Gerusalemme, city diplomacy per una smart city: dal conflitto urbano alla condivisione di cittadinanza e di risorse

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Cittalia e Ifel presentano a Roma, il 27 settembre, il volume ‘Su Gerusalemme, strategie per il controllo dello spazio urbano’, per una città aperta, accessibile, inclusiva e condivisa tra arabi ed ebrei, come una smart city.

Italia


Gerusalemme Smart City

La città santa di Gerusalemme è stata sempre contesa da etnie e culture diverse, in primo luogo da ebrei, arabi e cristiani. In epoca moderna, subito dopo la Seconda guerra mondiale, il Governo di Israele ha sviluppato diversi piani per il controllo dello spazio urbano, che ovviamente hanno avuto e avranno in futuro ripercussioni pesanti sulla difficile convivenza tra israeliani e palestinesi.

 

Come si legge nel libro “Su Gerusalemme, strategie per il controllo dello spazio urbano“, che sarà presentato da Cittalia e Ifel a Roma, il 27 settembre prossimo (qui il programma), entro il 2020 il rapporto in termini percentuali tra le due popolazioni sarà rispettivamente di 61,2% di ebrei contro il 38,8% di arabi. Le politiche di pianificazione urbana sembrano pertanto rispecchiare il disegno del governo israeliano di preservare una “solida maggioranza ebraica”. Non a caso, a partire dall’occupazione del 1967, è stato espropriato il 35 per cento della superficie di Gerusalemme Est.

 

Gli israeliani hanno giustificato l’espropriazione per ragioni di “pubblica necessità” al fine di permettere la costruzione di edilizia pubblica o convenzionata, destinata, perlopiù, alla popolazione ebraica. Nel volume curato da Claudia De Martino (Castelvecchi editore), si offre un excursus storico della città e delle attuali politiche urbane, delineando quella che sarà la sfida futura per Gerusalemme city diplomacy.

 

Le politiche che riguardano la città ed ogni suo aspetto, come l’erogazione di beni e servizi e la gestione degli spazi urbani, rispondono al momento alla sola logica dello scontro. “E’ una guerra che si combatte per ogni palmo di terra, per ogni feddan e per ogni casa, per ogni scuola e quartiere, per ogni infrastruttura e tratto di Muro che preclude la vista di ciò che c’è oltre“. Gerusalemme rappresenta l’identità e nessuno dei due popoli intende rinunciare alla propria storia.

 

Il piano urbanistico della città (Jerusalem Masterplan) sembra confermare questa tendenza, anche per il decennio futuro. Sono 37 mila le nuove unità residenziali per ebrei previste nel piano, mentre sono in programma, per l’espansione residenziale palestinese, solo l’ampliamento di quartieri arabi già esistenti come Beit Hanina e Jebel Mukhabar. La conformazione urbana della città, inoltre, è stata stravolta anche in seguito alla costruzione del muro nel 2002. La barriera si spinge oltre i confini municipali fin nelle aree cisgiordane con due conseguenze: da un lato vi è la rottura del legame tra suburbi palestinesi e città e dall’altro l’annessione a Gerusalemme della maggior parte delle colonie attorno alla città (pur restando autorità municipali autonome de jure).

 

Provvedimenti urbanistici che non includono, che producono disoccupazione, disagio, povertà, diseguaglianze economiche e sociali. Gerusalemme è in questo momento una città non accessibile e per questo è qui che si gioca la sfida alla city diplomacy, che poi è un aspetto neanche tanto trascurabile di una futura Gerusalemme Smart City.

 

Diventa allora fondamentale riconoscere il ruolo degli enti locali nel processo di prevenzione e risoluzione dei conflitti, proprio per la loro naturale vicinanza al cittadino. “Gerusalemme – si legge nel volume – ha necessità di ambire ad essere una città in grado di trasformare il suo ruolo di agente del conflitto interno (…) in attore proteso alla risoluzione di una delle più annose controversie internazionali attraverso la risoluzione dei problemi che affliggono i propri abitanti“. Una necessità che può essere soddisfatta solo tramite il lancio di politiche urbane inclusive che puntino a migliorare la vivibilità della città combattendo la povertà, che colpisce soprattutto la popolazione araba, e riconoscendo i diritti di cittadinanza potrebbero rappresentare la direzione verso la risoluzione del conflitto. Da città della divisione Gerusalemme deve diventare città della condivisione.

 

(F.F.)