Infrastrutture di rete: il percorso a ostacoli dell’Allegato 10. Intervista a Michela Terribile (TMT-Legal)

di di Alessandra Talarico |

Come stanno reagendo gli operatori del settore alla modifica dell’Allegato 10 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e soprattutto in che modo il Ministero dello Sviluppo Economico sta applicando la nuova norma?

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Michela Terribile

La modifica dell’Allegato 10 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (DLGS 259/2003), avvenuta col DL 145/2013 convertito in Legge 9/2014, ha aperto nuove opportunità per le aziende impegnate nel fornire connettività, introducendo, tra le altre cose, una importante deroga in materia di contributi amministrativi, sia per quanto riguarda la fornitura di reti pubbliche di comunicazioni sia per quella di servizio telefonico accessibile al pubblico. Sono state quindi ridotte le barriere economiche all’ingresso per le piccole e medie imprese, che possono dedicarsi a nuovi mercati senza investire cifre importanti per il contributo annuale. Se, ad esempio, un operatore decide di investire in un territorio ristretto con un target di 2.500 utenti, pagherà 900 euro contro i 27.500 precedenti.

Ma come stanno reagendo gli operatori del settore e soprattutto in che modo il Ministero dello Sviluppo Economico stia applicando la nuova norma? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Michela Terribile, founding partner di TMT-Legal, esperta in Diritto di Internet, delle Telecomunicazioni e delle Nuove Tecnologie.

 

 

K4B. Da cosa nasce l’esigenza di modificare il Codice a più di 10 anni dalla sua entrata in vigore?

 

Michela Terribile. Il decreto 145/2013 ha risposto ad una pressante richiesta degli operatori che mirasse a rendere i contributi amministrativi proporzionati e in linea con criteri soggettivi come il numero di utenti o il fatturato. La scriminante della copertura “potenziale” era infatti ritenuta lesiva della concorrenza e l’alta soglia di investimento era a certo svantaggio dei nuovi entranti e in grado di proteggere posizioni di potere dei grossi players. Inoltre, ciò che si è più volte evidenziato in tema di contributi amministrativi, era il fatto che l’architettura così concepita dal Codice non fosse in linea con le direttive europee ed in particolare con l’art. 12 della direttiva 2002/20/CE che al comma 1, lettera b), impone che i contributi amministrativi “siano imposti alle singole imprese in modo proporzionato, obiettivo e trasparente che minimizzi i costi amministrativi aggiuntivi e gli oneri accessori”.

 

K4B. Cosa si è fatto in concreto per facilitare l’ingresso nel mercato di nuovi operatori?

 

Michela Terribile. Proprio per abbattere le alte barriere all’entrata al mercato e raggiungere così un pieno regime di concorrenza coronando un percorso iniziato nel lontano 1997, si era resa necessaria una modifica della determinazione dei contributi affinché i nuovi operatori potessero “ammortizzare” una fase di inizio e sviluppo dell’attività con costi accessibili e investimenti proporzionati al volume d’affari realmente – e non potenzialmente – generato.  Fu così che a dicembre 2013 venne introdotta nel decreto Destinazione Italia, nell’ambito delle  “misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese”, la previsione che i contributi amministrativi per le imprese titolari di autorizzazione generale per l’installazione e fornitura di reti pubbliche di comunicazioni e per l’offerta del servizio telefonico accessibile al pubblico con utenti fino a 50.000 siano da calcolare in 300 euro ogni 1.000 utenti.

 

K4B. Un risparmio molto importante, quindi. Con quali conseguenze per gli investimenti nel digitale?

 

Michela Terribile. Non c’è che dire: una simile previsione è finalmente in grado di dare una spinta agli obiettivi previsti dall’Agenda Digitale stimolando gli investimenti anche da parte di piccoli operatori locali e al contempo ottempera ad un obbligo di legge europeo dal quale l’Italia si era fino ad oggi discostata. Ciò che è certo è che numerosi operatori stanno valutando la possibilità di diventare fornitori di reti pubbliche di comunicazioni, attività che sino a poco fa gli era preclusa a causa dell’eccessivo costo, alcuni hanno già inviato le richieste di autorizzazione, ed altri, che già operavano alle vecchie condizioni economiche, vogliono giustamente usufruire del paragrafo 1-bis) così da ridimensionare i costi in base ai loro reali utenti.

 

K4B. Qual è stata la risposta del Ministero dello Sviluppo economico?

 

Michela Terribile. In realtà, preoccupa come il Ministero stia reagendo a questo nuovo regime e come stia interpretando la norma, dal momento che non è ancora chiaro a quali condizioni vengano effettivamente concesse le autorizzazioni ai sensi del paragrafo 1-bis). Se da una parte i contributi amministrativi potranno inizialmente diminuire a causa dell’adeguamento al ribasso di imprese che versavano contributi più alti, dall’altra permetterebbe a operatori entranti di usufruire di un regime agevolato per sviluppare la propria attività e pagare in proporzione alle proprie capacità e al proprio volume di business. Non vi sono dubbi, infatti, che la previsione della soglia di un numero minimo di utenti, al di sotto della quale applicare un regime agevolato, vada interpretata in senso generale, lasciando poi la possibilità all’operatore di scegliere se usufruire del paragrafo 2) o 3), in alternativa all’1).

 

K4B. C’è il rischio di creare disparità tra gli operatori?

 

Michela Terribile. In fase autorizzatoria ad alcuni nostri clienti è stato risposto dal Ministero che il paragrafo 1-bis) potrà essere applicato solo a condizione che l’operatore svolga la sua attività su base nazionale e pertanto con una copertura potenziale superiore a 10 milioni di abitanti. Qualora tale copertura non sarà raggiunta si dovranno applicare i paragrafi 2) o 3). Se si volesse interpretare la norma introdotta come applicabile solo su base nazionale si verrebbe a creare il paradosso che chi opera su base locale con ad esempio 8 milioni di utenti andrebbe a pagare un contributo amministrativo considerevolmente inferiore a chi opera come operatore nazionale con appena mille utenti, è evidente che ciò non fosse nelle intenzioni del legislatore! Un tale approccio, oltre a proporre un parametro di riferimento obiettivo e facilmente misurabile, consente di non creare disparità di trattamento tra gli operatori di mercato oggi esistenti, e soprattutto non genera ingiustificabili differenze o diversità di trattamento tra soggetti nuovi entranti rispetto agli altri operatori.

 

K4B. Come si sta muovendo l’Agcom?

 

Michela Terribile. La ratio della riforma pare anche confermata da una linea d’azione più ampia che vede proprio in questi giorni, sottoposto a consultazione pubblica presso l’Agcom, uno Schema di Provvedimento recante “Criteri per la fissazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri”, il quale impone che i canoni per l’uso delle frequenze non saranno più dipendenti dal fatturato dell’operatore, bensì dal numero di frequenze in concessione. Sebbene in questo caso si tratti di contributi distinti da quelli amministrativi ai sensi dell’art. 34 del Codice, ciò non toglie che si basino su criteri identici, quali proporzionalità, non discriminazione e trasparenza, oltre a favorire la pluralità del settore.

 

 

K4B. Cosa manca, quindi, per sbloccare gli investimenti?

Michela Terribile. A questo punto ci si attende solo che si faccia chiarezza rapidamente, permettendo così agli operatori di pianificare investimenti e linee di attività senza incertezze e timori di doversi affidare alla Giustizia amministrativa per vedere affermati i propri diritti. Un’interpretazione ragionevole che guardi al futuro, come reale opportunità per il rilancio di un settore che dovrebbe essere il traino della nostra economia e invece ancora troppe volte lo si vuole ancorare a logiche preistoriche.