Innovazione, competitività, tutela dei brevetti, proprietà intellettuale. Intervista a Mario Calderini del Politecnico di Torino (2a Parte)

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INTERVISTA


Mario Calderini

 

K4B. Prof. Calderini, lei citava la possibilità della nascita di un marketing universitario per il trasferimento tecnologico. Il quadro che ci ha fatto nella scorsa puntata relativamente alla capacità di valorizzazione da parte dell’università delle sue stesse invenzioni, non sembra essere all’altezza delle richieste che provengono dal mercato. Come pensa possano incidere allora favorevolmente queste nuove competenze di marketing high-tech all’interno delle università?

 

R.    Devo dire che non sono convinto che questo genere di competenze possano nascere dall’interno delle università italiane. Ad esempio la storia di Torino ci insegna che queste professionalità sono riuscite a lavorare bene all’interno di una struttura para-universitaria come Torino Wireless.

 

Inoltre per attirare queste professionalità occorrono risorse finanziarie importanti. Torino Wireless è un caso di eccellenza nella gestione di una fetta importante di brevetti del Politecnico di Torino grazie alla disponibilità finanziaria che ha saputo raccogliere e al fatto di aver messo persone di eccellente professionalità nelle condizioni di lavorare al meglio per valorizzare i brevetti gestiti. Mi riferisco in particolare alle competenze del Dott. Massimiliano Granieri, oggi a capo della strategia di Intellectual Property & Technology Transfer di Torino Wireless, che aveva un ruolo chiave nel Technology Transfer Office dell’Università di California.

 

Infine, in Italia, non esiste ancora di fatto una seria formazione post-universitaria dedicata al management delle tecnologie. Non bastano gli ingegneri a gestire i portafogli brevetti e gli spin-off. Per creare i ¿manager della tecnologia¿ occorrono dottorati ad-hoc e business school nelle stesse facoltà di ingegneria.

 
 

K4B. Le società di consulenza sembrano cominciare a interessarsi al lancio di industry interne di carattere ¿universitario¿, volte a creare condizioni di sostenibilità per la rivendibilità della brevettazione universitaria a livello europeo e mondiale. Non trova un¿occasione mancata che, durante la Triple Helix5, di società di consulenza se ne siano viste un po¿ pochine?

 

R.    Credo che una soluzione del genere sia interessante e anche io nel mio lavoro ho notato qualche debole, ma concreto, segnale di interesse da parte delle società di consulenza. Non è in verità una novità visto che negli Stati uniti le grandi società di consulenza si rivolgono con grande attenzione se non altro al mercato dei post graduate students, non solo per motivi di hunting per il loro personale interno, ma anche per temi di gestione di brevetti di imprese clienti.

 

Credo che in Italia ci sia in verità un po¿ di strada ancora da fare da entrambe le parti in termini di sintonia, per evitare di ¿cacciare¿ i post graduate students per soli interessi di progetto business oriented. Farebbero insomma un errore, le società di consulenza, a rivolgersi a questo tipo di collaborazione con un¿ottica solo di mercato e di breve periodo. Buona l’idea di collaborare e di avviare delle faculties sul tema brevetti in seno al mondo della consulenza, buona la direzione che il reciproco interesse sta prendendo, ma probabilmente ci vorrà ancora qualche anno perché le due impostazioni culturali siano davvero pronte a interfacciarsi, creando e non distruggendo valore, l’una verso l’altra.

 

Da questo punto di vista mi rammarica effettivamente un poco l’assenza di esponenti di rilievo della consulenza internazionale alla conferenza di Torino, a dimostrazione che questo fine tuning di obiettivi e di linguaggi comuni deve ancora essere raggiunto. Mi riferisco in parte, però, anche al mondo dell’impresa e della Pubblica Amministrazione che certamente avrebbero potuto ascoltare e imparare molto sul futuro delle università internazionali, con le quali loro stessi chiedono spesso e a gran voce di collaborare.

 

Quelli che sono venuti comunque, anche se ancora pochi, sono certamente un¿avanguardia illuminata e questo dimostra che un certo tipo di società è disposta a spendere quel costo di accesso, e cioè presentazioni di alto valore scientifico, che non sono necessariamente astratte o vaghe, ma spesso veicolano contenuti spendibili anche da un¿impresa business oriented.

 
 

K4B. Cosa le lascia di positivo questa conferenza, avendo di fatto attirato l’intellighenzia della ricerca scientifica internazionale in ambito innovazione tecnologica?

 

R.    Direi che questa conferenza è stata un¿ottima esperienza per il confronto tra le politiche innovative oggi presenti nel mondo. Nei quattro giorni c’è stata la possibilità di meglio approfondire i modelli di politica dell’innovazione d’eccellenza come nel caso cinese, indiano, americano e europeo. Su uno dei temi oggi centrali per l’economia globale, l’economia dell’innovazione appunto, Torino è stata la sede della più importante conferenza mondiale su questo tema e mi piace molto il significato simbolico che tutto questo rappresenta per una città come la mia, che in questo momento sta cercando di darsi un nuovo volto strettamente legato alla società della conoscenza, dopo quello che ha avuto, da protagonista, nella società industriale.

 

A mio parere inoltre anche a livello regionale e nazionale è stato veicolato il messaggio che c’è un mondo universitario, imprenditoriale e governativo che studia seriamente un certo tipo di cose e che da questo studio possono uscire delle azioni politiche più scientificamente e culturalmente fondate, robuste e con speranze di concreto successo. Dopo che questo paese ha preso finalmente coscienza del problema dell’innovazione facendo il primo passo e cercando alternative alle leve competitive più tradizionali, costo del lavoro, mercati protetti, fiscalità allegra, è ora il momento di sperimentare la leva più difficile, che è quella dell’innovazione.

 

Ora c’è quindi il secondo passo da fare e cioè come rendere la politica dell’innovazione un vantaggio competitivo sostenibile per la nostra industria, facendo tesoro delle esperienze di quei paesi che hanno percorso delle straordinarie storie di sviluppo, basate su semplici ma efficaci politiche dell’innovazione.

 

Per leggere la prima parte dell’articolo:

 

Innovazione, competitività, tutela dei brevetti, proprietà intellettuale. Intervista a Mario Calderini del Politecnico di Torino (clicca qui)

 

 (L.D.)

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