#SosTech. Come funziona l’LTE-A, l’ultima frontiera del broadband mobile

di di Andrea Galassi |

Le principali tecniche e tecnologie impiegate in LTE-A per incrementare le prestazioni della rete radiomobile. Dalla Carrier Aggregation, ai sistemi MIMO, alla Self Organizing Network, al relaying.

Rubrica settimanale #SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe.
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Italia


LTE-A

Il 29 settembre 2011, dopo ventidue giornate e 469 tornate, terminava l’asta per acquisire le frequenze in banda 800 MHz, 1800 MHz e 2600 MHz da impiegare per la fornitura di servizi di accesso a Internet in mobilità su tecnologia LTE (Long Term Evolution). Per un prospetto completo delle offerte di mercato riguardanti la LTE, e per un confronto delle medesime, si consiglia di fare riferimento al servizio di comparazione curato dallo staff di SosTariffe.it.

 

Nel descrivere l’evoluzione delle reti mobili, si è dato conto delle tappe che hanno portato gli utenti di smartphone, tablet e altri dispositivi mobili abilitati a fruire di velocità di connessione nominali in download pari a 100 Mbps. Si è inoltre accennato all’impegno profuso dagli ISP (Internet Service Provider) nell’implementazione delle tecnologie LTE-A (Long Term Evolution Advanced), attraverso cui incrementare le prestazioni della rete radiomobile.

 

Si ritiene utile approfondire il capitolo LTE-A, con riferimento alle soluzioni tecnologiche adottate e/o in corso d’adozione da parte degli ISP e alle strategie commerciali predisposte dagli stessi.

 

Con l’acronimo LTE-A si intende per l’appunto un insieme di tecnologie e tecniche impiegate per spingere ancora di più verso l’alto le prestazioni della rete radiomobile. Un insieme i cui elementi principali sono costituiti dalla CA (Carrier Aggregation), dai sistemi MIMO (Multiple Input Multiple Output), dai sistemi AAS (Active Antenna System), dalla tecnica COMP (Coordinated Multi Point), dalla tecnica eICIC (Enhanced Inter-Cell Interference Coordination), dal paradigma SON (Self Organizing Network), dalle tecniche di relaying.

 

La Carrier Aggregation è una funzionalità deputata ad ampliare le prestazioni di picco, spiegano Umberto Ferrero e Michele Gamberini, responsabili Wireless Access Innovation in ambito TILab, il centro di ricerca del Gruppo Telecom Italia. In LTE-A, la funzionalità di CA permette di concatenare bande di larghezza diversa e allocate in gamme diverse. Una soluzione che consente sia di aumentare il throughput (la capacità trasmissiva utilizzata) di picco sia di rendere possibile una gestione flessibile della banda.

 

Anche i sistemi multi antenna MIMO (Multiple Input Multiple Output) sono finalizzati al miglioramento delle prestazioni di picco. Presenti nella prima versione dello standard LTE in sistema 2×2, con LTE-Advanced gli schemi MIMO prevedono l’utilizzo di 4 (4×4) e 8 (8×8) antenne sulla stazione radio e sul dispositivo. È stata altresì aumentata l’efficienza spettrale, con il MU-MIMO (Multi-User MIMO), ove, grazie allo SDMA (Space Division Multiple Access), le informazioni dirette a utenti diversi sono trasmesse simultaneamente sulle stesse risorse fisiche, aggiungono Ferrero e Gamberini.

 

AAS (Active Antenna System) è un sistema costituito da un modulo remoto connesso in fibra a una antenna in cui la generazione del segnale a radio frequenza, l’amplificazione e l’emissione sono integrate. Si tratta delle cosiddette antenne attive, utili per aumentare capacità a parità di banda di frequenza utilizzata e minimizzare i livelli di interferenza, spiegano i due esperti.

 

Con la tecnica COMP (Coordinated Multi Point), il segnale viene trasmesso e ricevuto da punti che agiscono in modo coordinato, aumentando il livello del segnale utile e diminuendo quello dell’interferenza. Le tecniche COMP sono molteplici, tutte comunque finalizzate al miglioramento delle prestazioni a bordo cella.

 

La tecnica eICIC (Enhanced Inter-Cell Interference Coordination) è stata invece sviluppata per ridurre l’interferenza in reti eterogenee ove coesistono siti micro/pico e macro che impiegano la medesima porzione di spettro di frequenza.

 

Il paradigma SON (Self Organizing Network) prevede tre ambiti: self-configuration, self-optimization; self-healing. L’ambito self-configuration è finalizzato alla semplificazione del dispiegamento di rete attraverso il supporto a installazione e preconfigurazione del nodo. L’ambito self-optimization è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di prestazione assegnati, attraverso il supporto alla supervisione dei KPI (Key Performance Indicator) e l’adattamento dei parametri della configurazione. L’ambito self-healing prevede il supporto al riconoscimento di guasti e il ripristino automatico del nodo oppure azioni compensative sui nodi di rete adiacenti.

 

Le prime tecniche di relaying risalgono agli anni Settanta del secolo scorso, ricordano Ferrero e Gamberini. E consistono in un sistema di comunicazione costituito da tre nodi, in cui il segnale viene trasmesso dal nodo S (Source) al nodo D (Destination) attraverso il nodo R (Relay). Il ripetitore R, compensando l’attenuazione di propagazione fra S e R, consente di aumentare la copertura e/o la capacità di S, spiegano gli esperti.