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Telco a corto di spettro: anche la Francia guarda alle frequenze della Difesa

Francia


Come l’Italia, anche la Francia è pronta a sperimentare l’uso condiviso delle frequenze della Difesa per la banda larga mobile. Joelle Toledo, ex commissario dell’Arcep (l’Agcom francese), ha presentato un report al ministro della digitalizzazione Axelle Lamaire, che da aprile ha preso il posto di Fleure Pellerin che si è spostata al Commercio Estero, per proporre la sperimentazione del metodo Licensed Shared Access (LSA) sulla banda a 2,3 Ghz e 2,4 Ghz, che non è armonizzata a livello europeo, oggi assegnata alla Difesa in Francia.

 

Tavolo Mise-Difesa in Italia 

Una proposta analoga per l’apertura di un tavolo fra Mise e Ministero della Difesa è stata avanzata lo scorso mese di aprile in Italia dal commissario Agcom Antonio NicitaIl tavolo è partito e si stanno valutando le bande a 2,3-2,4 Ghz e quelle a 3,6-3,8 Ghz. C’è da dire che in Italia la presenza dei militari su queste bande è molto limitata. In dettaglio, le bande a 2,3-2,4 Ghz è per usi applicazioni wireless e Nicita ha proposto allo studio la possibilità di introdurre forme di sharing anche in quel contesto, sebbene vada prima chiarito chi sia davvero l’incumbent. Analoghe forme di sharing possono essere introdotte per la banda 3,6-3,8 Ghz dove alcuni operatori, fra cui RaiWay, le usano per ponti radio per usi televisivi.


Il caso francese 

La condivisione dinamica dello spettro potrebbe contribuire a superare la carenza di frequenze e favorire l’innovazione tecnologica in vista della moltiplicazione degli oggetti connessi, che nei prossimi anni cresceranno in maniera esponenziale di pari passo con la diffusione capillare di smartphone, tablet, dell’Internet delle cose, dei droni e dei wearable. Lo scrive Les Echos, precisando che l’uso condiviso dello spettro radio è uno dei tanti mezzi allo studio per superare il problema della carenza di risorse spettrali per la banda larga mobile, destinato a favorire l’ingresso di nuovi entranti sul mercato.

 

Gli autori del report prevedono la partecipazione al test di almeno un operatore mobile, di diversi fornitori di infrastrutture e service provider (fornitori di sistemi e database di informazione geografica) e stimano costi complessivi per il test non superiori ai 100 mila euro. 

 

Secondo dati di Ericsson, il traffico dati in mobilità è destinato a decuplicare fra il 2013 e il 2017. Saranno circa 50 miliardi gli oggetti connessi nel 2020, a fronte dei 5 miliardi del 2012.

 

Spettro risorsa scarsa

Trovare nuove risorse è quanto mai urgente in tutta Europa. In Italia il fabbisogno per la banda larga mobile è stato stimato in circa 500 Mhz. Il report francese parla chiaro: “Il numero di nuovi entranti e il fabbisogno di spettro che hanno sono senza precedenti. Nel frattempo, non ci sono più frequenze disponibili sulle bande normalmente utilizzate comprese fra i 400 Mhz e i 6 Ghz. Inoltre, diventa sempre più complicato destinare delle nuove bande a usi specifici”. 

 

Ad oggi, militari e canali televisivi passati al digitale hanno condiviso o ceduto risorse agli operatori tlc. Il refarming delle frequenze e gli investimenti tecnologici per adattare i ripetitori e le stazioni base costano caro.

 

In attesa dell’attribuzione onerosa di nuove frequenze alle telco sulla banda dei 700 Mhz, Parigi sta meditando su come sfruttare al meglio le porzioni dello spettro libere da licenza, che diversamente da quelle in mano agli operatori Tlc non portano soldi nelle casse dello Stato.

 

Modello Wi-Fi, 4G e 5G

Secondo Les Echos, il modello è quello del Wi-Fi, che funziona sulle bande libere sui 2,4 Ghz e 5 Ghz, ampiamente sfruttato soprattutto negli Usa dove ha consentito agli operatori di risparmiarsi la realizzazione fra 150 mila e 450 mila stazioni base in più per sostenere la crescita del traffico mobile.

 

Un’altra fonte di ispirazione sono il 4G e il 5G, standard mobili che puntano sull’aggregazione di frequenze disgiunte: da quest’anno, Orange e Bouygues Telecom metteranno a fattor comune le risorse sugli 800 Mhz con quelle sui 1800 Mhz o sui 2,6 Ghz per creare una banda virtuale più ampia, moltiplicando così la capacità dell’Internet mobile. Con il 5G le possibili combinazioni di frequenze aumenteranno ancora, di pari passo con la possibilità di accesso tramite microcelle. In questo modo il segnale radio diventerà ‘cognitivo’: le antenne intelligenti saranno in grado di verificare il numero di utenti e la rete sarà capace di riconfigurarsi in automatico, allocando le risorse in base alla necessità. Questo modello di condivisione dinamica dovrà garantire una qualità di servizio costante gestendo le possibili interferenze.

 

E’ questo lo scenario futuro in cui si inserisce la proposta degli autori del report sul Licensed Shared Access (LSA) sulla banda a 2,3 Ghz e 2,4 Ghz appena presentato all’Arcep, che in collaborazione con l’Agenzia nazionale delle frequenze (ANFR) e il ministero della Difesa dovrà decidere compe prcoedere.   

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