DIGITAL SOCIETY: nel Mezzogiorno italiano la maggior parte dei ‘disconnessi culturali’

di |

VINTI

I bambini sono il futuro di una nazione, ma che accade se le generazioni precedenti li hanno privati di tale prospettiva? Il nuovo “Atlante dell’Infanzia (a rischio)” di Save the Children (qui il pdf download) conferma quanto si ipotizzava negli anni passati ed evidenzia un peggioramento delle condizioni di vita dei più giovani, esposti a sfide sempre più complesse e ad una povertà ormai crescente.

 

Sempre più ragazzi non vanno a scuola, non lavorano e vivono in ambienti inquinati e degradati: “Possiamo leggere la stragrande maggioranza di questi dati con il sottotitolo ‘indice del consumo di futuro dei bambini e dei giovani italiani’“, ha commentato Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia, durante la presentazione della terza edizione dell’Atlante.

 

Per quanto riguarda l’abbandono scolastico, 18 su 100 sono i dispersi, con punte di 25 su 100, soprattutto in Sicilia e Sardegna (+15% rispetto all’obiettivo all’europeo), senza competenze e stimoli culturali oltre 314.000, soprattutto al Sud. In territori avvelenati dalle mafie e da industrie inquinanti ci vivono almeno 700.000 minori e 15 ogni 100, invece, sono circondati dalla cementificazione che procede con il ritmo serrato di 10 metri quadrati al secondo. Aumentano anche i giovani senza lavoro: 1 giovane su 3 è disoccupato (+21% la disoccupazione fra i laureati) e “scoraggiato” risulta il 34% (oltre 4 volte la media Ue del 7,8%) .

 

Un indice quello ipotizzato da Neri che corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani.

 

Consumando l’idea di futuro dei bambini e dei giovani, le loro aspettative, i loro desideri e i loro sogni, stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.” Inizia prestissimo l’erosione dell'”indice di futuro”: insieme alla loro cameretta i 560.000 neo-nati quest’anno si ritrovano in eredità un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa (il più alto d’Europa). A cui si somma la povertà che cresce anziché arretrare fra la popolazione under 18: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720.000, vivono in povertà assoluta, cioè privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile.  Oltre 417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75.000 piccoli grandi poveri, l’equivalente dell’intera popolazione infantile di Taranto e Messina.

 

Un cocktail davvero preoccupante di sfiducia nello studio e totale immobilismo è quello rappresentato dai NEET (Not in Employement, Education or Training). Sono oltre 1 milione 620 mila soltanto al Sud e nelle isole coloro che non lavorano e studiano. Hanno tra 18 e 24 anni, non sono iscritti a scuola, né all’università, né lavorano, né sono in formazione. I tassi di NEET nel Mezzogiorno sono inferiori soltanto a quelli rilevati in alcune regioni remote dell’Anatolia.

 

E nel Mezzogiorno si concentra la gran parte dei 314.000 “disconnessi culturali“, bambini e adolescenti da 6 a 17 anni che negli ultimi 12 mesi non sono mai andati a cinema, non hanno aperto un libro, né un Pc né internet, né fatto uno sport. Ma le minacce al presente e al futuro dell’infanzia sono ancora altre. Le mafie per esempio: circa 700 mila i minori che vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi 20 anni. Comuni (e minori) dislocati nella stragrande maggioranza in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, con alcune propaggini nel Lazio e in alcune regioni del Nord (Liguria e Piemonte).