Sostenibilità: Smart community e infrastrutture verdi negli USA, progetti per 100 miliardi in 20 anni

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Le Green Infrastructure alla conquista di Stati Uniti ed Europa: è l’oro blu la risorsa da tutelare. Riuscirà l’innovazione tecnologica a garantire tutela dell’ambiente e sviluppo economico?

Stati Uniti


Green ICT

La natura è una risorsa o un impedimento per lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla crescita dei centri urbani? È una domanda a cui sembra facile rispondere, visti i buoni propositi in termini di ambiente e sostenibilità di cui si riempiono Rapporti e studi dedicati alle città del futuro. Eppure, fino ad ora si è proceduto al sistematico maltrattamento dell’ambiente, in barba ad ogni concetto di sostenibilità, tanto che ora si deve fare i conti con un panorama devastato e su cui comunque bisogna intervenire urgentemente.

 

Nessuno si può tirare indietro, tra decisori politici, policy makers, mondo delle aziende e cittadini, e nuovi progetti si fanno strada nella selva delle iniziative in cerca di finanziamenti. Il percorso che le amministrazioni pubbliche hanno davanti è tutto in salita, ma è ricco di opportunità di crescita e di rinnovamento, grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e la comunicazione, le piattaforme cloud e i Big Data, che consentono di abbattere costi, ridurre consumi, creare sinergie virtuose e soprattutto posti di lavoro.

Secondo la U.S. Environmental Protection Agency (EPA), nei prossimi 20 anni si dovranno effettuare negli Stati Uniti interventi per almeno 100 miliardi di dollari. Le Green Infrastructure (GI) richiedono grosse somme di denaro, per la progettazione e la costruzione, ma ormai è impossibile pensare alle Smart city senza un piano di investimenti in reti per il trattamento delle acque (a seconda degli usi), per la realizzazione di griglie intelligenti destinate alla gestione delle risorse energetiche (luce, gas), di infrastrutture per le telecomunicazioni e le comunicazioni elettroniche a basso impatto e per il trattamento dei rifiuti urbani.

 

Negli Stati Uniti ci sono già diversi esempi di partnership pubblico/privato attive in tal senso, come ad esempio quello relativo alle Sustainable Communities, co-promosso da Department of Housing and Urban Development (HUD), Department of Transportation (DOT) e Environmental Protection Agency (EPA). Ad oggi, tale progetto ha investito oltre 4 miliardi di dollari in più di 700 comunità urbane e rurali per sviluppare sistemi di trasporto alternativi, realizzare case basate su criteri di efficienza energetica, migliorare la tutela dell’ambiente e nell’ammodernamento della rete idrica.

 

In altre città americane è l’acqua la risorsa su cui più si sono impegnati comitati cittadini, innovatori sociali, istituzioni e movimenti nati sul territorio, come nel caso di Philadelphia, con un fondo di 2,5 miliardi di dollari per un piano di interventi lungo 25 anni: “Green City, Clean Waters“. Negli USA oltre il 25% dell’acqua va disperso per falle della rete idrica. La scorsa settimana, la Fondazione Rockfeller ha annunciato una raccolta di fondi a favore dell’iniziativa RE.invest, che dovrà finanziare interventi in otto città americane, a cui si aggiungono i progetti Nat.Lab, in collaborazione con il National Resources Defense Council, The Nature Conservancy e Eko Asset Management Partners, con l’obiettivo di stimolare lo sviluppo di partnership pubblico/privato per la costruzione di nuove GI. Sullo steso obiettivo lavora anche il network Living Cities, che collabora attivamente con altre 22 fondazioni a livello internazionale per la promozione di iniziative a favore della sostenibilità ambientale.

 

Anche in Italia si fa sempre più attenzione al problema delle reti idriche e al trattamento delle acque. Le città crescono di dimensioni e il consumo delle risorse aumenta a dismisura. A Miano, ad esempio, Siemens si è aggiudicata la fornitura di un sistema di ultrafiltrazione a membrane con tecnologia Mbr per il potenziamento dell’impianto di depurazione di Assago, che diventerà così il più grande d’Europa.

 

La stessa Unione europea ha deciso di pubblicare un bando da 40 milioni di euro, che fa parte del settimo programma quadro per la ricerca, per rispondere alle sfide del settore entro il 2020. Cinque le aree prioritarie già identificate: riuso e riciclo dell’acqua; trattamento di acqua e reflui; acqua ed energia; gestione dei rischi connessi ad eventi eccezionali legati all’acqua; servizi degli ecosistemi. Secondo la Direzione generale della Commissione europea, liberando il potenziale di innovazione nel settore della gestione dell’acqua si potrebbe contribuire in modo significativo all’occupazione e alla competitività dell’Unione: un incremento dell’1% del tasso di crescita dell’industria idrica potrebbe creare fino a 20.000 nuovi posti di lavoro.

(f.f.)