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“Abili, disabili, ma tutti diversamente abili”, la disabilità al centro del nuovo libro della senatrice Paola Binetti

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La presentazione in Senato è stata un’occasione di confronto sul tema della disabilità: “si capisce con la testa, ma si condivide con il cuore”. La Ministra per le Disabilità Erika Stefani: “necessario un cambio di paradigma”.

Nel pomeriggio di ieri, lunedì 17 gennaio 2022, la presentazione romana del nuovo libro della senatrice Paola Binetti è stata una stimolante occasione per riflettere criticamente sul concetto di “diversità”, inteso nella declinazione di “diverse abilità”: già dal titolo, è evidente l’approccio, senza dubbio ideologico ma basato su criteri scientifici (si ricordi che Binetti è “anche” una qualificata neuropsichiatra): “Abili, disabili, ma tutti diversamente abili”. Sottotitolo: “Cosa sta cambiando nell’ottica dei diritti umani” (Magi Edizioni).

In estrema sintesi: la parte più evoluta della società italiana, ed anche dei rappresentanti delle istituzioni, sta finalmente comprendendo che si deve guardare alla persona con disabilità anzitutto come “persona” tout-court, di cui lo Stato deve tutelare i diritti, i “diritti umani” intesi nella loro pienezza.

Si deve affrontare il tema “disabilità”, quindi, con un approccio basato sui diritti della persona e conseguentemente sui doveri delle istituzioni.

Viene prima la persona, viene prima il cittadino, e, poi, “subordinatamente”, il disabile, con le sue esigenze particolari e con l’esercizio dei suoi diritti.

Si tratta di una sorta di piccola (grande) “rivoluzione culturale” ovvero di ribaltamento di un approccio storico che ha spesso visto la diversità come esercizio di un mero risarcimento del diverso in quanto “malato”, piuttosto che come esercizio di pienezza di diritti della persona.

Va segnalato che Paola Binetti può essere ritenuta la parlamentare più attiva su queste tematiche (dalle disabilità alle malattie rare alla lotta al gioco d’azzardo), con oltre quindici anni di pugnace impegno politico e professionale: se l’Italia fosse un Paese vagamente più meritocratico, naturale sarebbe stato assegnarle la guida di un dicastero, e non resta che augurarsi che le logiche della partitocrazia possano essere superate in futuro in nome della competenza tecnica e professionale. Ricordiamo anche che Binetti è stata, tra l’altro, fondatrice del Campus Bio-Medico di Roma, ove ha diretto il Corso di laurea in Medicina e Chirurgia.

Il libro affronta le tappe politiche, giuridiche e sociali che hanno conferito crescente centralità ai diritti dei disabili. Un libro che è stato pubblicato proprio a ridosso dell’approvazione del Testo unico sulle Malattie rare e della legge delega sulla disabilità, dopo trent’anni dalla legge 104/1992.

Nel suo appassionato intervento di ieri, la senatrice (iscritta al Gruppo Forza Italia Berlusconi Presidente – Udc) ha invitato tutti a mettersi “nei panni dell’altro”, per comprenderne bisogni e necessità.

Si tratta di una operazione di fuoriuscita dall’orticello del proprio sé, e di uno sforzo per comprendere l’“altro” che ognuno di noi reca dentro, nella propria intimità infra-psichica. Si tratta di un lavoro che deve essere razionale ed emozionale al tempo stesso: “si capisce con la testa, ma si condivide con il cuore, che non è sentimentalismo, ma significa che ognuno di noi deve potersi mettere nei panni degli altri. Ognuno di noi deve poter fare un viaggio in primo luogo dentro noi stessi, a vedere le nostre stesse difficoltà e quelle delle persone che amiamo”.

Soltanto uno sforzo di convergenza tra “logos” e “pathos” può consentirci una comprensione profonda dell’umano (individuale) e dell’umanità (sociale): “solo quando la comprensione intellettuale diventa comprensione affettiva, allora si sciolgono i nodi e le difficoltà. Per capire le difficoltà degli altri dobbiamo farne esperienza, che non significa fare lo stesso tipo di esperienza ma dobbiamo sentire la porta del limite che si chiude dietro di noi: prendere un treno per un disabile, un bus, per stare solo alle esperienze più banali. Non sarà vivere la stessa difficoltà e lo stesso disagio ma significherà acquisire la consapevolezza di quel disagio, la relazione tra noi e l’altro. Quando questo succede, quando acquisiamo quella consapevolezza, quel disagio ci consente di non arroccarci su posizioni di presunta normalità”.

Centrale ed essenziale il concetto evocato: “presunta normalità”.

Sostiene Binetti: “abbiamo bisogno di costruire una società inclusiva. Il rischio dell’esclusione è permanente e insidioso. Ogni giorno dobbiamo scovare le tentazioni di esclusione e capovolgere la prospettiva”.

E non si deve avere paura. Binetti ha citato non a caso il pontefice Giovanni Paolo II Karol Wojtyla ed il suo pressante invito giustappunto a “non abbiate paura!”, invito ad aprirsi all’altro, ad accogliere gli altri: “abbiamo bisogno degli altri e gli altri hanno bisogno di noi. Le nostre fragilità e i nostri difetti possono diventare gli agganci propositivi per creare legami forti, che aiutano noi e gli altri a superare le proprie debolezze e a colmare i propri limiti. Nella nostra società, si è parlato di ‘legami liquidi’ (ovvio il riferimento al sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, n.d.r), una condizione di solitudine, che deve essere rovesciata con relazioni forti che conferiscano la certezza di non essere mai soli”.

La senatrice ha affrontato anche questioni ben pratiche, nelle criticità della quotidianità. Per esempio, “non sono più un optional tutta una serie di misure che vanno dai bambini agli anziani: gli insegnanti di sostegno non sono più la magnanimità del Ministero dell’Istruzione, ma debbono essere messi a disposizione non docenti ‘di sostegno’, ma docenti che siano i migliori per i bambini disabili”… Significa anche “che la legge che prevede l’inserimento delle categorie protette nei vari organismi prenda atto dei diritti delle persone a poter lavorare e a conquistarsi una vita autonomia. E tutto ciò che riguarda le barriere architettoniche di ogni tipo, rappresenta un diritto delle persone e non un optional”.

Binetti ha anche affrontato un tema delicato, nel passaggio istituzionale dalla teoria alla pratica: “non vogliamo più sentir dire ‘non ci sono i fondi’: i fondi che riguardano i diritti vanno sempre trovati, perché un diritto se non esigibile non è più nemmeno un diritto”.

I fondi pubblici a favore dei disabili sono adeguati? No

I fondi a favore dei disabili sono adeguati?

La risposta è assolutamente negativa.

E spesso i fatti contraddicono le dichiarazioni, nel passaggio dalla teoria alla pratica.

Un esempio, tra i tanti, ma ben sintomatico nella sua concretezza?! È stata evocata anche ieri la triste notizia della chiusura, a Roma, del ristorante “La Locanda dei Girasoli”, che ha rappresentato per oltre vent’anni un esempio commendevole di coinvolgimento di giovani disabili in un’attività produttiva e commerciale di eccellenza. Il ristorante-pizzeria di via dei Sulpici, al Quadraro, ha dato per tanti anni lavoro a un gruppo di ragazzi con sindrome di Down e disabilità, ed è stato costretto a chiudere a causa della crisi di mercato determinata dalla pandemia.

I fondi, questione nodale: si ricorda che a fine dicembre, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale una legge che delega il Governo ad intervenire per riordinare l’intervento dello Stato a favore della disabilità, delega raccordata con il Pnrr, che prevede 20 mesi per i decreti attuativi, che prevede un finanziamento annuo di 350 milioni di euro. Si tratta di un budget modesto, assolutamente inadeguato rispetto ai fabbisogni reali del mondo della disabilità.

In occasione della presentazione del libro di Binetti, non è comunque emersa una critica radicale nei confronti degli interventi dello Stato a favore del terzo settore in generale, ma su questi temi si segnala l’editoriale pubblicato proprio oggi dal mensile/portale “Vita”, firmato dal direttore Stefano Arduini, che propone un’analisi impietosa di quel che il Governo Draghi (non) avrebbe fatto in materia: “Le parole vuote del Palazzo al Terzo settore”. L’editoriale del direttore di Vita apre il numero di gennaio del “magazine”: “mai come in questi anni di pandemia dal Palazzo della politica si sono spese parole di miele nei confronti dei soggetti sociali. Ma i fatti e le politiche quasi mai sono stati coerenti con gli impegni presi”. 

Sulla stessa qualificata testata, qualche settimana fa Pietro Vittorio Barbieri pubblicava un articolo molto critico specificamente in materia di disabilità, “Troppo silenzio sul disegno di legge delega sulla disabilità” (vedi “Vita” dell’8 novembre 2021), sostenendo “sta accadendo qualcosa di singolare attorno al disegno di legge delega sulla disabilità che il Governo ha approvato e che intende portare all’approvazione delle Camere entro la fine dell’anno. C’è silenzio. Non c’è dibattito. Eppure è un testo che intende modificare i pochi cardini normativi esistenti nell’ambito della disabilità (…) Ciò che sorprende è, di nuovo, il silenzio delle forze politiche, di quelle sociali, dei media, degli opinion maker e delle organizzazioni di rappresentanza”; eppure “il disegno di legge cambia i connotati dei diritti – quelli che ci sono – delle persone con disabilità e i meccanismi per accedervi”.

Il 30 dicembre 2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge delega al Governo in materia di disabilità

Si rinnova il silenzio del dibattito? In effetti, va osservato che la presentazione del libro di Paola Binetti non è stata occasione di particolari polemiche di sorta: i toni sono sempre stati decisi ma pacati, e grande ma sommessa sembra essere l’aspettativa nei confronti del disegno di legge delega per la tutela delle persone disabili, approvato dal Consiglio dei Ministri a fine ottobre 2021, ed il cui testo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2021: si tratta della legge n. 227 del 22 dicembre 2021, intitolata “Delega al Governo in materia di disabilità”.

Il 20 dicembre 2020, il Senato ha all’unanimità definitivamente approvato, dopo il sì espresso dall’assemblea della Camera il 9 dicembre, il disegno di legge n. 3347-A licenziato dal Consiglio dei Ministri all’inizio del mese di novembre (approvato il 27 ottobre dal Cdm, su proposta della Ministro Erika Stefani), nel quale è contenuta la delega al Governo per la revisione ed il riordino di tutte le norme vigenti in materia di disabilità.

Si ricorda che la legge delega prevede una revisione completa della normativa, in linea con le indicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che sarà operativa con l’adozione di una serie di decreti legislativi, da adottare entro 20 mesi. Quest’intervento normativo rientra nell’economia della riforma 1.1 prevista dalla Missione 5 “Inclusione e Coesione” Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore” del Pnrr.

La norma prevede la definizione degli ambiti di intervento, la predisposizione di una “programmazione strategica”, e l’istituzione del Garante Nazionale della Disabilità.

La legge di delegazione riguarda tutte le persone con disabilità, avente il suo fulcro nel progetto di vita personalizzato e partecipato, diretto a consentire alle persone con disabilità di essere protagoniste della propria vita e di realizzare una effettiva inclusione nella società. La legge contiene una significativa revisione della normativa sulla disabilità, al fine di razionalizzare e unificare in un’unica procedura tutti gli accertamenti che riguardano l’invalidità civile, la cecità civile, la sordità civile, la sordocecità, l’accertamento della disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa, fino alle valutazioni sul possesso dei requisiti per accedere a agevolazioni fiscali, tributarie e della mobilità. La legge prevede tra l’altro che ciascuna amministrazione pubblica è tenuta a individuare un dirigente preposto alla programmazione strategica dell’accessibilità delle funzioni amministrative.

I decreti legislativi di attuazione (ne sono previsti sette) sono già in gestazione, e non resta che augurarsi che le associazioni rappresentative dei disabili vengano coinvolte attivamente nei cantieri normativi dei decreti (per un’interpretazione critica della legge delega, si rimanda all’articolo “Disabilità. Quel silenzio assordante sulla legge delega che cela diversi aspetti da rivedere”, a firma di Mariano Cingolani e Piergiorgio Fedeli e Fabio Cembrani, pubblicato su “quotidianosanità.it” del 21 dicembre 2021).

La Ministro per le Disabilità Erika Stefani: “Le parole sono importanti: la condizione non coincide con la persona”

Curiosamente ieri nemmeno la Ministro ha fatto particolare riferimento alla legge delega…

La Ministra per le Disabilità Erika Stefani – intervenuta con un messaggio videoregistrato – ha sostenuto l’esigenza di un “cambio di paradigma”, ovvero “un cambiamento nel modo di pensare, e, per la nostra parte, lavoriamo sulle norme, anche se sappiamo che questo non basta; implica un cambiamento di attenzione e sensibilizzazione nel nostro Paese”. Stefani ha rimarcato “l’importanza delle parole” (l’eco del mitico film di Nanni Moretti è giunta netta), perché “la disabilità non deve coincidere con la persona, non è la sostanza dell’individuo. Anzi, la disabilità – come ci dice la Convenzione Onu – è una definizione che si misura sul contesto che limita le possibilità e i diritti della persona con disabilità”. La Ministro ha ricordato come il tema della disabilità sia “sempre più trasversale, abbraccia lo sport, il turismo e tanti altri settori, ognuno di questi impatta sulla qualità della vita delle persone con disabilità e i cambiamenti su questi settori danno modo di garantire sempre più diritti a tutti”.

Il Presidente della Fish: “Vincenzo Falabella è anzitutto un uomo, deve arrivare prima lui che la sua carrozzina… i disabili sono cittadini, non malati”

Vincenzo Falabella, Presidente della Fish – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – ha sostenuto che “la disabilità non è una malattia” ed ha ricordato come, pur lentamente, il nostro Paese registri una evoluzione dell’approccio rispetto a questa condizione che riguarda almeno 4 milioni di cittadini italiani. “Se penso che nel 1992 è stata promulgata una norma, la 104, che rappresentava una grande trasformazione sul tema della disabilità. Non è vero che questo Paese non fa nulla, ma è anche vero che tutti gli interventi fatti nel passato, nei confronti delle persone con disabilità, erano risarcitori, rappresentavano quindi la concezione della malattia”. Si deve quindi passare da una dinamica di risarcimento ad una dinamica di esercizio pieno dei diritti. Facendo riferimento anche alla propria condizioni personale, ha detto: “Vincenzo Falabella è anzitutto un uomo, deve arrivare prima lui che la sua carrozzina. Il cambiamento culturale è però in atto, e lo era già nel 1992, ricordiamo che il nostro Paese è stato il primo ad abolire le scuole speciali. Integrare significa includere, creare consapevolezza, dare attenzione al linguaggio”. Ricordando la querelle semantica ed al contempo ideologica tra chi sostiene che sia più corretto (“politically correct”, per così dire) usare il termine di “diversamente abile” invece di “disabile” (o viceversa), il Presidente della Fish ha sostenuto: “quando ho letto il titolo del libro di Binetti, ‘Abili, disabili ma tutti diversamente abili’, mi sono chiesto perché parlare di diversamente abili quando la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità parla chiaramente di disabilità. Ma poi ho capito, perché la ricostruzione anche normativa fatta dalla Senatrice racconta esattamente la trasformazione all’interno della nostra carta costituzionale e di tutti gli interventi normativi mirati”.

Falabella ha insistito su un concetto chiaro: i disabili vanno considerati “cittadini” e “non malati”. Purtroppo, nell’immaginario collettivo, si oscilla tra l’immagine del “disabile eroe” (il campione sportivo, per esempio) ed “il povero sfigato che vive al 5° piano senza ascensore”. Questi stereotipi vanno superati.

Il Presidente della Fish ha ricordato che l’Italia può vantarsi di essere stato “il primo Paese ad abolire le scuole speciali”, ed ha ricordato come il tema abbia provocato nei giorni scorsi dibattiti polemici e divisivi in Francia, allorquando, in comizio politico, il giornalista Eric Zemmour, candidato del neonato destrorso partito Reconquête per l’Eliseo ha dichiarato: “l’ossessione dell’inclusione è un cattivo servizio reso agli altri scolari e anche a loro, i poveri disabili, che sono completamente sopraffatti dagli altri (…) servono istituti specializzati, escludendo ovviamente i disabili lievi”.

Sono intervenuti nel dibattito intorno alla presentazione del libro di Binetti anche – tra gli altri – Annalisa Scopinaro, Presidente dell’Uniamo (Federazione Italiana Malattie Rare), che ha sostenuto che la disabilità va intesa come “specchio dei limiti di ognuno di noi” (limiti più o meno grandi, ma che caratterizzano gli umani tutti), e Giuseppe Trieste, Presidente di Fiaba onlus (associazione nata venti anni fa per sensibilizzare sull’importanza di abbattere le barriere architettoniche e culturali), che ha denunciato come l’esistenza di scuolabus separati per i disabili sia un grave errore a livello anche di “immagine” del disabile nella costruzione dell’immaginario degli studenti…

Annunciati ma assenti – ingiustificati – sia Luca Pancalli (Presidente del Comitato Italiano Paralimpico – Cip) sia Giusi Versace, parlamentare atleta paralimpica (Forza Italia), sia Andrea Vianello, Direttore di Radio1 Rai.

L’incontro, tenutosi presso la Biblioteca del Senato a Piazza della Minerva intitolata a Giovanni Spadolini, è stato moderato con vivacità dal giornalista radiofonico Rai Daniel Della Seta, noto per la sua particolare sensibilità alle tematiche del sociale.

Clicca qui, per la videoregistrazione, su RadioRadicale, della presentazione del libro di Paola Binetti “Abili, disabili, ma tutti diversamente abili”, Senato della Repubblica, 17 gennaio 2022