‘Prof. Aristogitone’: nuovo caso di truffa online risolto dal Gat. Intervista al vicecomandante Marco Fanti

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a cura di Giorgio Sebastiano

INTERVISTA


GDF

Cinque aziende passate ai raggi X, quattro perquisizioni, sei siti internet neutralizzati, cinque persone  indagate, oltre 12 mila fatture emesse per un totale di circa 1.800.000 euro.

Questi i risultati dell’operazione “Professor Aristogitone”, il blitz organizzato dal Gat, il  Nucleo Speciale Frodi Telematiche della Guardia di Finanza, a seguito dell’esposto  presentato alle stesse Fiamme Gialle da Adiconsum su segnalazione del Centro europeo consumatori cui si sono andate ad aggiungere numerose denunce.

 

Un’indagine lampo durata 15 giorni, un’indagine che si potrebbe definire 2.0, visto come l’apporto del popolo della Rete è stato determinante al successo dell’operazione. Di questo ne abbiamo parlato con Marco Fanti, vicecomandante del Gat.

 

K4B. Come è partita l’operazione “Prof. Aristogitone”?

 

Fanti. Qualche settimana fa abbiamo iniziato a monitorare il fenomeno, sulla base di segnalazioni  giunte sulla nostra mail sos@gat.gdf.it. Successivamente abbiamo osservato che il fenomeno diventava rilevante, controllando forum, Blog, il sito studenti.it, il sito di Adiconsum che aveva cominciato a dare i primi alert ai consumatori. Una volta realizzata la fraudolenza dell’operazione, ci siamo attivati  operativamente e dopo qualche giorno eccoci già ad eseguire le perquisizioni.

 

K4B. Come funzionava il meccanismo?

 

Fanti. Questi signori hanno creato o affiliato una serie di siti sponsorizzati che comparivano ai primi posti dei risultati di ricerca quando il cittadino digitava alcune parole chiave, appositamente “scelte” per l’occasione (tra queste studenti it), al fine di condizionare quanto possibile la scelta del navigatore. Molti pensavano di navigare su siti come studenti.it o altri simili; invece venivano portati a questi specchietti per le allodole che innescavano il meccanismo  fraudolento, e in particolare portavano il cittadino a digitare un numero verde, che dava delle password che venivano considerate – come succede ormai per tanti altri siti che oggi richiedono la registrazione – come una forma di accesso e/o utilizzo del sito stesso, e non certo un contratto che dopo qualche mese si materializzava – per la prima volta –  nelle caselle postali reali, il più delle volte,  visto che molti dei navigatori erano minori, di genitori assolutamente inconsapevoli di quello che era successo, che  avevano avuto solo la sfortuna di essere intestatari dell’utenza.

 

K4B. Come potevano queste persone risalire, dal semplice numero telefonico, a dati come il  codice fiscale degli utenti?

 

Fanti. La società che gestiva il credito è anche operatore telefonico e anche se la gran parte  degli utenti ha più volte evidenziato al servizio clienti di non aver mai dato il consenso al  trattamento dati personali, questi dati sono poi stati utilizzati dalla società che ha fatturato. Di più non posso aggiungere, questo è un ramo di indagine ancora in corso di approfondimento.

 

K4B. Quale l’impatto della rete nella celerità dell’operazione?

 

Fanti. La rete, oltre ad esaltare il fenomeno illecito, ha esaltato anche le forze positive in  campo proprio grazie alle associazioni dei consumatori – Adiconsum in particolare  ha preparato e presentato l’esposto poi utilizzato per amplificare il meccanismo – ai forum spontanei, ai blog nonché quei media, in questo caso, radio24 e il programma di Staffelli,  hanno saputo essere collettori delle notizie provenienti dalla Rete, e quindi di buona  informazione.

 

Sul sito di Adiconsum sono reperibili tutte le istruzioni utili ai consumatori per disinnescare definitivamente il meccanismo.

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