Smart City: una sfida in un Paese che non cresce. Giornata di studi di Glocus

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Presenti amministratori, imprese e addetti ai lavori per fare il punto sui vantaggi dell’essere ‘smart’.

Italia


Linda Lanzillotta

Il tema delle smart city potrebbe essere un tema fondamentale in Italia in questo momento, in un momento di ristrutturazione della spesa pubblica, in una fase in cui la tecnologia potrebbe essere la chiave di costruzione di un Paese nuovo. E invece, secondo l’onorevole Linda Lanzillotta, presidente del think tank Glocus, questo tema è completamente assente al tavolo della discussione politica nazionale.

Anche per sopperire a questo vuoto di conoscenza sull’argomento, Glocus ha organizzato un convegno ben strutturato questa mattina a Roma, nel corso del quale sono emerse prospettive diversificate e tutte cariche di punti di vista stimolanti. L’approccio che è stato scelto dal think tank è andato nella direzione di un’analisi a 360°, su tre piani interconnessi: economico, tecnologico e sociale.

Al Governo non c’è un punto di confronto sulle città intelligenti – ha dichiarato Lanzillotta -. La mia preoccupazione è che in questa visione di corto termine, non ci siano più questi luoghi di confronto e di elaborazione strategica, sia nelle istituzioni che nei partiti. Il nostro paese si sta impoverendo di capacità di visione. Una realtà come Glocus cerca di dare proprio questo contributo.” Siamo in una fase di crisi in cui è matura la consapevolezza che dobbiamo pensare al futuro con un approccio strategico. La politica, secondo l’onorevole dell’API, si deve rigenerare, ritrovando la capacità di pensare strategicamente al futuro. Gli altri Paesi ci stanno pensando. Se non lo facciamo, ha aggiunto, “perderemo non solo in qualità della vita per i residenti delle nostre città, ma anche nella capacità di attrazione per le menti più creative, che andranno altrove“.

 

Carlo Maria Medaglia, responsabile area Innovazione di Glocus, ha introdotto i lavori della mattinata di studi, cercando di delinearne i punti chiave: Quali vantaggi possono portare le città intelligenti? Come realizzarle? Quali i successi in giro per il mondo? Quale governance possiamo adottare in vista dell’Agenda 2020? Glocus ha dato un taglio nuovo al tema delle smart city, individuandone una dimensione sociale, economica e tecnologica.

 

Del primo aspetto si è occupato Alfonso Fuggetta, Amministratore delegato di Cefriel, che ha esordito: “Non si tratta di analizzare solo l’aspetto tecnologico del problema. È anche un problema di vision. Bisogna avere prima di tutto una visione approfondita sui fini e sui mezzi“. L’architettura e le scelte tecnologiche, ovvero i mezzi, definiscono  la piattaforma abilitante, l’integrazione e l’innovazione del sistema. Se manca questa vision, quindi, succede che si verificano sul territorio tante iniziative singole, individuali, che non permettono di fare quel salto di qualità che consente a una città di diventare “smart”. “Non è la singola infrastruttura o la singola applicazione che ci aiuta, ma l’ecosistema complessivo. La smart city cos’è? È un luogo dove si può creare, condividere ed elaborare delle informazioni che rendono migliore la vita dei cittadini e delle imprese“. Secondo Fuggetta “occorre conoscere e riconoscere le tante fonti che già abbiamo. Poi dobbiamo “instrumentare” il territorio. Il vero problema è che abbiamo informazioni in silos separati: il valore nasce dall’integrazione delle informazioni”. Certamente, poi, servono le reti, sia in wireless che in wireline. Se non ci sono smart city ciò non è dovuto ad una carenza delle infrastrutture di rete; per Fuggetta, infatti, mancano i meccanismi, le architetture, le tecnologie e i linguaggi per la condivisione delle informazioni. “Si tratta di scegliere un ecosistema che abiliti lo scambio delle informazioni. Se non facciamo questo, avremo tante “biciclette intelligenti” che però vanno per fatti loro”.

 

Di innovazione come chiave dell’inclusione sociale si è occupato Andrea Granelli, Amministratore delegato di Kanso. “C’è uno studio secondo il quale nel 2028 il 90% della povertà mondiale si concentrerà nelle città e che il 50% dell’umanità vivrà sotto la soglia di povertà. E la povertà urbana è drammatica. Quello dell’economia sociale è un tema di cui la tecnologia si deve occupare. O ricomponiamo la frattura tra economia e società o salta tutto”. Granelli ha offerto diversi esempi, dalla contraddizione di alcune grandi multinazionali che diventano monopoliste (ma poi si occupano di progetti di CSR in Africa), al valore sociale di un lavoro per ogni individuo che è diverso dalla semplice remunerazione. Per tante ragioni simili, ha quindi concluso: “Il tema delle smart city va analizzato. Dovremmo trasformare le nostre città in cantieri. Potrebbe essere un grandissimo laboratorio per capire il problemi veri delle città e capire se le tecnologie possono risolverli. E poi per provare a vedere se riusciamo ad avvicinare la dimensione culturale e sociale alle città”.

 

Della dimensione economica delle smart city si è occupato Francois De Brabant, Amministratore delegato di Between, che nel suo intervento ha approfondito specificatamente il progetto “City+” per la città di Milano. “Non è facile – ha esordito De Brabant – parlare di smart city, perché ci sono tanti decisori, tante diversità tra le città, e le risorse dell’ICT italiano sono scarse“. Come fare, dunque? Solo con un rapporto nuovo e diverso tra Information Technology e città si possono cambiare le cose. Le città sono interessantissime agi occhi dell’IT, perché le città devono deliberare, nonché fare del marketing territoriale; inoltre per le amministrazioni locali l’innovazione molto  importante. Su questo contesto si inserisce il progetto Milano “City+” con 20 grandi aziende. Il punto di partenza è che la vision deve essere condivisa, anche con i cittadini. Però, ha chiarito De Brabant, “non abbiamo cantieri, non abbiamo progetti. Ci aspettiamo che la città sia più intelligente, più fluida, più semplice. Quindi abbiamo scelto di valorizzare un brand, un “più”, che sia un motivatore, un motto, non solo logo ma un sistema. Che supporti due grandi momenti nel calendario milanese e internazionale, e che guardi prima e dopo questi eventi, ovvero l’Expo 2015 e l’Agenda 2020″.

 

La giornata di studio è proseguita con il panel “Le sfide tecnologiche”. Michele Vianello, direttore Vega Park, ha dichiarato: “Ho l’impressione che si stiano vendendo città virtuose e non città intelligenti. Non dobbiamo fare la somma di tanti atteggiamenti virtuosi, ma impostare un approccio olistico. E in tanti interventi nelle città italiane mancano le persone, dove stanno le persone? Internet delle cose e Internet delle persone devono dialogare. Limitare le smart city solo all’internet delle cose non può bastare“.

Una nota polemica, poi, Vianello l’ha dedicata al controverso tema della privacy: “Io non ritengo che la privacy sia più un valore, ma che sia un ostacolo alle città intelligenti. La ricchezza delle informazioni che vedo su Facebook, delle petizioni online, delle persone che parlano delle loro città, non arriva poi all’amministrazione che dovrebbe utilizzarla questa ricchezza informativa. Ma purtroppo, nel nostro Paese, in questo momento prevalgono le ragioni del Garante della privacy“.

 

Anna Brogi, responsabile Qualità, Sicurezza e Ambiente di Enel distribuzione, ha portato alla discussione un caso molto interessante di “smart grid“, che non è altro che una rete cosiddetta “intelligente” per la distribuzione di energia elettrica, un sistema fortemente ottimizzato per il trasporto e diffusione dell’energia evitando sprechi. Gli eventuali surplus di energia di alcune zone, infatti, vengono redistribuiti, in modo dinamico ed in tempo reale, in altre aree. Queste reti sono regolate da opportuni software di gestione. Secondo Brogi, “quella di Enel è una rete che tutta l’Europa ci invidia. Abbiamo già una rete intelligente, infatti, e al momento stiamo lavorando a una rete avanzata“. Anzi, di più: “L’Italia gestisce l’unica vera Smart Grig nel mondo, con 32milioni di contatori“. Su questa piattaforma di Enel, inoltre, ha spiegato Brogi, si possono mettere tantissimi altri servizi.  

 

All’incontro è intervenuto anche Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, che ha portato l’esperienza della sua amministrazione. Non solo si è soffermato sul parco elettrico della città emiliana, il più grande d’Europa, che consente ai furgoncini comunali di ricaricarsi e trasportare materiali nel centro storico viaggiando elettricamente, ma ha approfondito anche diversi risvolti concreti sulla qualità della vita delle persone che possono scaturire da soluzioni “intelligenti”, nel momento in cui si progettano smart city, soprattutto in tema di malattia e di progressivo invecchiamento della popolazione.

 

Secondo Massimo Marciani, Presidente FIT Consulting, esperto di trasporti, la mobilità e l’accessibilità sono strumenti che possono giocare un ruolo fondamentale l’esclusione sociale. “negli anni ho visto che le amministrazioni locali hanno realizzato tanti piani della logistica, tanti piani dei trasporti. Ma sono piani inutili se prima non si definisce un sistema di governance che sia chiaro, con degli obiettivi che siano definiti“. Per esempio partire dall’obiettivo di avere solo auto pulite, piuttosto che quello di eliminare la congestione. “I politici devono fare una scala di priorità, nei piani di mobilità e nelle infrastrutture. Il secondo aspetto che è fondamentale nella governance è lavorare sui tempi di percorrenza“.

 

Quanto siamo smart? Esperienze italiane ed esperienze internazionali a confronto. È questo il tema di un altro panel della giornata di studi di Glocus.

Cristina Farioli, Director of Innovation and Development di IBM, ha raccontato l’esperienza lunga della sua azienda su questi temi. “Siamo partiti dalla città, ascoltando i suoi problemi, e analizzando quello che già c’era. Ho conosciuto tanti sindaci giovani, che hanno voglia di fare, e non è vero che non ci sono già soluzioni e intelligenze. Abbiamo mobilitato in tutto 60 città. Insomma abbiamo, di fatto, messo in piedi luoghi di confronto“. Dopo tre anni di percorso, oggi Farioli ha potuto trarre una sorta di bilancio dell’esperienza IMB sulle smart city: “Sono convinta che le città non possano trasformarsi e cambiare da sole, hanno bisogno di forti raggruppamenti, tra pubblico e privato, una sorta di gruppo di forza in modo tale che ci sia prima di tutto condivisione. Le nostre città non sono abituate a condividere, alcune città hanno fatto buone sperimentazioni e sono abituate alle buone pratiche. Ma oggi più che mai questo movimento di trasformazione non riguarda una singola città, deve raggruppare più realtà. Bisogna mettersi insieme. I patti di stabilità bloccano la possibilità di investimenti. Bisogna fare forza, mettersi insieme per chiedere più investimenti. La tecnologia c’è, la visione pure, ma non stiamo andando avanti. C’è una città che oggi a 360° può considerarsi smart? Non credo. Dobbiamo tenere presente che il tema della città intelligente riguarda la crescita e la competitività di un paese. I giovani – ha concluso Farioli – tenderanno ad andare a Barcellona piuttosto che a Berlino se in Italia non ci muoviamo“.

 

Altra esperienza significativa è stata quella portata da Fabio Florio, Smart+Connected Communities BDM for Italy, di Cisco. Smart più connected, ha spiegato, perché le città non devono essere solo “smart”, ma debbono scambiare le informazioni, essere connesse. La visione Cisco per le Smart+Connected Communities ha l’obiettivo di rispondere all’esigenza di creare nuove modalità più sostenibili per soddisfare la crescente domanda energetica, stimolata dall’intensificarsi dell’urbanizzazione di fasce sempre più ampie di popolazione; l’azienda intende creare un modello che, sfruttando le potenzialità della rete, permetta di creare “città intelligenti” in cui la circolazione in rete delle informazioni gioca un ruolo fondamentale.

 

Al panel ha contribuito anche Carlo Iantorno, National Technology Officer and CSR Director di Microsoft. “Stiamo facendo esperienze molto belle e forti in Italia, tra queste cito il lavoro con 6000 persone per un progetto di alfabetizzazione informatica”. Smart city, dunque, è anche “e-inclusion”. Le istituzioni locali, ha aggiunto Iantorno, “purtroppo non ci stanno seguendo più di tanto, ovviamente lamentano una mancanza di fondi. Ma i fondi possono essere investiti in modo più intelligente, diverso, abbassando i costi, molte volte gli investimenti della PA mancano di economie di scala“. Incalzato dal moderatore Raffaele Barberio, Direttore di Key4biz, Iantorno ha aggiunto: “occorre facilitare la vita ai piccoli, puntare sulla creatività al mercato, realizzare software di astrazione che consentono la velocità, e così potremmo essere competitivi a livello europeo con la forza delle piccole aziende“. Il cloud computing, sul quale Microsoft sta investendo tanto, “consente di liberare risorse e supportare le piccole organizzazioni nell’abbattere le barriere di ingresso al mercato“.

 

Nel corso dell’ultima sessione di lavoro, “Uno sguardo al futuro: politica e governance delle città intelligenti”, è intervenuto Mario Calderini, dell’Agenzia Nazionale dell’Innovazione, secondo il quale “le aziende vanno nei Comuni cercando di vendere soluzioni verticali e chiuse. Se lasciamo l’interazione tra impresa e funzionario pubblico, credo che ci infiliamo in un tunnel. Occorre avere regole di ingaggio più coraggiose tra pubblico e privato. La politica nazionale deve avere più voce in capitolo. I bandi, non solo quelli europei ma anche quelli nazionali, sono evidentemente una grande occasione e un grande rischio. Se tutto collassa in grandi cordate per ottenere i fondi europei, allora le smart city saranno un gran fallimento“.

 

In conclusione è intervenuto Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, che si è soffermato sullo sviluppo delle metropolitane per rafforzare in Italia un nuovo modello di crescita. “L’Italia non cresce più, ma è anche un bene che quel modello di sviluppo non funzioni più, perché era fondato su un consumo del territorio che non è più sostenibile”. In Italia, ha detto ancora Zingaretti, malgrado occorrerebbe investire prioritariamente in 8-10 aree, non abbiamo strumenti reali di governance dei territori, strumenti adeguati per  ascoltare, per mettere in rete chi può dare i contributi e poi per poter mettere l’amministrazione nel potere di decidere, che è il compito di ogni amministrazione, quello del ‘fare’, è la caratteristica della funzione pubblica. Ma fare significa prima ascoltare e fare rete“. Zingaretti ha poi parlato del progetto “Capitale metropolitana”, per poter “concepire l’area metropolitana di Roma tra più soggetti, per programmare e pianificare  e anche gestire insieme, tra più di 10 soggetti. Questa non è un’area destinata al declino nel mondo globalizzato, perché qui abbiamo un valore aggiunto che non si trova altrove“. Ancora ha parlato della provincia, che secondo Zingaretti dovrebbe avere più competenze sulle politiche di rete, mentre bisognerebbe spazzare via tutti quegli organismi nominati che si frappongono agli organismi eletti.

Infine Zingaretti ha fatto un piccolo bilancio del progetto Rete Provincia Wi-Fi che oggi ha realizzato più di 700 spot (“che presto diventeranno mille“) e proprio ieri ha festeggiato i 100mila iscritti. È stata creata una federazione tra le reti di altre città italiane e questo consente di navigare in tutte le città federate con la stessa password.