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Consolidamento tlc: Sprint e T-Mobile, nozze da 32 miliardi in vista

Stati Uniti


Sprint e T-Mobile, terzo e quarto operatore del mercato mobile Usa,  sarebbero vicini a un matrimonio da 32 miliardi di dollari.  Le due società avrebbero concordato le linee generali di un’intesa, in base alla quale Sprint metterebbe sul piatto 40 dollari per ogni azione T-Mobile, con un premio del 17% rispetto al prezzo di chiusura di mercoledì.

Se l’accordo avrà il via libera delle Autorità, nascerebbe un gruppo in grado di competere con i leder del mercato – Verizon e AT&T, ognuno dei quali conta più di 100 milioni di clienti.

Sprint, dal canto suo, sarebbe convinto dell’esito positivo delle verifiche, che saranno condotte da FCC e Dipartimento di Giustizia, tanto da aver acconsentito a una clausola che prevede il pagamento a T-Mobile di 1 miliardo di dollari in cash e altri asset se l’accordo dovesse essere respinto.

Una scommessa rischiosa per Sprint, già fortemente indebitato, soprattutto se si pensa che nel 2011, sempre il Dipartimento di Giustizia e la FCC bloccarono il tentativo di acquisizione di T-mobile da parte di AT&T, che aveva offerto 39 miliardi di dollari e dovette pagare a T-Mobile una penale da 4 miliardi per il mancato accordo.

 

Le due aziende, però, ritengono che i tempi siano cambiati e che il tempo giusto per  muoversi sia ora, sulla scia dell’ondata di consolidamento che sta investendo il mercato Usa.

 

Se la combinazione tra Sprint (controllato dalla giapponese SoftBank) e T-Mobile (per il 67% di Deutsche Telekom) vedrà la luce, il numero di player a contendersi un mercato da 300 milioni di persone scenderà da 4 a 3. Una cosa impensabile se si pensa a un’Europa in cui sono oltre 100 gli operatori a contendersi una piazza da 500 milioni di persone.

 

Una differenza che non può non far riflettere “non soltanto gli operatori mobili europei, ma soprattutto le sue istituzioni”, come ha dichiarato a Key4biz l’On. Sergio Boccadutri (SEL).

“Si può ancora consentire che nel Vecchio Continente ci siano oltre cento operatori mentre negli Usa presto saranno soltanto tre? Come non capire che pagheremo le conseguenze in termini di scarsi investimenti in infrastrutture e tecnologie, mentre gli operatori extraeuropei diventano sempre più competitivi e grossi?”, ha aggiunto Sergio Boccadutri, notando infine che “…la posta in gioco è enorme, non solo non si devono mettere lacci e laccioli alle possibili fusioni in Europa, ma anzi al contrario bisogna incentivarle. Il rischio è che invece la miriade di operatori venga a poco a poco drenata da compagnie non europee”.

 

Negli ultimi mesi, infatti, oltreoceano si sono conclusi due matrimoni che avranno ampie ripercussioni nei settori della telefonia, di internet e della televisione.

L’operazione più impressionante è la fusione da oltre 45 miliardi di dollari di Comcast e Time Warner Cable: se i regolatori daranno il via libera, nascerà un colosso mondiale capace di gestire un terzo del mercato della pay tv e dei servizi a banda larga negli Stati Uniti, e che lascerà il principale concorrente – AT&T – con una quota di mercato pari a circa la metà (18%).

A questa si aggiunge il progetto di fusione da 67 miliardi tra AT&T e Direct Tv  e che darà vita (sempre dietro via libera delle autorità) a un gigante del mercato delle tv e delle telecomunicazioni, creando le condizioni per una totale integrazione tra la distribuzione di contenuti tra la telefonia mobile e le piattaforme video e banda larga.

 

In base agli accordi, se la fusione andrà in porto, il colosso tedesco manterrà una quota del 20% della nuova società, riducendo così la sua presenza negli Usa per concentrarsi su altri mercati.

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