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AgID: serve un manager visionario che collabori con la Ue

Italia


Week-end dedicato all’aggiornamento di curricula e alla stesura delle linee programmatiche per l’espletamento dell’incarico: decine, forse centinaia di aspiranti alla poltrona di Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale hanno probabilmente trascorso così questo fine settimana, in modo da arrivare alla fatidica scadenza delle ore 23,59 del 15 giugno con tutte le carte in regola.

Come tutti i conclavi che si rispettano, anche in questo caso è già partito il toto-poltrona: testate cartacee e online in prima linea nel segnalarci le pole-positions e gli outsiders. Gran lavoro soprattutto in casa De Benedetti (e non sarà certamente una combinazione): “Repubblica.it” prima fra tutte ad annunciare il “siluramento” di Ragosa e – qualche giorno dopo – la prima rosa di papabili. Con tanto di svarioni sui nomi e sulle funzioni, a partire dal completamente sconosciuto Federico Moriondo di CSI Piemonte che poi si è scoperto essere il più noto Roberto Moriondo, Direttore Generale di Regione Piemonte, ex Presidente del CSI e attuale membro del Comitato di Indirizzo AgID in rappresentanza delle Regioni, e qualche altro piccolo errorino legato a candidature non in possesso di requisiti fondamentali per accedere a posizioni di alta direzione in ambito PA (laurea obbligatoria).

 

Diciamolo subito: piace molto, anzi moltissimo, l’aver richiesto di allegare al CV una sorta di documento programmatico. Facciamo che i candidati dimostrino di aver capito a che posizione ambiscono, provando a far mettere loro in fila qualche spunto interessante in modo che non li si valuti soltanto in funzione di più o meno mirabolanti medaglie guadagnate in passato.

Diciamo subito anche un’altra cosa: l’AgID così come è stata ridisegnata nel 2012 non è più soltanto l’ente cui si demanda il coordinamento delle iniziative di digitalizzazione della PA. L’AgID si deve occupare anche (o, forse, soprattutto) di politiche per l’innovazione tecnologica del Paese.

E diciamo anche subito una terza e ultima cosa: l’AgID è anche una struttura complessa, con un centinaio abbondante di dipendenti la cui attività prevalente nel corso di questi ultimi anni è stata quella di interrogarsi quotidianamente sul loro futuro, fra un trasloco e l’altro.

 

Ben venga, quindi, il maggior numero di candidature possibile: in modo che a Palazzo Vidoni si riesca a effettuare una selezione davvero finalizzata a individuare la persona giusta.

Persona che dovrebbe essere innanzitutto un manager. Un individuo capace di trainare la struttura, guidarla verso il reimpossessamento di un ruolo dopo anni di mimetizzazione e sostanziale abdicazione.

Ma anche un visionario, capace di mettere in discussione modelli probabilmente ottimi dieci anni fa ma ormai da rottamare. SPC in testa, tanto per essere chiari.

 

Bene, benissimo, il piano per i data center. Ma se è possibile, vediamo se riusciamo anche a capire cosa ce ne faremo, di questi data center dopo che li avremo costruiti.

Proviamo, magari, a parlare di Regioni e di Autonomie Locali avendo chiaro in mente cosa sono, cosa fanno, come si muovono.

Sino ad arrivare a uno degli elementi non a caso molto ben evidenziati nel bando per la selezione del nuovo DG: la collaborazione con le istituzioni dell’Unione Europea.

Che non significa esclusivamente selezionare un DG che parli almeno decentemente inglese.

Significa, soprattutto, qualcuno capace di non mandare a Bruxelles documenti imbarazzanti che poi tornano indietro pieni di correzioni a matita rossa.

Nel giro di pochissime settimane ci giochiamo la partita 2014-2020: vediamo di giocarcela da protagonisti.

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