LIBIA: Governo oscura Internet, staccati smartphone e telefoni di casa. Anche la Cina ha paura e blocca i motori di ricerca

di Flavio Fabbri |

VINTI

Dilaga la protesta e la rivolta di massa in tutto il Nord Africa. Da sabato la Libia è in stato di assedio, con edifici in fiamme, scontri violenti e morti per le strade. Staccata Internet e bloccate le telecomunicazioni di rete fissa e mobile. Stamane le principali agenzie di informazione occidentali e locali parlano di edifici pubblici date alle fiamme, caserme dalla Polizia assaltate e fiamme anche nella sede della televisione pubblica.

Voci non verificate parlano di fuga di Muammar Gheddafi, mentre suo figlio Saif Al Islam nega e chiede ai manifestanti un momento di tregua per evitare “una guerra civile sanguinosa” e dai risvolti drammatici, con la promessa di “riforme vere, una nuova costituzione e dialogo aperto con le opposizioni“.

Secondo Human Rights Watch, organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani, sono 223 i morti negli ultimi cinque giorni di proteste, soprattutto nella città di Bengasi. Il distacco della spina per Internet e il black out delle telecomunicazioni di rete fissa e mobile non fanno che aggravare la situazione in Libia. Da venerdì notte, infatti, il provider del Paese nordafricano, General Post and Telecommunications Company, (GPTC) su ordine del Governo ha reso impossibile comunicare all’interno e all’esterno della nazione.

Le prime notizie di una rete Internet ‘difficile’ erano arrivate nella tarda serata di venerdì 18 febbraio 2011 dai giornalisti dell’agenzia France Press e successivamente riprese da numerosi interventi su Twitter e sul blog TechCrunch. Una situazione già vista in molte altre occasioni simili, come ad esempio in Egitto. Solo che la Libia è molto più piccola e meno sviluppata in termini di infrastrutture e di provider di servizi attivi, quindi il controllo sulla rete di comunicazione elettronica nazionale è molto più semplice per le autorità di Tripoli.

Una situazione esplosiva che allarma molti altri Paesi dell’area, con rivolte violente in atto da giorni nello Yemen e nel Bahrein. Anche in Iran il movimento ‘verde’ è tornato in strada, con scontri pesanti in piazza tra oppositori al regime, la Polizia e i famigerati guardiani della rivoluzione islamica (Pasdaran). Al momento non giungono voci di blocco delle telecomunicazioni e del web. Cosa che invece è stata decisa nuovamente in Cina. il Governo di Pechino, proprio in considerazione di quanto sta avvenendo in tutto il Nord Africa e nel Medio Oriente, ha deciso di rendere impossibili le attività di ricerca online di contenuti che in qualsiasi modo aprano una finestra su quei luoghi non tanto lontani, in fondo.

In Cina da tempo non è possibile accedere a Twitter e i principali siti di microblogging e social networking (Sina, Tencent, Boxun, Renren) sono sottoposti a controlli ferrei. Certamente il clima che si sta instaurando a livello mondiale e la possibilità concreta che anche in molte città cinesi si possano verificare sommosse popolari, hanno suggerito al regime comunista al potere di intervenire per tempo. Basta digitare la parola ‘gelsomino‘ o ‘rivoluzione dei gelsomini‘ per verificare in Cina la forza della censura, tanto da non ottenere nessuna risposta dai motori di ricerca.

Uno stato di Polizia della rete che però, a quanto si legge dai lanci di agenzia internazionali, qualche crepa l’ha mostrata, visto che molti siti di microblogging sono riusciti ad aggirare i sistemi di controllo e a lanciare delle manifestazioni con chiari richiami all’Egitto e alla Libia. Al momento non è possibile stabilire cosa sia realmente accaduto nel gigantesco Paese asiatico, ne conoscere il numero degli arrestati, ma sembra ingente e tra essi sono tantissimi i blogger e gli attivisti del web posti in stato di fermo.