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DGTVi alla guida della TDT: il 2005 anno dell’irreversibilità del digitale. Intervista ad Andrea Ambrogetti

INTERVISTA


Abbiamo intervistato Andrea Ambrogetti, Direttore delle Relazioni Istituzionali Italia di Mediaset e Presidente di DGTVi, con il quale abbiamo parlato del ruolo svolto dalla DGTVi nel processo in corso della digitalizzazione della televisione.

 

K4B. Lei è Presidente di DGTVi, l’associazione per lo sviluppo e la promozione del digitale terrestre a cui aderiscono RAI, Mediaset, Telecom Italia Media, Dfree Sport Italia, Federazione Radio Televisioni e Fondazione Ugo Bordoni. Quali sono le linee guida per un percorso comune verso la TDT?

  

R. DGTVi, che è nata alla fine del 2004, ha sostanzialmente come obiettivo quello di promuovere il digitale terrestre, essendo soci tutti gli operatori che trasmettono in digitale. La prima preoccupazione di DGTVi è stata quella di promuovere degli accordi in modo tale che tutti i decoder potessero ricevere tutti i programmi. Infatti, la cosiddetta interoperabilità è un discorso di sistema importantissimo perché se ognuno parte con dei propri decoder, sistemi di accesso, ecc. è evidente che continuiamo a fare passi indietro. Quindi questo è stato il passo fondante su cui è si è costituita la DGTVi. Dopodichè, abbiamo fatto alcune operazioni che costituiscono i fondamenti di una strategia comune di tutti gli operatori per la promozione del digitale terrestre e in questo ha una particolare importanza, ovviamente, la strategia di switch-off anticipato delle due regioni, la Sardegna e la Valle d’Aosta, e quindi la scelta di procedere ad una transizione al digitale che vede nella regionalizzazione il passaggio fondamentale.

Direi che dopo la conferenza che facemmo in Sardegna con la partecipazione di tutti i protagonisti, questo è al momento l’obiettivo principale dell’Associazione: curare i vari passaggi per arrivare all’obiettivo dello switch-off, obiettivo non facile perché c’è da inventare tutto.

  

K4B. La DGTVi è nata per coordinare gli attori coinvolti nel periodo di transizione verso lo switch off delle trasmissioni analogiche e ha sottoscritto accordi con l’ANIE e altri soggetti per coinvolgerli nella fase di transizione. Cosa prevede questo accordo e quali sono le iniziative già avviate?

  

R. Sono stati 2 gli obiettivi principali che ci siamo posti quest’anno: il 1° è quello di fare del 2005 l’anno dell’irreversibilità del digitale e portare talmente avanti le cose da rendere impossibile il tornare indietro; il 2° è quello di fare un passaggio per cui il digitale non è più un affare solo dei broadcaster, nel senso che quando noi siamo partiti con la digitalizzazione delle reti e le prime offerte, poco più di un anno e mezzo fa, tutta questa operazione veniva colta come un’operazione che coinvolgeva essenzialmente le emittenti televisive. Un processo, invece, di queste dimensioni, che coinvolge milioni di apparati televisivi, centinaia di migliaia di tralicci e frequenze, milioni di decoder e via via per tutta la filiera di contenuti ecc., non può essere un processo che coinvolge solo i broadcaster, ma deve coinvolgere tutta la filiera dei contenuti. L’ANIE è stato uno dei 3 soggetti con cui abbiamo stilato dei protocolli d’intesa sul digitale, ed è ovviamente uno dei protocolli fondamentali, nel senso che l’industria elettronica è quella che deve garantire, con una visione sintonica rispetto ai broadcaster, che questo passaggio tecnologico di massa avvenga secondo il criterio dell’interoperabilità, e poi che i decoder siano disponibili e accessibili alla gente, anche grazie ad un intervento sui prezzi, e questo anche al di là dei contributi statali che hanno contribuito moltissimo alla discesa dei prezzi. Grazie alla collaborazione dei soggetti interessati siamo passati dai 300 euro di un decoder di un anno e mezzo fa alla soglia dei 100 euro di oggi.

  

Il secondo soggetto con cui DGTVi ha avviato un dialogo è la grande distribuzione, cioè le grandi catene come Trony, Uniero, Euronix ecc. che si sono aggregate apposta per stabilire con noi questo tipo di rapporto, perché sono quelli che accolgono l’utente consumatore in prima battuta e devono informarlo sui nuovi prodotti.

Il terzo soggetto è l’APT, cioè l’Associazione Produttori Televisivi, con il quale abbiamo sviluppato una serie di sperimentazioni sui contenuti digitali che potrebbero essere l’avamposto della svolta sul prodotto. L’idea è quella di inventarsi insieme delle nuove figure professionali che diventino una sorta di digital producer. Noi siamo convinti che il passaggio al digitale è un passaggio in cui si evolve la televisione tradizionale, nella quale ci sono anche dei contenuti aggiuntivi, ma nella quale sono comunque Montalbano e Bonolis che andranno in digitale e allora, con la APT, l’idea è quella di cominciare ad applicare proprio ai grandi programmi di richiamo queste figure professionali che riescono a pensare specificamente fin dal concepimento del programma per il digitale, indicando quali contenuti possono essere aggiunti ai programmi per utilizzare tutte le potenzialità che ci sono.

  

K4B. L’Italia è riuscita a conquistare una posizione di avanguardia nell’implementazione della TDT. Ci dà qualche indicatore di questa posizione di spicco? La risposta del pubblico all’offerta di televisione digitale terrestre, la programmazione, la copertura…

  

R. L’Italia nel giro di un anno e mezzo ha preso la leadership europea e l’indicatore più evidente è l’aver raggiunto la soglia di 3 milioni di decoder in un anno e mezzo, che significa una penetrazione del 15% delle famiglie italiane con il tasso di crescita più alto raggiunto in Europa. Gli inglesi sono arrivati a 5 milioni, ma ci hanno messo molto più tempo di noi. I fattori di successo dell’Italia sono diversi.

Il primo lo legherei a una fortissima intenzione di tutti i soggetti interessati di spingere verso il digitale, da una parte il governo a partire dalla legge Gasparri e d’altra parte di tutte le emittenti in modo unitario. Questo è un fattore di successo da non sottovalutare perché in nessun altro paese europeo c’è stata un’unione di intenti in tutti i settori: in Francia TF1 Group ha molte perplessità come, del resto, CanalPlus Group, in Spagna le emittenti commerciali hanno difficoltà rispetto alle scelte del governo e anche in Inghilterra il percorso è stato difficile, anche se ora tutte le cose si sono rimesse a posto. In nessun paese c’è stata questa forte spinta condivisa e consapevole.

Un secondo fattore di successo è stato quello dell’erogazione di contributi, che ha permesso, rispetto ad altri paesi, la caduta rapida dei prezzi e quindi l’accessibilità ai consumatori di un apparato altrimenti problematico da diffondere e utilizzare.

Il terzo fattore di successo è stato un sistema mai sperimentato che è quello della payTv senza abbonamento, cioè la possibilità di accedere ai servizi pay con carte prepagate. Queste carte hanno riscosso un notevole successo e hanno spinto le vendite: nella sola settimana prima dell’inizio del campionato sono stati venduti 200.000 decoder.

Con l’accelerazione che c’è stata in agosto e sicuramente con l’accelerazione che ci sarà alla fine dell’anno la TDT diventa, numericamente, in un anno e mezzo la prima piattaforma digitale nel paese

 

K4B. L’interattività è presentata come la killer application della TDT in Italia, qual è il livello di interattività attuale dei servizi?

  

R. L’interattività non è la killer application della TDT per eccellenza, ma solo una tra le tante. E’ una frontiera nuova che ha bisogno di essere sperimentata, è la porta dalla quale il cittadino medio può cominciare a usare la televisione in modo diverso, con molta semplicità all’inizio e con maggiore efficacia. Laddove avremo 20 milioni di famiglie che passano al digitale concretamente, allora avremo un test forte per questo tipo di servizi, di pubblica utilità e commerciali.

L’Italia ha fatto la scelta dello standard MHP e questa scelta apre una strada al futuro che ancora oggi presenta dei limiti: il primo è la necessità del collegamento telefonico che presuppone il collegamento del televisore alla linea telefonica e il secondo è il livello di velocità che riesce ad avere il canale di ritorno attraverso il doppino telefonico, ma ciò non significa che dobbiamo aspettare la rivoluzione delle schede Gprs inserite nei decoder e l’Adsl per partire con il discorso dell’interattività, si tratta di abituare il telespettatore a un uso diverso del televisore, di far capire le potenzialità del mezzo e incentivare la domanda di servizi di questo tipo.

 

K4B. Come si sta procedendo per la digitalizzazione delle regioni della Sardegna e Valle d’Aosta che sono state scelte per realizzare le prime due regioni all digital in Italia?

 

R. La Sardegna e la Valle d’Aosta sono state scelte perché sono le regioni più isolate dal punto di vista radioelettrico ed è possibile gestire in modo unitario questo tipo di passaggio. Abbiamo articolato la transizione verso il digitale in 2 fasi: la prima fase che vedrà l’estensione della TDT alla copertura del segnale televisivo attuale. Il passaggio al digitale deve avvenire in modo coordinato ed è importante gestire un piano di comunicazione molto integrato che convinca le famiglie a dotarsi di decoder perché, a partire dal 1 gennaio, chi non avrà il decoder non potrà guardare la televisione. In Italia abbiamo un bassissimo livello di interventi per problemi di assistenza e sui 3 milioni di decoder siamo al di sotto del 5%.

I contributi per i decoder sono di 70 euro, per queste regioni c’è un ulteriore contributo di 20 euro proveniente dal fondo di 10 milioni di euro che la finanziaria dello scorso anno ha destinato alle aree all digital, che porta il contributo totale a 90 euro e porta l’impegno dei produttori a mettere in distribuzione in queste regioni decoder che costino praticamente da 0 a 9 euro.

 

K4B. La TDT è vista come un’opportunità per superare la situazione di duopolio che caratterizza la tv analogica in Italia. Allo stato attuale, si sta procedendo verso un mercato più aperto?

 

R. Parlerei di fatti concreti. Con il digitale terrestre si è aperto uno scenario competitivo in cui La7 di Telecom sta avendo un ruolo molto attivo rispetto a quello che aveva nell’ambiente analogico e insieme a Mediaset si muove con le offerte delle carte prepagate e con l’offerta in chiaro con un ruolo da protagonista e sicuramente più importante di quello che aveva prima. Anche le emittenti locali, con la prospettiva della regionalizzazione, hanno evidentemente un ruolo più importante. Se vogliamo parlare di soggetti nuovi basta pensare all’iniziativa di TF1 e Tarak Ben Ammar, il Gruppo l’Espresso e Rete A che ha reso possibile ad un editore di carta stampata di entrare nel settore televisivo, cosa che non avrebbe potuto fare in precedenza per la legge Mammì e che oggi diventa un soggetto che potenzialmente ha tutti i mezzi per competere.

Mi sembra che il digitale abbia aperto possibilità per chi vuole investire, non per chi vuole essere assistito, così chi ha una presenza importante nel settore televisivo come Rai e Mediaset non si tira indietro.

 

K4B. Sky ha presentato un ricorso alla Commissione Europea contro i finanziamenti per l’acquisto di decoder di digitale terrestre accordati dal governo nelle finanziarie per il 2004 e 2005 e li definisce un modo per favorire gli operatori già presenti sul mercato, paragonandoli ai contributi per l’attivazione delle linee Adsl. Questi finanziamenti rappresentano un privilegio per la piattaforma di digitale terrestre?

 

R. I finanziamenti per il digitale terrestre sono andati a 36 imprese diverse che rappresentano dei costruttori industriali, così come i finanziamenti per l’Adsl ne hanno permesso la crescita fino a portarci dagli ultimi ai primi posti in Europa. Che poi gli operatori come Mediaset e Telecom si avvantaggino dalla diffusione di questa tecnologia mi sembra evidente, ma credo che compito di chi governa un paese sia quello di sostenere anche l’inizio di queste operazioni in modo significativo.

E’ chiaro che non può essere un modello sistematico quello di sostenere il digitale terrestre fino allo switch-off completo, ma un sistema di questo tipo ha permesso un tale crollo dei prezzi al dettaglio che mette in condizione l’utente di pagare oggi i decoder a meno di quanto costavano un anno fa con il contributo e di avvicinarsi ad una nuova tecnologia con costi contenuti.

 

K4B. La televisione digitale terrestre in Italia si pone in concorrenza con l’offerta satellitare di Sky?

 

R. Capisco le ragioni di Sky Italia, nel senso che per chi ha lavorato in una situazione di monopolio di fatto, trovarsi con 1 o più concorrenti sulle offerte a pagamento rappresenta un problema, ma sono fermamente convinto che ci sia spazio per tutte le piattaforme.

In tutti i paesi del mondo l’offerta di Sky è un’offerta a pagamento importante e molto costosa e si rivolge a quelle classi sociali per redditività economica possono permettersi di pagare un canone rilevante. Il digitale terrestre si rivolge a tutti coloro che non hanno questa disponibilità economica. Se Sky conta 3 milioni di abbonati vuol dire che ci sono le altre 17 milioni di famiglie italiane che non possono accedere. Le ragioni di Sky ci sono, ma bisogna trovare i termini di un’intesa e siamo tanto convinti che lo spazio ci sia.

 

K4B. L’Italia ha fissato lo switch-off per il 2006, cioè tra circa 15 mesi, prima di tutti gli altri paesi europei. Sarà davvero possibile spegnere le trasmissioni analogiche per questa data, considerando che per ora solo poco più del 15% delle famiglie italiane sono dotate di decoder?

 

R. La data del 2006 fu fissata nel 2001 da una legge che poi ha dato il via a tutto il digitale terrestre, ma poi, fino all’approvazione della legge Gasparri, per 2/3 anni sono mancati gli strumenti legislativi, amministrativi e direi addirittura politici per affrontare la data del 2006. Strumenti che sono disponibili da 15 mesi, dall’inizio del 2004, e le imprese hanno potuto cominciare a investire in modo significativo per costruire la rete e per costruire l’offerta.

La strada regionale e l’anticipazione dello switch-off in alcune regioni è, a nostro avviso, la strada da intraprendere con decisione perché se attraverso il Ministero e l’Autorità si riesce ad arrivare alla definizione di tappe per aree omogenee ben cadenzate anche lo spostamento della data al 2008 e 2010 non diventa una questione ideologica drammatica. Quello che interessa di più alle imprese non è quando arrivarci, ma come arrivarci. Anche oggi stabilire una data diversa senza dire che queste sono le tappe prioritarie significherebbe non affrontare il problema. L’importante è dire quando ci sarà questo passaggio in Umbria, in Calabria o in Piemonte così come per le 2 regioni all digital.

Tutte le imprese si stanno adoperando per individuare un percorso per arrivare allo switch-off. Probabilmente si individueranno un altro paio di regioni entro il 2006 per poi accelerare le tappe successive per completare il passaggio alla televisione digitale.

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