Call center: aperto il tavolo al Mise. Prossimo incontro a metà giugno

di Alessandra Talarico |

Si è aperto oggi il confronto tra governo, associazioni e sindacati sulla crisi di un comparto che rischia di collassare sotto il peso delle gare al massimo ribasso e delle delocalizzazioni selvagge. Dal Governo la proposta di un osservatorio sul comparto

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Call Center

È stato positivo l’incontro di oggi al Ministero dello Sviluppo Economico per discutere dei problemi che affliggono il comparto dei call center: al Tavolo, presieduto dal  Vice Ministro Claudio De Vincenti alla presenza anche di alti dirigenti del Mise e del Ministero del Lavoro, hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni  Assocontact, Federutility e Asstel e delle segreterie nazionali dei sindacati di categoria Cgil,Cisl, Uil e Ugl.

L’incontro, ha detto a Key4biz Salvo Ugliarolo, segretario nazionale della Uilcom-Uil, “è stato positivo” non solo perché, dopo tante sollecitazioni, il Governo ha finalmente accolto la richiesta di confronto, volta a risolvere le disfunzioni che affliggono il comparto, ma anche perché l’incontro è stato occasione per entrare finalmente nel vivo delle problematiche da tempo denunciate dalle parti sociali.

 

Il Governo, dal canto suo, si impegnato  ad approfondire le richieste delle parte sociali e ha riconvocato il Tavolo per la metà di giugno, lanciando anche la proposta di creare un osservatorio nazionale sul comparto, ma i sindacati – non senza qualche distinguo – hanno scelto di non disdire lo sciopero nazionale convocato per il 4 giugno.

 

Il settore dei call center negli anni ha avuto una ricaduta occupazionale significativa, soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese, come il Mezzogiorno: tra inbound e outbound, gli occupati sono circa 80.000 (il 63% dei quali al Sud) per un giro di affari di 1,3 miliardi di euro. Ora però rischia di collassare sotto il peso delle gare al massimo ribasso – un paradosso soprattutto quando i committenti sono enti pubblici – e delle conseguenti delocalizzazioni selvagge: basti pensare che in Romania e Albania lavorano, per conto di aziende italiane, almeno 7 mila persone.

Dai sindacati arriva anche la richiesta di una maggiore regolamentazione dei cambi di appalto, con l’applicazione dell’articolo 2112 del codice civile, per fare in modo che all’atto della cessione di un ramo d’azienda, i lavoratori mantengono diritti e tutele e non perdano il lavoro, come avviene spesso e volentieri oggi.

 

Nel mirino, come ci ha spiegato ancora Ugliarolo, “anche il ‘dumping’ generato dalle agevolazioni statali e regionali, finite le quali le aziende chiudono” per riaprire magari nella città o nella regione accanto: un esempio eloquente di quest’andazzo è quello della Phonemedia-OmiaNetwork, che nella sola regione Calabria aveva ottenuto oltre 11 milioni di euro di FSE per l’occupazione allo scadere dei quali hanno perso il posto oltre 12.000 lavoratori (tra il 2009 e il 2011).

Questi incentivi, ha sottolineato anche Massimo Canturi, amministratore delegato dell’azienda specializzata in servizi di call center Comdata, “drogano l’offerta, perché vengono utilizzati per ottenere commesse a prezzi ribassati che alla lunga non risultano sostenibili per la stessa natura temporale degli incentivi o sono erogati retroattivamente privilegiando alcuni rispetto ad altri”.

 

Una giungla, insomma, in cui le aziende competono solo sul costo del lavoro, senza investimento alcuno sulla qualità del servizio e sul capitale umano, che non ha alcuna garanzia sulla continuità occupazionale, e scaricando sulla collettività il costo degli ammortizzatori sociali.

 

Fistel Cisl, oltre  alla questione delle delocalizzazioni e delle gare al massimo ribasso pone l’accento anche sul tema della riduzione Irap, caldeggiata anche da Comdata, e sulla necessità “di attivare l’ufficio ispettivo e di verificare la corretta applicazione del 24 bis legge Fornero sul rispetto della privacy, della comunicazione al ministero delle delocalizzazioni e dell’avviso all’utente se risponde un call center estero”, come ha sottolineato in una nota il segretario nazionale Giorgio Serao.

 

La SLC-CGIL chiede infine di allineare l’Italia a quanto già fatto dagli altri Paesi europei che hanno recepito puntualmente i contenuti della direttiva 2001/23/CE a tutela dei lavoratori e sottolinea che questa situazione non è frutto unicamente della crisi economica ma è determinata “…dalla legislazione italiana che non disciplina le condizioni e le tutele per i lavoratori con cui debbano intervenire i cambi di appalto…Il lavoro diventa in questo modo itinerante, con costi pesanti per la finanza pubblica che non sono finalizzati alle aziende di call center ed ai loro lavoratori ma finiscono direttamente nelle casse dei committenti, che beneficiano in questo modo di condizioni di vantaggio ingiustificabili”.


Dal canto suo, Assocontact esprime soddisfazione per l’apertura del tavolo e dell’Osservatorio Nazionale sui Call Center. La convocazione del tavolo giunge a seguito di diverse richieste in merito, avvenute da parte dell’associazione negli ultimi mesi, per portare l’attenzione su specifiche priorità per il settore. Il Presidente Umberto Costamagna sottolinea: “ritengo si sia trattato di un primo passo importante per il confronto e la ricerca di soluzioni per il nostro settore. L’avvio di un confronto serio e continuativo con le istituzioni era una delle priorità che ci siamo posti fin dall’inizio del mio mandato. Da tempo proponevamo le novità discusse come, ad esempio, l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sui Call Center”.

“La nostra presenza al tavolo vuole proprio ribadire la ferma volontà delle imprese di non chiedere “qualche aiutino” dalla politica ma di affrontare le tante problematicità del nostro settore ma in una logica globale e di seria politica industriale – continua Costamagna – Con un lavoro serio di interventi legislativi mirati e possibili, si può cercare di trasformare la crisi in un’opportunità di crescita”.