mentre OpenAI instraderà i suoi sistemi attraverso “Stargate UK”.

In parole povere, Londra guadagna potenza di calcolo, status internazionale e un posto in prima fila nel teatro europeo dell’intelligenza artificiale. Ma il controllo vero, i pesi dei modelli, i ritmi degli aggiornamenti, la governance della sicurezza, resta saldamente a Washington.

La sovranità capovolta

Ecco l’inversione – commenta su Linkedin Francesco Lapenta, Phd Director dell’Institute of Future and Innovation Studies di Roma – Il governo britannico parla di “sovranità”, ma in realtà ha stretto un accordo di custodia delegata. Velocizzando permessi, facilitando le connessioni alla rete e garantendo tutele legali, Londra si propone come il terreno più fertile e conveniente per gli interessi tecnologici americani” spiega.

Questa scelta consegna al Regno Unito indubbiamente un vantaggio tattico. Fino a quando Parigi, Berlino e Bruxelles non riusciranno a costruire infrastrutture veramente autonome, Londra sarà il punto di accesso obbligato al calcolo di frontiera. Non indipendente, ma indispensabile.

Un “paese piattaforma”

In pratica, secondo tutte queste voci autorevoli, il patto segna la trasformazione della Gran Bretagna in uno “Stato piattaforma”, ovvero uno spazio giuridico e finanziario in cui l’IA americana atterra, si radica e si espande, gestita a beneficio dell’Europa. Londra baratta autonomia con centralità, scommettendo che influenza, prestigio e occupazione valgano più della sovranità.

Tuttavia, c’è da dire che l’influenza di Starmer mostra chiaramente i suoi limiti. Pur avendo ottenuto una riduzione dei dazi sull’acciaio, fissati al 25% rispetto al 50% imposto ad altri Paesi, il tentativo di spingerli ancora più in basso, o di ottenerne la rimozione, si è concluso con un nulla di fatto.
Sul piano geopolitico, inoltre, le distanze restano nette: Londra e Washington continuano a dividersi sul riconoscimento di uno Stato palestinese e sull’approccio di Trump alla guerra in Ucraina.

La verità di ieri

In definitiva, non è stata scritta la storia della sovranità digitale britannica. È stata scritta la storia di un paese che ha scelto di essere indispensabile, ma non indipendente.
Il Regno Unito si è offerto come snodo europeo dell’energia e dell’intelligenza artificiale americana. Una posizione utile, potentissima, ma che porta il marchio chiaro di chi, alla fine, comanda davvero.

Se il piano andrà a buon fine, il Regno Unito potrebbe sedere al vertice delle potenze europee del calcolo. Se invece le infrastrutture tarderanno, resterà solo il segno di una dipendenza travestita da indipendenza.

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