PROCURA MILANO: ferma l’inchiesta sul blog di Grillo. Microsoft e H3G, ‘Mani legate dal Garante della Privacy’

di Flavio Fabbri |

VINTI

Quando apparve sul blog di Beppe Grillo il commento di un lettore che sosteneva la necessità di “Uccidere Silvio Berlusconi“, in pochi gli diedero peso e, ovviamente, nessuno lo prese sul serio. Tranne il pubblico ministero Cajani e con lui la Procura di Milano, che in tutti i modi hanno tentato di procedere contro l’autore di quell’esternazione venuta alla luce il 9 giugno del 2008, un po’ troppo colorita e dai toni a dir poco accesi . H3G Italia e Microsoft hanno però fermato da subito subito l’impeto di giustizia del pm, sostenendo che “I dati vengono conservati 60 giorni e poi distrutti” e che comunque “Non si può fare niente, perché l’indirizzo IP è un dato personale e rimane sotto l’ombrello del Garante della privacy“.

In realtà, come ha specificato in una lettera al Corriere della Sera Francesco Pizzetti, Presidente dell’ Autorità Garante per la protezione dei dati personali, in stretta applicazione della legge e in conformità alla Direttiva europea, i gestori telefonici hanno il diritto di detenere gli indirizzi IP degli utenti solo relativamente al servizio di accesso alla rete da essi fornito. Di conseguenza ha dichiarato, sempre in applicazione di legge, illecita la conservazione degli indirizzi IP relativi ad ogni altra attività svolta dagli utenti nell’uso della rete.
Il termine di due mesi a cui si riferiscono Microsoft e H3G, ha sottolineato Pizzetti, è previsto nel provvedimento del Garante unicamente con riferimento al periodo concesso ai gestori telefonici per distruggere i dati da loro all’epoca illecitamente detenuti.

Il pm in questione, Francesco Cajani, che in quella frase rivolta al Presidente del Consiglio ci ha visto ‘un’istigazione a delinquere‘ bella e buona, nonostante l’ostacolo non da poco che si è trovato immediatamente di fronte, ha deciso che l’IP non è da considerarsi un dato sensibile, se visto come dato esterno ad una comunicazione, e che comunque “Il Garante ha competenza amministrativa sul caso e non giudiziaria“, come sostiene anche il gip Fabrizio D’Arcangelo, che anzi intima al pm di non arrendersi.

La Procura quindi è tornata di nuovo all’attacco chiedendo, prima a Microsoft e proprio ieri ancora ad H3G, l’indirizzo identificativo IP dell’autore del fatidico post sul blog di Grillo perché, nonostante il destinatario di tale minaccia sia un’alta carica pubblica e quindi per natura soggetto a numerosi attacchi di varia entità: “Laddove permanga tale stato di fatto e di diritto, qualsiasi altra indagine informatica dovrà tendenzialmente scontare le medesime difficoltà, con pregiudizio non solo per l’accertamento dei fatti ma anche per i diritti delle persone offese, tutte ugualmente meritevoli di tutela“. Al momento per la Procura meneghina rimane il semaforo rosso a procedere, ma a questo punto c’è da chiedersi, una volta per tutte: l’IP è un dato personale o no?