YouTube fa marcia indietro: più tempo alle etichette indipendenti per evitare lo sfratto

di Alessandra Talarico |

Caso chiuso? Non proprio visto che secondo alcune fonti YouTube non intenderebbe desistere dalla minaccia di bloccare i video se non si arrivasse a un accordo.

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Gli attacchi frontali delle scorse settimane e la prospettiva dell’apertura di una nuova indagine da parte dell’antitrust europeo hanno spinto YouTube a concedere più tempo alle etichette indipendenti per negoziare i termini dei nuovi contratti imposti dalla società in vista del lancio del nuovo servizio musicale a pagamento ed evitare così di arrivare a eliminare dal sito i video degli artisti delle case discografiche che avevano deciso di non sottoscriverli.

 

Due settimane fa circa, la piattaforma di video-sharing di proprietà di Google, aveva avvertito le etichette ‘ribelli’ che i loro video sarebbero stati banditi dal sito.

Ma il clamore suscitato dalla decisione – che avrebbe estromesso da YouTube artisti del calibro di Adele, Jack White e Franz Ferdinand –  ha spinto la società a fare dietro front e a dare più tempo per negoziare una soluzione.

Caso chiuso? Non proprio visto che secondo alcune fonti citate dal Financial Times, YouTube non intenderebbe desistere dalla minaccia di bloccare i video se non si arrivasse a un accordo.

 

YouTube si appresta a lanciare un servizio di musica in streaming a pagamento, in concorrenza a Spotify e Deezer, ma a differenza dei rivali avrebbe proposto condizioni economiche non negoziabili e decisamente più svantaggiose per le case discografiche.

L’associazione IMPALA, che riunisce circa 4 mila etichette indipendenti, ha quindi deciso di chiedere l’intervento dell’antitrust europeo per valutare se vi siano gli estremi per una violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza.

Il Commissario Joaquín Almunia, in risposta, ha fatto sapere che potrebbe essere aperta un’indagine se YouTube tentasse di abusare della sua posizione dominante nel mercato della musica online.

YouTube, dal canto suo, si era difesa affermando che solo il 10% delle etichette indipendenti non ha accettato i nuovi termini contrattuali e sottolineando che la proposta fatta alle etichette indipendenti è “equa e coerente coi prezzi dell’industria”.