COMPUTER: dall’Università di Trento e IBM un nuovo software per l’apprendimento automatico, l’intelligenza artificiale e il linguaggio naturale

di Flavio Fabbri |

VINCITORI

Come nell’uomo, soprattutto nei primi anni di vita, l’intelligenza e l’apprendimento tendono a svilupparsi relazionandosi agli altri attraverso il gioco, così si potrebbe fare nel mondo dei computer. È quanto hanno deciso di provare gli ingegneri dell’IBM e i ricercatori dell’Università di Trento, con l’aiuto del MIT, dell’Università del Texas, dell’USC e della Carnegie Mellon University, nello studio di nuove tecniche per l’apprendimento automatico, l’intelligenza artificiale e l’elaborazione del linguaggio naturale.

Il progetto, denominato “Watson“, in omaggio a Thomas J. Watson, fondatore e primo presidente di IBM, è stato presentato in un convegno tenutosi stamattina a Trento, e nasce dalla combinazione di uno dei supercomputer più potenti al mondo di IBM con un sistema di software tra i più avanzati. Ne verranno fuori nuovi processi di comunicazione tra macchine e tra macchina e uomo, ma anche motori di ricerca più intuitivi e in grado di reperire informazioni dal web profondo.

Oggetto della ricerca e, nello specifico, dei laboratori dell’ateneo di Trento, sono le tecnologie del linguaggio e dell’interazione applicate alle macchine, con una sezione a parte per le nuove frontiere del web semantico. I ricercatori dell’Università di Trento stanno infatti collaborando con gli scienziati dell’IBM Research per perfezionare gli algoritmi utilizzati nella classificazione delle domande proposte nel quiz televisivo americano ‘Jeopardy!‘, con l’obiettivo di affinare i processi di individuazione delle risposte e implementare i sistemi di selezione di quelle più valide (Open Advancement of Question Answering – OAQA Initiative).

Ulteriori finalità del programma di ricerca è la generazione di una famiglia di applicazioni di tipo commerciale, tese a migliorare in modo significativo il grado di interazione uomo-macchina, come ad esempio nel caso dei sistemi di risposta vocale nei call center, oppure andando ad impiegare i computer nell’assistenza personalizzata al cliente, tramite sistemi di CRM di nuova generazione.

Con questa collaborazione – ha commentato David Ferrucci, leader del team di progetto IBM Watson – intendiamo estendere ed aprire l’accesso alle tecnologie di interazione vocale al di fuori degli Stati Uniti e verificare con l’aiuto dell’Università di Trento l’applicabilità degli stessi algoritmi a lingue diverse dall’Inglese. Con l’obiettivo, in un prossimo futuro, di estendere l’interesse anche a programmi applicativi che aprano sbocchi commerciali in settori come la medicina, il supporto tecnico, i servizi finanziari, in Italia e in Europa“.