YouTube nella bufera per lo sfratto delle etichette indipendenti. Gino Paoli: ‘Solidarietà agli artisti’

di Alessandra Talarico |

Per il presidente Siae Gino Paoli, lo strapotere degli OTT mette in serio pericolo l'espressione artistica libera e indipendente.

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Il presidente della Siae, Gino Paoli, è intervenuto oggi nel merito della decisione di YouTube di eliminare dal sito i video degli artisti delle etichette indipendenti che hanno rifiutato di accettare contratti con condizioni economiche giudicate inaccettabili.

 “Desidero esprimere la mia piena solidarietà agli artisti – da Adele agli Arctic Monkeys – che si troveranno, di fatto, censurati da YouTube per meri motivi commerciali”, ha affermato Paoli, esprimendo forte dissenso per lo strapotere degli OTT che “in questi anni confusi e difficili…dettano legge” mettendo fortemente a rischio “l’espressione artistica libera e indipendente”.

“Se nel Medioevo gli artisti dipendevano dalla Chiesa e di conseguenza i quadri erano tutti a soggetto religioso, oggi i colossi dell’intrattenimento digitale sono ancora più spietati e diretti, azzerando tutte le voci dissonanti”, ha aggiunto Paoli.

 

Il blocco dei video degli artisti appartenenti alle etichette indipendenti ‘ribelli’ – dai Radiohead ad Adele e ai Sugar Ros – sarebbe questioni di giorni, ha confermato YouTube, che a sua volta si appresta a lanciare un servizio di streaming in abbonamento senza pubblicità. Il nuovo servizio consentirà di guardare video o ascoltare musica su qualsiasi dispositivo, anche non connesso a internet.

 

YouTube ha difeso la sua scelta e i contratti proposti alle ‘indie’ definendoli equi e in linea con i prezzi di mercato ma, secondo diverse fonti, le condizioni economiche offerte in vista del lancio del suo nuovo servizio, oltre che non negoziabili, sarebbero inferiori di un terzo rispetto a quelle proposte da Deezer o Spotify. Mentre infatti queste ultime propongono una remunerazione pari al 65-70% del prezzo al dettaglio (al lordo delle tasse e dei diritti d’autore), YouTube proporrebbe il 45%.

Alison Wenham, direttrice di WIN (Worldwide Independant Network) – associazione che riunisce le etichette indipendenti a livello mondiale – ha paragonato questa situazione a una condanna a morte, visto il peso di YouTube sul mercato della musica in streaming, spiegando che le condizioni imposte dal sito sono fuori da ogni logica di mercato, oltre che inutili e controproducenti.

 

La scorsa settimana, WIN e altre associazioni, tra cui IMPALA (Independent Music Companies Association) e FAC (Featured Artists Coalition) hanno tenuto una conferenza stampa a Londra per discutere di questa grave minaccia alla loro sopravvivenza sulla maggiore piattaforma mondiale di video-sharing.

 

“Rifiutando di ascoltare le preoccupazioni del settore musicale indipendente, YouTube sta commettendo un grave errore commerciale e di giudizio…la musica indipendente è importante per qualsiasi servizio di streaming…gli appassionati di musica vogliono un servizio che offra tutta la musica disponibile e altre società come Spotify e Deezer lo hanno compreso, instaurando un eccellente rapporto con le etichette indipendenti”, ha detto ancora Alison Wenham, smentendo quanto affermato da Robert Kyncl, responsabile dei contenuti della piattaforma, secondo cui solo il 10% delle etichette indipendenti non ha accettato i nuovi termini contrattuali.

“Apprezziamo che un piccolo numero di etichette indipendenti abbia accettato le condizioni imposte da YouTube: avranno le loro ragioni ed è loro diritto farlo, ma sono veramente una minoranza. La gran parte delle etichette indipendenti di tutto il mondo è delusa dalla mancanza di rispetto e comprensione mostrata da YouTube, a cui chiediamo ancora una volta di venire a parlare con noi”, ha concluso la direttrice di WIN.

 

La presidente esecutiva di Impala, Helen Smith, ha invece sottolineato l’urgenza di un intervento della Commissione europea, per impedire a YouTube di portare a termine le sue minacce.

“I negoziati dovrebbero essere condotti in maniera leale e costruttiva senza minacciare il blocco di contenuti per mostrare i muscoli e imporre termini altrimenti inaccettabili”, ha detto la Smith.