Semestre di presidenza Ue, la #WebTax torna sul tavolo di Renzi

di Raffaella Natale |

Al convegno a Montecitorio su economia digitale, l’on. Francesco Boccia riporta all'attenzione del premier l’urgenza della Web Tax.

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Parte oggi il Semestre di presidenza italiana della Ue. Uno degli argomenti più caldi del quale dovrà occuparsi il premier Matteo Renzi è sicuramente quello dell’economia digitale e del fisco.

La Web Tax, fortemente voluta dal Presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, sarà centrale in questo confronto, visto che resta sempre in sospeso la disposizione, inizialmente introdotta nella Legge di Stabilità, che prevede l’obbligo di partita Iva italiana per le società che operano sul mercato dell’eAdvertising, che Renzi ha voluto spostare a livello europeo.

La norma che introduce la tracciabilità dei pagamenti per i servizi online è invece già in vigore dal 1° gennaio 2014.

Boccia si aspetta che “la Web Tax sarà una priorità di questo semestre“. Il parlamentare del Pd lo ha detto molto chiaramente ieri, intervenendo al convegno ‘Economia digitale e industria culturale’ che si è tenuto nel pomeriggio a Montecitorio.

Presenti anche due nomi di spicco come Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo l’Espresso, e Fedele Confalonieri, a capo di Mediaset, in prima linea nella battaglia contro questo sistema fiscale che permette agli Over-The-Top, le grandi multinazionali del web come Google, Apple, Facebook e Amazon, di bypassare il fisco.

I lavori sono stati aperti dal rettore dell’Università di Bari e ordinario di diritto tributario, Antonio Uricchio che ha dichiarato senza mezzi termini che “internet non può essere una ‘no landa tax’.

 

Francesco Boccia: ‘Web Tax priorità del semestre di presidenza Ue’

Boccia, rispondendo all’appello che De Benedetti e Confalonieri hanno rivolto al Presidente del Consiglio riguardo alle necessità di prevedere un sistema di tassazione anche per le web company, ha dichiarato: “Sono convinto che il premier, Matteo Renzi, ponga la questione della Web Tax come prioritaria per il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Ue, perché è una questione di civiltà per l’Europa“.

Il Presidente della Commissione Bilancio ha ricordato che “la Web Tax è stata chiamata così dalle multinazionali del web nel tentativo di farla passare come una tassa, non è mai stata tale. Era semplicemente una norma che equiparava le multinazionali del web a qualsiasi altra impresa. L’Iva non è una nuova imposta. Lo è, forse, solo per chi non la paga. Ma per le migliaia di imprese italiane, francesi, tedesche che operano nei rispettivi paesi, l’Iva – o Vat, che dir si voglia -, è l’imposta indiretta con la quale si sostiene anche il funzionamento della stessa Europa. Se proprio le si vuole dare un nome, la si chiami piuttosto ‘Freedom Tax’, dal momento che la libertà di non pagare le imposte delle multinazionali, si scontra con la necessità delle imprese italiane di pagarle e di non subire concorrenza sleale”.

Nell’ambito della conferenza permanente sul fiscal compact, in programma in Italia il 29 e 30 settembre prossimi nell’ambito semestre europeo a presidenza italiana, sosterrò – ha ribadito Boccia – la necessità di una sessione ad hoc su fisco ed economia digitale”.

“Economia reale ed economia digitale – ha precisato – non possono essere mondi distinti, dimensioni che hanno rapporti differenziati con lo Stato e i territori. Il semestre europeo sia per questo l’occasione per lanciare un Equity Act che unifichi economia reale e quella digitale”.

L’esponente del Pd ha ricordato a proposito che una multinazionale come la Coca Cola deve aprire una partita Iva se vuole essere presente in uno dei Paesi dell’Unione Europea, mentre questo non accade per chi è presente su Internet.

“Il fatto – ha proseguito Boccia – che due fra principali editori italiani come Confalonieri e De Benedetti, siano d’accordo sulla necessità di un Equity Act, è un’ulteriore conferma che il governo e il Parlamento devono completare l’iter iniziato con la Legge di Stabilità del 2014″.

 

Carlo De Benedetti (L’Espresso): ‘Su Web Tax, Renzi mantenga le promesse’

“Da Renzi ci aspettiamo quello che aveva promesso, cioè che il problema venisse risolto in chiave europea. Ovviamente, la Presidenza di turno del Consiglio dell’Ue è un’occasione buona per farlo”, ha detto Carlo De Benedetti, riferendosi alla Web Tax.

“La cosa che bisogna distinguere è ‘internet’ da ‘chi guadagna e lavora su internet’“, ha sottolineato, indicando che “Imprese come Google e Facebook sono straordinarie però si presentano come società tecnologiche e questo è assolutamente fuorviante: sono infatti delle aziende commerciali che nulla hanno a che vedere con la tecnologia. Fatturano sul mercato italiano ed è quindi giusto che paghino le tasse nel nostro Paese”.

Per il numero uno del Gruppo L’Espresso, inoltre, “queste aziende hanno un rapporto privilegiato con l’amministrazione americana, in particolare con quella attuale di Obama, perché rappresentano le nuove multinazionali che hanno un potere enorme e che vengono utilizzate dal governo statunitense, anche nelle campagne elettorali e per esportare il made in Usa”.

 

Fedele Confalonieri (Mediaset): ‘Ci stiamo impoverendo per colpa degli OTT’

“Dalla presidenza italiana del Consiglio dell’Ue – ha detto Confalonieri – mi aspetto una reazione in merito alla Web Tax e spero quindi che Renzi, oltre all’annunciata flessibilità, porti a casa qualche risultato su questa tematica”.

“I cosiddetti Over-The-Top – ha indicato – stanno facendo una concorrenza sleale perché non c’è una parità di trattamento con gli operatori tradizionali come noi a livello fiscale. Quello che chiedo è quindi che abbiano lo stesso trattamento nostro”.

Il presidente di Mediaset ha poi osservato: “Possiamo chiamare questa tassa come vogliamo, non importa, ciò che conta è che venga messa perché questi signori stanno facendo pirateria e rappresentano il nuovo colonialismo”.

Quanto all’ipotesi di una multa da infliggere agli OTT, linea sulla quale si è già orientata la Francia e il premier Manuele Valls, Confalonieri ha sottolineato che “qualsiasi misura è bene accetta perché noi ci stiamo soltanto impoverendo”.

“La chiamino Carolina – ha ironizzato Confalonieri – basta che la mettano“. Il presidente di Mediaset ha tenuto a sottolineare che non si tratta “solo di un fatto fiscale” ma anche di condizioni diverse tra le OTT e i produttori di contenuti.

Gli editori devono sottostare ad esempio a ‘limiti di affollamento’, ‘limiti di quote Ue’ che fanno saltare la “concorrenza reale“. Se “il fatturato lo fai con la pubblicità è il ragionamento – non puoi avere un regime diverso. Questi piratano contenuti e fanno gli editori con i contenuti degli altri“.

 

Antonio Uricchio (Università di Bari): ‘Internet non sia una no tax land’

“Occorre prendere atto – ha detto Antonio Uricchio rettore dell’Università di Bari e ordinario di diritto tributario aprendo il convegno – che internet non può restare una no tax land. Appare evidente l’esigenza di porre termine alla moratoria fiscale voluta verso la metà degli anni ’90, essendo venuto meno lo scopo che l’aveva ispirata (quello di favorire la diffusione di internet) in considerazione dell’elevato numero di utenti e di accesso alla rete. Si può quindi ritenere giunto il momento di istituire e applicare nuove forme di prelievo volte a colpire le diverse forme di ricchezza che la rete è in grado di generare dando – ha concluso – un nuovo assetto alla fiscalità di internet e restituendo equità al sistema impositivo”.

 

Asimmetrie tra broadcaster e OTT

In effetti, esistono forti asimmetrie tra broadcaster e OTT e servono nuove regole, soprattutto a livello europeo, per risolvere questo nodo e predisporre un sistema di tasse equo per l’economia digitale.

La competizione appare, al momento, fortemente sbilanciata a vantaggio dei newcomer, spesso rappresentati da multinazionali di internet dotate di forti capacità di penetrazione del mercato e scarsa propensione al rispetto delle normative fiscali locali.

Giusto qualche settimana fa il Gruppo di esperti ha consegnato alla Commissione Ue il proprio Rapporto in materia e in Italia la Commissione Finanze della Camera ha avviato un’indagine conoscitiva.

Ovviamente da parte di tante multinazionali, soprattutto web company, non c’è nulla d’illegale nelle pratiche di ottimizzazione fiscale. Si tratta semplicemente si fruttare le lacune delle varie legislazioni per spostare i capitali nei Paesi dove la tassazione è più vantaggiosa. Spesso si adotta la cosiddetta strategia del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto ai Caraibi.

Giusto per fare un esempio, nel 2012 Google ha fatturato 50 miliardi di euro nel mondo e ha versato in Italia imposte pari a 1,8 milioni; Facebook 5,1 miliardi e ha pagato nel nostro Paese 132 mila euro di tasse.

Apple ha registrato ricavi per 41,7 miliardi e versato in Italia tramite l’App Store 3 milioni di euro e Amazon ha fatturato 21,3 miliardi, sempre nel mondo, e ha pagato 950 mila euro di tasse nel nostro Paese.