Frequenze: broadcaster in difesa dei 700 Mhz, ma il tesoretto è un altro

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La battaglia dei broadcaster per conservare al digitale terrestre le frequenze a 700 Mhz ha scarse chance di riuscita. Il vero obiettivo sarebbe invece ottenere garanzie sulla conservazione della banda a 600 Mhz.

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La battaglia dei broadcaster per conservare al digitale terrestre le frequenze a 700 Mhz destinate al mobile ha scarse chance di riuscita. I broadcaster questo lo sanno e molto difficilmente avranno modo di incidere e modificare decisioni già prese nel consesso internazionale, che intendono destinare i 700 Mhz alla banda larga mobile.


Ma il punto vero è che questa battaglia “consapevolmente perdente” dei broadcaster in difesa dei 700 Mhz potrebbe nasconderne un’altra, ben più strategica per il digitale terrestre, e che riguarda un’altra banda di cui non si parla apertamente, ma che potrebbe essere il vero tesoretto da difendere per i broadcaster.

 

Il tesoretto da difendere

Si tratta della banda a 600 Mhz, già destinata alle emittenti televisive, il cui utilizzo per il digitale terrestre finora non è mai stato messo in discussione dagli organismi internazionali. L’obiettivo vero dietro al cancan sollevato sui 700 Mhz sarebbe quindi la volontà di incassare garanzie certe sulla destinazione al digitale terrestre fino al 2030-2032 dei 600 Mhz.


700 Mhz: uso co-primario già deciso dall’Itu 

L’apertura all’uso co-primario dei 700 Mhz in coabitazione con le telco è già stato fissato dall’Itu, ed entrerà in vigore il 27 novembre del 2015, in occasione della  World Radiocommunication Conference (WRC). La decisione è stata presa e i broadcaster dovranno adeguarsi, secondo quanto risulta a Key4biz su questo non ci saranno sorprese. L’unico modo per incidere su questa decisione sarebbe a livello di singoli governi, che tuttavia possono decidere la destinazione della banda 700 (Lte o digitale terrestre) soltanto a livello nazionale ma non possono certo condizionare le regole internazionali e le decisioni degli altri governi.

 

Ma difficilmente il pressing dei broadcaster potrebbe cambiare le carte in tavola sull’uso co-primario della banda a 700 Mhz, anche perché dal punto di vista tecnico il mantenimento in Italia di canali televisivi sui 700 Mhz dopo il 2015 rischia di creare interferenze nei paesi confinanti. Ad esempio, la Tunisia ha già deciso (come tutto il Nord Africa) di destinare i 700 Mhz all’Lte e ha già pronto un piano frequenze con risorse alternative per il digitale terrestre a partire dall’anno prossimo.

 

Situazione in Italia

In altre parole, se Mediaset, Dfree o Telecom Italia, che dispongono di canali televisivi in digitale sulle frequenze a 700 Mhz, decidessero di continuare a trasmettere dopo il 2015, sarebbero probabilmente costrette a chiedere loro stesse di spostarsi, perché andrebbero incontro a problemi di interferenze. Al limite, per semplificare le cose, il periodo di transizione prima del definitivo passaggio della banda a 700 Mhz alla banda larga mobile potrebbe essere prolungato fino al 2018-2020. Ma non troppo oltre anche perché la fame di banda larga cresce costantemente. 

 

C’è da dire, infine, che il superamento delle interferenze delle nostre emittenti televisive nei paesi confinanti (Croazia e Slovenia in primis) è una delle priorità del Governo italiano. Il riordino del piano frequenze è in fase di completamento e di certo sulla ripartizione peserà il fatto che in Italia ci sono 30 multiplex per il digitale terrestre, di cui 20 nazionali e 18 regionali, a fronte dei 7-8 mux televisivi in Francia e dei 4 mux nel Regno Unito, dove l’orientamento è quello di ridurli ancora.