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CLOUD COMPUTING: è guerra tra Microsoft e Google per accaparrarsi le commesse pubbliche USA

VINCITORI

Microsoft ha annunciato, al Public Sector CIO Summit in corso a Redmond, 16 nuovi contratti con enti pubblicui e istituti scolastici per la fornitura di servizi di cloud computing. Ad annunciarlo è stato Curt Kolcun, vice presidente Microsoft U.S. Public Sector, che nel suo intervento ha presentato i nuovi clienti dell’azienda nella Pubblica Amministrazione di Portland, dello Stato dell’Oregon, dell’Università di Albany, del Suby Fashion Institute of Technology, della Vanderbilt University, del Poarch Band of Creek Indians tribal government nel sud dell’Alabama e di molti altri enti pubblici delle città di Alexandria e Virginia Beach.

In questo modo il servizio cloud di Microsoft, Live@Edu potrà essere utilizzato dagli oltre 47.000 studenti del distretto scolastico pubblico dell’intero stato dell’Oregon. Si tratta della nuova soluzione offerta, senza alcun costo, da Microsoft a diverse Università in tutto il mondo (con oltre 15 milioni di utilizzatori) per ampliare e arricchire i servizi di comunicazione e collaborazione offerti dagli atenei ai propri studenti. Inoltre, non prevedendo investimenti in hardware o oneri di gestione, questa soluzione permette agli atenei di ottimizzare il budget a disposizione, creare nuovi canali di comunicazione e community più vaste in cui condividere informazione e conoscenza anche post-laurea.

La notizia più interessante, però, è che nel firmare l’accordo con Microsoft gli enti pubblici hanno praticamente abbandonato le architetture cloud di Google, preferendo la Business Productivity Online Standard Suite (BPOS) di Redmond, fresca di certificazione FISMA (Federal Information Security Management Act), alle Business Google Apps. Anche se queste ultime applicazioni business da remoto avevano già la certificazione di standard FISMA, Microsoft sostiene che gli enti pubblici hanno rischiato grosso adottanto Google Apps in termini di sicurezza, evidentemente non abbastanza elevata.

Google dal canto suo ha siglato diversi contratti con al General Service Administration (GSA) e il suo Google Docs cresce in termini di adozioni e di funzionalità cloud. Questo nonostante Microsoft sostenga che il servizio non supporti il formato OpenDocument, standard che invece garantisce l’azienda di Redomond a 3 milioni di impiegati pubblici in tutto il mondo. La GSA, che fornisce prodotti e soluzioni per la comunicazione elettronica a tutto il network delle agenzie governative degli Stati Uniti, si appresta nel frattempo a lanciare FedRamp, il nuovo programma per la diffusione del cloud computing nella Pubblica Amministrazione americana, e tutti i commenti e le considerazioni che verranno fuori dalla fase di testing saranno caricati su Google Docs.

Anche qui Kolcun, riferendosi al grave bug di GoogleDoc del 2009, ha sollevato seri dubbi sul modo in cui Mountain View gestisce i dati riservati e sensibili fornitigli da organizzazioni, enti e singoli utenti. Per Microsoft il livello di sicurezza garantito è molto più alto in Excel, ma Google ha già risposto che i dati non verranno memorizzati e quindi non saranno utilizzati per altri fini che non per l’accordo preso con la GSA.

D’altronde, falle a parte, il sistema Google Docs sembra funzionare e molte Pubbliche Amministrazioni locali come quelle molto grandi di Los Angeles, Washington DC, Orlando e Florida ne hanno chiesto l’attivazione, scartando i pur validi Microsoft Office e Apple iWork. La conservazione dei dati, non in locale, pone effettivamente seri problemi di privacy per le aziende e per i singoli, sia per l’utilizzo delle informazioni a scopo di schedature, che potrebbe essere fatto da chi gestisce il servizio, sia per il maggiore rischio di attacchi e manipolazioni da parte di soggetti esterni, che si verifica quando i dati risiedono su server connessi always on a Internet. Esiste una policy di sicurezza, assicura Google, ma le legislazioni nazionali sulla privacy non sono allineate verso uno standard internazionale e questo potrebbe essere un limite nell’adozione del servizio cloud da parte degli enti pubblici e a vantaggio dei diretti competitor Microsoft e Apple.

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