Governance della rete e Agenda digitale: intervento di Corrado Calabrò alla relazione dell’Organo di vigilanza di Open Access

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COMUNICATO STAMPA


Dopo quattro anni possiamo prendere atto che la complessa impalcatura degli impegni di Open access è stata finalmente riconosciuta come rientrante a pieno titolo nell’ortodossia dei modelli di separazione per la parità di trattamento, e che – cosa più rilevante – sta dando i frutti attesi.

Il presidente Giulio Napolitano ha già riferito dei risultati ottenuti. Alle sue parole di apprezzamento e di sintonia nei confronti dell’AGCOM non posso non corrispondere sottolineando a mia volta che l’interazione con il Board è stata sempre collaborativa, proficua e imperniata sulla correttezza reciproca; un esempio, nel rapporto tra organi la cui azione sia complementare.

Mi fa piacere sottolineare pure che alcuni risultati sono stati raggiunti non solo grazie agli sforzi dell’incumbent ma anche con il concorso di tutti gli operatori . Penso al nuovo processo di delivery, elemento cardine per una parità di trattamento efficace. Un risultato non da poco, considerato il livello di litigiosità, anche strumentale, degli anni passati.

In questo percorso, l’Organo di vigilanza ha svolto un ruolo efficace, e ha consentito più di una volta di predisporre strumenti transitori migliorativi per la gestione del cliente finale (c.d. SWAP)  o di situazioni critiche (cd. semaforo).

Quanto al sistema di monitoraggio delle performance nella fornitura dei servizi  – altro caposaldo del modello – esso è ora più solido ed efficace.

Open access è un caso di azione amministrativa che nasce “eccezionale” e torna “normale” una volta che il perseguimento degli scopi prefissati sia divenuto la normalità .

Peraltro, tenuto conto che non è immediato che dall’ottemperanza di obblighi “di fare” assunti dall’azienda scaturiscano automaticamente effetti tangibili per il mercato, proseguiremo con l’attività speciale di monitoraggio sull’efficacia di alcune delle misure adottate.

Per quanto riguarda l’attività dell’AGCOM, possiamo vedere vicina l’entrata a regime. Cosa significa? Significa che dopo il periodo di enforcement “rinforzato” di Open access – in interazione con l’azione del Gruppo di monitoraggio impegni dell’Autorità- stiamo tornando ad una normale attività di vigilanza, nell’ambito delle analisi di mercato e della non discriminazione .

Ma questo è possibile proprio grazie a chi ha fatto proficuamente da traino e da sollecitatore in questo periodo di avvio e di prima applicazione.

Adesso Telecom deve garantire un esauriente flusso di informazioni – anche in termini di tempistica – circa i propri piani di sviluppo , per evidenziare lo stato effettivo di avanzamento della qualità e dello sviluppo della rete di accesso.

Sul punto, in ottemperanza agli impegni, Telecom ha da poco presentato gli aggiornamenti del Piano per lo sviluppo della rete NGN per il periodo 2012-2014; piano che vede la combinazione di una pluralità di architetture che divengono complementari per raggiungere 6,1 milioni di abitazioni passate in rete primaria entro il 2014.

La tensione verso lo sviluppo delle reti in fibra è sempre stata nel DNA di Open access; una priorità assoluta della politica per lo sviluppo del Paese, eppure colta sola a periodi alterni e con strumenti fino a ieri timidi e esitanti. I primi segnali del Governo Monti fanno ben sperare; soprattutto se una salda cabina di regia prevarrà, operativamente, sul bilancino degli equilibri tra i dicasteri.

Grazie agli impegni e alla regolamentazione che ne è seguita, c’è stata l’offerta per l’accesso e la condivisione dei cavidotti a giugno 2009  e ieri Telecom ha presentato la prima offerta di riferimento per tutti i servizi – sia attivi che passivi – di accesso all’ingrosso su rete NGA. La valuteremo.

L’impianto regolamentare  per l’accesso alle nuove reti ora c’è ed è più articolato di quello di Germania, Francia, Regno Unito e Spagna (per rimanere nei top 5).

Certo, non è un compito facile regolare qualcosa che ancora non c’è.

La definizione del quadro regolamentare per le reti di nuova generazione è un processo che richiede anche una certa dose di fantasia da parte delle Autorità nazionali di regolamentazione. Non è un caso che non ci sia, oggi, regolazione omogenea nei diversi Paesi europei.

Non si tratta di disciplinare “solamente” l’accesso da parte dei nuovi entranti alla – già esistente – rete dell’ex monopolista.

La replica dell’impianto delle regole del rame anche per la fibra sarebbe il modo più sicuro per pregiudicare la realizzazione delle nuove reti.

Bisogna andare oltre il “peccato originale” e conciliare effettivamente la promozione di una concorrenza sostenibile nei mercati finali con misure che incentivino gli investimenti degli operatori. Di tutti gli operatori.

La struttura del mercato, del resto, è radicalmente cambiata da quando l’Autorità muoveva i suoi primi passi e si faceva propulsore del processo di liberalizzazione. Nel nostro Paese, grazie anche all’intervento del regolatore, c’è un elevato livello di concorrenza tra operatori di tlc nei mercati finali, sia nel mobile che nel fisso, ed un crescente livello di concorrenza infrastrutturata nell’accesso: lo vedono i consumatori, con tante offerte a prezzi decrescenti, lo “sentono” gli operatori – tutti – che vedono ridursi i ricavi e i profitti per unità di prodotto . 

In un contesto più complesso e sfaccettato una maggiore sensibilità regolamentare al tema degli investimenti è più che opportuna : è necessitata.

Se vogliamo davvero che la concorrenza si possa portare al livello di reti e servizi di nuova generazione e non trovi un’arena fertile solo sul rame , dobbiamo farci dinamici interpreti di un approccio diverso.

Non si può focalizzare l’azione regolatoria solo sulla concorrenza di breve termine, tutta incentrata sui prezzi, a infrastruttura data; occorre farsi carico anche della concorrenza sostenibile nel medio periodo, su nuove infrastrutture.

Le regole varate l’11 gennaio scorso dall’AGCOM per le reti di nuova generazione non sono nè definitive nè immutabili, alla luce dell’evoluzione del mercato. Esse cercano comunque di delineare fin d’ora un approccio regolamentare equilibrato al trade off concorrenza-investimenti . Sono regole che necessariamente si collocano nel solco – per la verità troppo stretto – della Raccomandazione NGA della Commissione, che, frutto di tanti compromessi, prevede una panoplia di misure non sempre idonee a smuovere lo stagno in cui si trovano le nuove realizzazioni. Anche i principali fondi di investimento lo sottolineano: le regole non garantiscono un rendimento minimo per investire.

Un punto fermo è che la combinazione di rimedi attivi e passivi per aprire la rete ai concorrenti  non dipende dalle scelte dell’incumbent in merito alla tecnologia ed all’architettura di rete . Mentre per un verso non rientra nei poteri di un’Autorità di regolamentazione l’imposizione di una particolare soluzione architetturale, deve per altro verso riaffermarsi che tutte le tecnologie – fisse e mobili – devono concorrere al conseguimento dei traguardi dell’Agenda digitale. Il Commissario Kroes lo ha detto chiaramente a Barcellona, modificando, con intelligenza e senso pratico, una posizione europea che in precedenza aveva molto insistito su regole calibrate sullo standard FTTH . 

Comunque, dal nostro punto di vista non abbiamo certo finito il lavoro.

Il quadro regolamentare manca ancora di tre segmenti caratterizzanti tre importanti procedimenti che intendiamo chiudere entro la fine della presente Consiliatura:

–       La valutazione dell’impatto regolamentare del “technology mix” per la copertura del territorio con soluzioni miste radio-rame-fibra (LTE-VDSL-FTTH), che tengano nel giusto conto l’innovazione del vectoring ;

–       La determinazione dei prezzi dei servizi all’ingrosso di accesso alla rete in fibra, che passa per il quantum della remunerazione del capitale investito e del premio per il rischio, e suscita il tema delle aree in cui sussiste una competizione sostenibile;

–       La valutazione della sussistenza delle condizioni per l’imposizione di obblighi simmetrici di accesso alle verticali di palazzo.

Il quadro complessivo è peraltro più vasto e dovrebbe contemplare:

–       Misure pubbliche di offerta, siano esse interventi diretti o di facilitazione. L’ho detto più volte, le norme sugli aiuti di Stato sono eccessivamente rigide. Di fronte ad uno stallo degli investimenti, un loro ripensamento è quanto mai opportuno ; anche in tempi di crisi.

–       Misure di sostegno alla domanda digitale, così come abbiamo suggerito al Governo e come ha fatto anche, opportunamente, Confindustria digitale.

E’ infatti attraverso l’interazione tra domanda e offerta e tra intervento pubblico e privato che si può risolvere la perversa combinazione tra alto costo di fornitura e ridotta disponibilità a spendere che fa del nostro un Paese ancora arretrato, quantomeno nell’utilizzo dei nuovi servizi, nonostante il segmento mobile sia il più avanzato e competitivo in Europa. Gli smartphone e i cavidotti non si traducono automaticamente in uso reale delle tecnologie – cioè in quello che fa aumentare la produttività economica e sociale di un Paese e lo fa “avanzare” – ma necessitano di adeguate politiche per la domanda.

 

Il cuore degli investimenti spetta indubbiamente al settore privato. Agli operatori di telecomunicazioni in primis.

A quel comparto, cioè, che, mentre è chiamato ad investire sia nel fisso che nel mobile, non riesce ad appropriarsi del valore atteso proprio dagli investimenti nelle nuove reti. La crescente partecipazione ai ricavi complessivi della filiera delle telecomunicazioni – ma anche dell’audiovisivo – da parte degli Over the top è infatti inarrestabile.

Si sta delineando uno scenario in cui il flusso dei ricavi e quello degli investimenti sono tra loro scollegati e disarmonici. Questo ha in primo luogo ricadute sulla capacità ad investire nelle nuove reti, con conseguenze sul percorso di infrastrutturazione nel nostro Paese. Le NGN languono, la banda mobile è satura. Un grido di allarme che inutilmente ho lanciato per tempo e che trova oggi sempre più vasta eco.

Ma ha anche riflessi non secondari di natura macroeconomica: per la geografia associata agli attori in gioco, il rischio è quello di un forte trasferimento di ricchezza tra Unione europea (un sistema ancora incentrato sui fornitori di connettività) e Stati Uniti o altri Paesi emergenti, maggiormente orientati su un’innovazione “fuori dalle reti”.

L’ecosistema digitale è dunque vulnerabile per gli attori tradizionali; l’Europa, nella sua strategia di Agenda digitale, deve porsi senza falsi pudori anche l’obiettivo di promuovere un ambiente fertile per lo sviluppo di imprese competitive con gli Over the top.

Nessun rigurgito protezionista che, obsoleto, sarebbe destinato al fallimento, ma più attenzione a quegli aspetti delle “regole” (in senso lato), che possono far giocare la partita ad armi pari, salvaguardando investimenti e innovazione. Anche favorendo accordi ai vari livelli della filiera.

L’importanza delle variabili in gioco appare più chiara se si considera che Internet implica anche dimensioni extra-economiche che toccano libertà fondamentali della persona, dal diritto di informazione alla libertà di espressione. Per non parlare della privacy.

Meno regole per tutti o qualche regola in più a chi oggi non ne ha, così da stabilire un corretto terreno competitivo (level playing field)? Alzare o abbassare l’asticella delle regole? 

Da una parte, non è un caso che gli OTT si siano sviluppati in ambienti con minori vincoli normativi; dall’altra, alcune di quelle che sembrano zavorre per le tlc, come il rispetto di requisiti di privacy e sicurezza, possono divenire fattori di successo nell’offerta di servizi di cloud computing e identità digitale in quanto percepiti come più affidabili.

Il tema della neutralità della rete, ad esempio, può consentire una prima presa di responsabilità a livello comunitario verso una maggiore apertura allo sviluppo di modelli di business basati sulla qualità con offerta trasparente di servizi a traffico gestito, in parallelo al mantenimento di una robusta rete Internet best-effort disponibile per tutti .

Sono solo spunti per un dibattito che è ancora lontano da una sintesi costruttiva, ma che richiede un po’ più di coraggio da parte di tutti gli attori coinvolti. Con la barra salda sull’obiettivo di promuovere l’innovazione delle reti e dei servizi e di far partecipare cittadini e imprese ai benefici indotti. 

In questo senso AGCOM, come regolatore indipendente, può e intende dare il suo contributo nelle appropriate sedi nazionali e comunitarie, nell’ambito di una corretta dialettica tra “decisore politico” e “decisore tecnico”. Lo sprone che questa Autorità ha rappresentato per l’istituzione di un’Agenda digitale per l’Italia e per la creazione di una cabina di regia è sotto gli occhi di tutti. Al tempo stesso non si può non sottolineare come il Parlamento ed il Governo spesso facciano un “uso distratto delle relazioni e delle segnalazioni trasmesse dalle autorità indipendenti”, nel canale cd. ascendente: non sono parole mie, è il testo della recente indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti della Commissione Affari costituzionali della Camera. 

Non si tratta di invadere il campo delle scelte strategiche che sono proprie delle politiche pubbliche, e, conseguentemente, delle cariche elettive; ma non si può non riconoscere che, oggi, dopo più di vent’anni di esistenza, le Autorità indipendenti, per l’expertise professionale maturato e l’indipendenza tanto dall’indirizzo politico quanto dal mercato, sono sempre di più centrali nel dibattito sulle regole dei nuovi mercati e sulla tutela dei nuovi diritti .

La necessità di sviluppare reti totalmente nuove – fisse e mobili – rendendo centrale il problema della promozione degli investimenti, evidenzia per le Autorità di regolazione un nuovo e più complesso ruolo di governance delle reti e di “garante” degli investimenti, allontanando la prospettiva della loro trasformazione in semplici guardiani della concorrenza. Con buona pace di chi, invece, vorrebbe limitarne l’ambito di azione, dimenticando sia il dato giuridico – le Autorità si inscrivono pienamente nell’ordinamento giuridico nazionale ed europeo che ne definiscono prerogative e strumenti di azione -, sia il dato fattuale: si tratta di Istituzioni che hanno maturato una competenza tecnica che si è evoluta in parallelo all’evoluzione dei mercati e che ne fa osservatori privilegiati delle dinamiche in atto.    

Paradigmatica è la vicenda dell’emendamento parlamentare presentato alla legge di conversione del decreto “Semplificazioni”: un emendamento invasivo delle competenze dell’AGCOM e non rispettoso del quadro regolatorio comunitario .

In zona Cesarini stiamo rientrando nell’ortodossia; ma c’è voluto un intervento della Commissione europea.

Devo peraltro dare atto che il presidente Monti ha mostrato invece di apprezzare e valorizzare le indicazioni delle Autorità indipendenti per gli interventi correttivi del mercato.

E’ un segnale incoraggiante che controbilancia in qualche misura la notazione sconfortante che il maggior presidio dell’indipendenza delle Authorities viene oggi non dall’ordinamento nazionale ma da quello comunitario.

 

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[1] Proprio il costante confronto tra le parti è stato propedeutico all’adozione del nuovo processo di delivery in cui le interfacce tecniche, messe a disposizione da Telecom, sono state migliorate, e le richieste degli operatori sono state determinanti in tal senso. E’ stata persino individuata una data condivisa di switch off.

2 E non abbiamo fatto sconti: l’analisi di dettaglio sulle cause di scarto degli ordinativi di lavoro degli OLO (c.d. “KO”), estese, nel 2011, anche al caso di gestione di un ordinativo delle divisioni commerciali di Telecom Italia, proseguono fino al momento in cui il suindicato processo di transizione non sia definitivamente completato.

3 Con indicazioni periodiche sui livelli qualitativi dei servizi – tramite il confronto tra indicatori di prestazione -KPI- e obiettivi -KPO – e sul confronto tra i KPI per i servizi destinati agli Operatori e quelli relativi alle medesime attività destinate alle divisioni commerciali di Telecom.

4 Delibera n. 600/11/CONS.

5 Che da un punto di vista strettamente regolamentare rappresenta il genus in cui si iscrive il provvedimento di separazione.

6 Con la comunicazione all’Autorità, all’Organo di Vigilanza ed agli Operatori dei “Piani Tecnici per la Qualità e per lo Sviluppo della Rete”, e dei loro avanzamenti.

7 Gli obblighi di fornitura a condizioni non discriminatorie sono poi stati estesi anche ai servizi intermedi di accesso forniti mediante reti di nuova generazione.

8 Delibera n.1/12/CONS

9 Siano minuti di conversazione o byte trasportati.

10 Dopo anni in cui i molteplici obiettivi del regolatore hanno ceduto di fatto il passo alla priorità di dover creare lo spazio per il dispiegarsi della concorrenza, anche attraverso l’asimmetria delle regole se questo era necessario.

11 Tecnologia quest’ultima che pure continua ad allungare il suo ciclo di vita rivitalizzandosi grazie all’incessante innovazione, ma che non potrà sostenere da sola il traffico delle autostrade digitali di domani. 

12 Il quadro regolamentare consente infatti di:

i)             incentivare gli operatori di ogni dimensione ad arricchire progressivamente le proprie dotazioni infrastrutturali ;

ii)            riconoscere le differenze nelle condizioni concorrenziali esistenti tra le differenti aree geografiche del nostro Paese;

iii)           remunerare il rischio di investimento;

iv)            promuovere le iniziative di coinvestimento e di ripartizione del rischio imprenditoriale; 

v)             valutare la possibilità di imporre obblighi di accesso simmetrici, cui eventualmente assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture che possano costituire strozzature.

13 Basti pensare al servizio end to end.

14 Siano queste soluzioni punto-punto, punto-multipunto o miste.

15 Dal discorso del Commissario Neelie Kroes, 2012 Mobile World Congress, Barcelona, 27 Febbraio 2012: “But I also want at least half of Europeans to have ultra-fast access at over 100 Megabits by 2020: again, it is clear that no single technology will deliver this, no single magic potion will get us there overnight. We rather need an intelligent mix of complementary technologies, deployed incrementally, and according to local circumstances.

Such technologies include in particular Fibre-to-the-Home, upgraded Cable, Fibre-to-the-Cabinet and LTE. Even technologies which cannot normally deliver 100 Megabits themselves, or cannot do so now in 2012 at any rate: they will still help create a virtuous circle of supply and demand. European consumers will get used to obtaining better services and higher speeds, which will trigger new bandwidth-hungry applications and services, creating in turn the conditions for financing the competitive networks, wired and wireless, fixed and mobile, of 2020“.

16 Ciò in coerenza con il nuovo approccio comunitario e anche al fine di riesaminare gli obblighi di fornitura del servizio di sub-loop unbundling.

17 Ad esempio in senso più favorevole al partenariato pubblico-privato.

18 Si impone una riflessione a livello comunitario se, e come, eventualmente, prevedere una disciplina che investa di responsabilità anche questi soggetti che sfuggono alle categorie classiche.

19 Così come andrebbe fatta una riflessione trasparente sugli effetti dei sistemi tariffari – flat e basati sul traffico – sull’ecosistema e su un nuovo sistema di tariffe di terminazione tra fornitori di contenuti e fornitori di connettività.

20 Venendo così a rappresentare concretamente quello “strumento organizzativo e funzionale della democrazia economica” che è alla base della loro funzione sociale. Così Merusi in “Democrazia e Autorità indipendenti”, 2000.

21 Obblighi di accesso sono tipizzati nelle direttive e possono essere stabiliti esclusivamente dalle Autorità di regolazione a seguito di analisi di mercato e dopo notifica alle altre Autorità nazionali, al BEREC ed alla Commissione Europea. Questo, a maggior ragione, vale per un rimedio atipico, eccezionale, quale quello prospettato dell’esternalizzazione “coatta” delle attività accessorie come la manutenzione della rete.