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Instant Meeting. Favorire gli investimenti nel settore, sviluppare private equity e venture capital. L’intervento di Oscar Cicchetti (Netscalibur)

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Buongiorno a voi tutti.

Netscalibur è un Internet Center ed una Telehouse, serviamo circa 500 clienti di dimensioni medio grandi, 100 Carrier e 400 clienti Corporate. Forniamo reti integrate Full IP outsourcing di servizi e sistemi IT. Siamo una società indipendente dai Carrier e dai Vendor di hardware. Infine, non possediamo reti quindi siamo un’azienda di servizi; siamo 60 persone, con prevalenza di tecnici, abbiamo un fatturato di 15 milioni ed un utile netto del 3.5% rispetto al fatturato. Infine, cresciamo all’incirca del 10% all’anno.

 

Il principale gap del nostro Paese nel mondo dell’ICT si legge guardando alla spesa ridotta in Information Technology da parte delle nostre aziende, che oggi in Italia rappresenta l’1.8% del PIL, contro il 3 e 4 % di Francia e UK.

E’ questo a mio avviso il vero digital divide italiano, oltre o forse più della mancanza di ADSL nel piccolo paese di provincia in Calabria o in Abruzzo.

Perché è grave la spesa ridotta nell’ICT? Perché tutte le analisi macroeconomiche confermano che ICT uguale a produttività e competitività di singole aziende, di industry o di interi Paesi.

Se le nostre aziende investono e spendono poco in Ict, questo vuol dire che stanno perdendo competitività nei confronti dei loro competitor europei.

Che cosa si può fare e che cosa può fare la politica ed il Governo in questo senso?

Si può intervenire sul lato della domanda, qualificando e sostenendo ad esempio la domanda della Pubblica Amministrazione e si può andare nella direzione di forzare upgrading tecnologici da parte delle imprese. Si possono intraprendere azioni sulla fiscalità: ancora oggi una piccola e media azienda italiana può facilmente trovare del medio credito per comprare un tornio o un attrezzo industriale ma non lo trova per cambiare il proprio hardware. La Sabatini funziona soltanto per i beni stabili e quindi funziona soltanto su investimenti materiali e non su investimenti immateriali.

 

Il Governo può intervenire anche sul lato dell’offerta, dove vanno seguiti due indirizzi: quello di consolidamento e quello dell’innovazione. Il consolidamento è necessario laddove c’è bisogno di economie di scala, reti, outsourcing; l’innovazione serve dove c’è bisogno di “cose piccole e creative“, si pensi ai settori dei contenuti digitali ed applicativi specializzati.

Un ultimo tema è la politica delle fonti, non tanto sul debito (dove non ci sono cose specifiche che riguardano l’hi-tech e si registrano carenze del sistema bancario nazionale a sostenere sviluppo e crescita) quanto sulle problematiche dell’equity.

 

Nel settore dell’ICT c’è ancora bisogno di capitale di rischio.

Molte finanziarie regionali si sono messe ad investire direttamente in aziende, credo che questo sia un gravissimo errore. C’è chi invece lo fa di professione e sono i private equity ed i venture capital. Oggi l’investimento dei venture capital in Italia nel settore hi-tech è di 1/3 rispetto a quello di Francia e UK.

Vanno quindi favoriti questi strumenti di investimento. Per favorirli serve molto poco. Serve una riforma del diritto fallimentare, richiesta peraltro dal settore da molto tempo, e serve probabilmente un intervento sulla fiscalità.

Questo nuovo governo ha scelto come bandiera quella del riequilibrio della tassazione tra rendite e profitti e lavoro. Ha poi anche suggerito una selettività nell’applicazione del riequilibrio sia nei confronti del cuneo fiscale che sulle rendite.

La rendita da investimento in private equity e venture capital può sicuramente essere l’ultima delle rendite soggetta ad un rialzo dei tassi.

 

(Testo ricavato da trascrizione audio)

Consulta il profilo Who is Who di Oscar Cicchetti

    

Instant Meeting – Roma, 4 Luglio 2006

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