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Senza ICT l’economia non cresce, ‘ma occorrono investimenti, tecnologie e, innanzitutto, cultura’. Intervista a C. M. Guerci (ThinkTel)

INTERVISTA


Presentato a Milano DigItaly, il nuovo progetto di ThinkTel orientato alla definizione, ruolo e conseguenze dell’impatto dell’ICT nell’economia italiana: argomento che si profila come quello di maggior rilievo nell’agenda del 2007.

I rischi di competitività per i Paesi, come il nostro, in ritardo nella diffusione ed applicazione di queste tecnologie e parallelamente il peso degli effetti positivi dello sviluppo di infrastrutture e soluzioni di ICT nell’accelerare la crescita economica e garantire una migliore qualità della vita. Queste le principali direttrici del progetto, che guarda alla definizione di una roadmap che identifichi i colli di bottiglia, spesso di natura legislativa e regolamentare, e che mostri gli effetti della loro rimozione sotto le differenti ipotesi di intensità e di selettività degli investimenti.

Ne abbiamo parlato con Carlo Mario Guerci, economista e Vice Presidente operativo di ThinkTel.

 

K4B. Professor Guerci, ci parla di DigItaly, il nuovo progetto di ThinkTel appena presentato? Cosa è? Quali finalità ha? E quali ricadute potrà avere sul dibattito italiano e, cosa che più conta, sulle cose concrete da fare?

 

C. M. Guerci. DigItaly è un progetto che riguarda le potenzialità dell’ICT su una serie di settori verticali, tra i quali vorrei evidenziare la sicurezza e l’emergenza, unitamente al controllo del territorio. Un altro grande settore è quello del turismo, dove l’impatto può essere molto importante, considerando sia le straordinarie potenzialità che l’arretratezza del Paese su questo aspetto. Un altro ancora è il tema delle piccole e medie imprese, sul quale abbiamo già fatto molto, ma vogliamo sviscerare meglio le potenzialità concrete che ci sono all’interno del tessuto delle PMI. Infine, abbiamo ancora il settore della PA, dove invece di fare delle simulazioni più o meno inutili su quanto si potrebbe risparmiare con la informatizzazione e con la digitalizzazione, riteniamo sia più utile andare ad individuare le strozzature che non consentono di fare queste innovazioni. Da questo punto di vista, riteniamo in particolare che i processi della PA siano antiquati e indicare con forza quali sono quelli su cui incidere maggiormente.

 

K4B. Lei parla di colli di bottiglia, ma come si fa a superarli in una situazione in cui le regole del gioco sono forse un po’ antiquate e in cui si avverte anche una scarsa capacità di investimento. Quali le soluzioni, secondo lei?

 

C. M. Guerci. Francamente, non credo che il secondo tipo di scarsità che è stata appena detta sia così importante. L’Italia non ha una scarsità di risorse per investire, sono male utilizzate e gli investimenti sono fatti, molte volte, senza dare le priorità più opportune. Io penso che se c’è la volontà di dare priorità agli investimenti, in questo caso stiamo parlando di risorse e investimenti pubblici, credo che il tema delle risorse, del denaro impiegabile, non sia la variabile più critica. Secondo ThinkTel, la variabile più critica sta nell’adeguatezza delle risorse umane. Risorse umane che sono un pò invecchiate, che sono un pò tradizionali, che non guardano al nuovo. I giovani, sui quali c’è tanta speranza, non sono ancora entrati nell’età vera del lavoro produttivo. Mentre io vedo nelle forse produttive della PA, ma non solo, molta arretratezza culturale. Cosa vuol dire? Che il nuovo non viene colto e chi ne parla viene normalmente visto come un visionario, non come uno che si premunisce e prevede il futuro. Devo però integrare quello che ho detto, perché a livello regionale vedo, e sto continuando a vedere, delle cose importanti e significative.

 

K4B. Insomma siamo tutti in attesa del nuovo, ma il nuovo verrà dal centro o dalla periferia?  

 

C. M. Guerci. Non credo alle rivoluzioni, quelle non cruenti intendo dire, che vengono dal basso per i cattivi comportamenti di chi sta in alto. Non credo alle rivoluzioni di questa natura, senza un forte impegno dell’alto. L’impegno dell’alto è quello del Governo, ma anche delle Regioni e di tutte le amministrazioni locali. Ho l’impressione che le Regioni abbiano un ruolo importante e non faccio distinzioni di colore, perché vedo anche aggregazioni tra regioni politicamente diverse come Piemonte e Lombardia e credo che da lì possono venire delle cose innovative. Però non basta. Bisogna comprendere che il mondo sta cambiando e non possiamo continuare ad usare i parametri di uno, due, tre anni fa. E il mondo, negli ultimi anni, è cambiato per le emergenze che tutti conosciamo: la crisi energetica, la crisi dell’acqua, la crisi dei trasporti, la crisi di tutto un insieme di cose che sta entrando in un’epoca di globalizzazione, dove la concorrenza diventa ancora più ferma e “cattiva”. E quindi la reazione di un Paese ricco di intelligenza disorganizzata, aihmè, come l’Italia deve sicuramente giocare la sua parte.

 

K4B. Proviamo a dare dei nomi alle cose. Lei poco fa faceva esplicito riferimento alla carenza di cultura. C’è quindi un problema culturale del Paese, ma a mancare è la cultura dello Stato, del mercato o di ambedue?

 

C. M. Guerci. E’ cultura del Paese, è cultura diffusa. E’ quella che manca. Faccio un esempio: si diffondono sempre su tutti i media i numeri relativi alla penetrazione della banda larga in Italia e si dice che è appena inferiore a quella della media europea. Vero. Però si dimentica un fatto importante. Si dimentica di dire che la banda larga è utilizzata attualmente con il Pc e quando si va a vedere la penetrazione del Pc in Italia, noi italiani abbiamo 23-25% di penetrazione, contro il 60% di altri Paesi. La conclusione operativa è che non possiamo forzare più di tanto la banda larga, se non diffondiamo la cultura informatica, se non rafforziamo una cultura di base che è ancora molto carente. Non basta dire che i nostri ragazzi sanno tutto del Pc, sanno tutto del Web 2.0, che entrano su Second Life, che giocano on line. No, non basta. è una percentuale minutissima della popolazione, mentre la maggior parte della popolazione italiana non sa usare il telefono cellulare, se non per fare una chiamata spesso anche sbagliando numero.

 

K4B. Professor Guerci, due giorni fa nel presentare DigItaly  ha fatto esplicito riferimento a differenti ipotesi di intensità e di selettività di investimenti nell’ICT. Può spiegarci a cosa faceva riferimento in particolare?

 

C. M. Guerci. Io faccio riferimento ad una griglia, dove si metta al primo posto l’investimento con finalità produttive. Tuttavia, non credo che il Paese debba investire soltanto per aumentare la produttività. Deve investire per ridurre il Digital Divide, per scopi umanitari, non c’è dubbio. Però credo che se noi avessimo una griglia seria, che al di là delle lobby politiche, che non possono certo mancare ma vanno ridotte, potessimo capire che c’è sì un’emergenza, ma che per fare ordine è necessario guardare agli investimenti in base all’impatto che quegli investimenti hanno sulla produttività a medio e a lungo termine. Il guaio è che spesso, come fanno certi investitori, guardiamo alla redditività dell’investimento a breve e questo porta normalmente alla rovina. In un’epoca di cambiamento bisogna prepararsi, come fanno gli atleti, quattro o cinque anni prima. Io ricordo Mennea quando fece quel famoso record sui 200 metri, record mondiale che durò per più di un decennio. Egli elaborò questa strategia con il suo medico per una decina di anni. Ovvero, si preparò a quel risultato per dieci anni. Questo concetto base, banale, vale anche per gli investimenti. E’ necessario guardare ad investimenti che diano redditività e che cambino la base produttiva competitiva del Paese per i prossimi anni, ma questo significa che tutta la nostra struttura produttiva dovrà cambiare. Il ruolo dell’ICT nel nostro Paese è un ruolo minore rispetto ad altri Paesi avanzati, come ad esempio gli Stati Uniti che stanno cambiando ancora una volta il loro sistema produttivo con i nuovi investimenti dell’ICT. SBC, Verizon, At&t sono fortissimi investitori nel nuovo e, senza dubbio, siamo visibilmente arretrati su questo.

 

K4B. E allora cosa fare?

 

Non è facile. Va cambiata la cultura partendo dal sistema scolastico italiano. Vogliamo renderci conto una volta per tutte che la quota di italiani che parlano più o meno in modo corretto la lingua inglese è ancora terribilmente bassa e comunque insufficiente? Ci rendiamo conto che la maggior parte della popolazione italiana è non dico analfabeta, ci sono dati del Censis e dell’Istat per questo, ma è certamente in uno stato, direi, penoso di comunicazione verbale, in quanto ha difficoltà a comprendere un discorso completo di medio livello e ha difficoltà di fare un discorso completo e comprensibile? Esagero? Non credo. E allora è dura in questo contesto parlare di ICT, di banda larga, di ruolo della PA. Semmai è necessario, anzi indispensabile, aiutare i cittadini italiani a darsi una cultura e a darsi una cultura anche nuova.

 

K4B. Telefonica e Telecom Italia, passata la bufera di questi ultimi mesi i due grandi incumbent sono uniti da obiettivi comuni. E’ una cosa che non ha precedenti, ma forse potrebbe sprovincializzare  il mercato dell’ICT italiano. Qual è la sua opinione a riguardo?

 

C. M. Guerci. Io ho sempre avuto una grande considerazione di Telefonica che si è sempre mossa in modo intelligente, che ha fatto delle cose egregie e non solo in America Latina, dove ha fatto acquisizioni interessanti e ben gestite. E’ certamente un fatto nuovo, addirittura inusuale, perché sono anni che parliamo di numero eccessivo di grandi operatori di TLC, uno per Paese, 25 Paesi, ed un fatto del genere è inedito, dal momento che non ci sono state mai neanche delle unioni tra loro. Questa è la prima volta che due grandi si uniscono in qualche modo. Vedremo come si svilupperà, credo pertanto che la cosa sia molto significativa. Il problema è guardare sempre al nuovo. E se guardiamo all’ICT, proprio Telecom Italia ha avviato una gamma nuova che fa capo all’Ing. Mauro Nanni e si occupa proprio della parte più innovativa dell’ICT orientata alle imprese e credo che proprio questa sia una base sulla quale, nel futuro che stiamo descrivendo, Telefonica, Telecom e altri dovranno impegnarsi.

 

K4B. Per concludere, un’anticipazione sui prossimi passi di ThinkTel  o sulle idee-progetto su cui sta lavorando?

 

C. M. Guerci. Per adesso siamo impegnati su questo progetto DigItaly e siamo sempre più impegnati a migliorare i nostri strumenti di comunicazione, a partire dal nostro sito, peraltro nato da poco. Perché vogliamo usarlo non tanto per dare notizie, ma considerazioni critiche su quanto avviene, per contribuire nel modo più efficace al dibattito italiano tra gli addetti ai lavori. 

 

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