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L’austerity minaccia lo sviluppo urbano del Regno Unito: senza innovazione a rischio ripresa economica e posti di lavoro

Gran Bretagna


Il Regno Unito potrebbe perdere un’occasione importante, da un punto di vista storico, sociale ed economico. Lo sviluppo urbano, determinato dall’innovazione tecnologica e dai nuovi piani relativi alle Smart city, è una leva concreta per tornare a crescere e garantire occupazione, due criticità che vanno affrontate con idee fresche e una visione d’insieme meno rigida.

 

È attraverso una nuova idea di crescita urbana che l’economia può tornare a muoversi, non certo con i piani di austerità dei Governi. “E’ solo grazie all’innovazione e al progresso delle tecnologie che oggi possiamo immaginare le nostre città in maniera diversa, più efficienti, pulite, vivibili, a misura d’uomo e con un’amministrazione pubblica che davvero risponde alle nostre esigenze di cittadini“, ha spiegato Sean O’Brien, global vice president area Urban Matters di SAP, in una recente conferenza a Londra. In questa occasione, infatti, ha tuonato contro il Governo britannico reo, a suo avviso, di non riconoscere che la maggior parte della crescita nazionale è dovuta all’economia delle città, “per questo servono più risorse finanziarie e nuovi piani di sviluppo per rendere questi centri urbani ancora più efficienti, sostenibili e estremamente vivibili“.

 

Il Regno Unito, tramite il suo Technology Strategy Board (TSB), ha di recente selezionato diversi progetti di Smart city e Smart community per 30 città, tra cui 4 grandi centri che hanno raccolto grandi quote di finanziamenti, come Glasgow, a cui sono andate 25 milioni di sterline. Il problema, però, sempre secondo O’Brien, è che nessuno in Gran Bretagna, né il Governo, né gli stessi cittadini, crede che l’ICT, il cloud e le cleantechnology possano davvero dare impulso alle economie locali, quindi creare migliaia di nuovi posti di lavoro, in un arco di tempo relativamente breve. Un dato che emerge confrontando le ricerche e le indagini SAP condotte negli Stati Uniti, in Cina, in India e in Australia: “le città globali di tutto il mondo stanno cambiando pelle grazie alla tecnologia, con l’obiettivo di affrontare le sfide dei mercati internazionali, dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici e dei possibili mutamenti demografici“. Lo stanno facendo innovando, “l’ICT è driver di grandi cambiamenti in città come Boston, New York, San Francisco, non mi pare che Londa e altri grandi centri del Regno Unito pongano la stessa attenzione al tema“.

 

Un giudizio molto pesante sull’Isola, che viene poi esteso a tutta l’Europa: “La crisi economica e finanziaria che sta colpendo diversi Paesi dell’Unione, unitamente ad una crisi politica e sociale inasprita dai piani di austerità decisi da quasi tutti i Governi, sta minacciando seriamente gli investimenti in innovazione nel continente e questo avrà ricadute serie sulla crescita economica e sull’occupazione, determinando un rallentamento del PIL e una minore competitività delle aziende europee su scala globale“.

 

In qualche modo il panorama disegnato dal dirigente SAP è condiviso anche da altri esperti e questo rende ancora più preoccupante il quadro generale. Joe Dignan, chief public sector analyst di Ovum, vede il Governo di Londra troppo esitante nei confronti dell’innovazione tecnologica, dell’egovernment, dell’ebusiness, delle piattaforme cloud, dell’internet of things e delle nuove infrastrutture di rete mobile 4G: “cinque punti che dovrebbero essere centrali nell’Agenda di Governo, da cui partire per guardare al futuro con maggiore ottimismo e invece non è così“.

 

Le città sono state il motore della crescita degli ultimi due secoli e lo saranno anche in questo appena iniziato, ma solo se si darà spazio alle tecnologie ed i servizi sopra menzionati. Secondo Ovum, il mercato per tali soluzioni è già oggi valutato attorno ai 60 miliardi di sterline. Il Governo dovrebbe alimentare la domanda di tecnologie e servizi per stimolare il mercato e gli investimenti, ma al momento nessuno sta facendo qualcosa di concreto, stando alle dichiarazioni di Dignan, “con un ministro per lo sviluppo urbano come Greg Clark, politicamente debole e anonimo, senza iniziativa“.

 

Un nuovo Rapporto di Arup appena pubblicato cerca di smorzare i toni e illustra invece diversi progetti di ricerca in corso nel Regno Unito e dedicati proprio alle Smart city. Entro il 2015, si legge nella presentazione del documento, saranno i singoli edifici a produrre energia da fonti rinnovabili, a contenere gli sprechi, a gestire in maniera oculata le risorse idriche, ad autorigenerarsi grazie a dei nuovi batteri presenti nel cemento utilizzato per la loro realizzazione. Un punto di vista diverso, rispetto a SAP e OVUM, perché focalizzato sull’efficienza energetica più che sulle tecnologie digitali, ma che va certamente contestualizzato in un panorama più ampio di consistenti investimenti in ricerca e sviluppo. Se poi si leggono le conclusioni del Rapporto, però, ecco che le posizioni sopra riportate vengono di nuovo avvalorate: “Probabilmente la vera innovazione di cui sono portatrici le Smart city non si affaccerà negli Stati Uniti, in Europa o in Giappone, ma nei Paesi emergenti, perché sono sicuramente quelli che mostrano una maggiore volontà di cambiamento“.

(f.f.)

 

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