L’Europa che vorrebbe essere digitale si affida a politici ancora ‘analogici’. Parola di Neelie Kroes

di Alessandra Talarico |

Molti leader europei, dice Kroes, ‘sono ancora all’età analogica: parlano di digitale, ma non lo vivono, non lo comprendono o non lo sostengono con le decisioni giuste’.

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L’Europa è un mercato unico in molte aree, ma non nelle telecomunicazioni: un’assurdità, se si pensa all’ubiquità dei telefonini e all’assenza di confini propria di internet. La realtà ‘digitale’ di fatto si scontra, nel Vecchio Continente, con regole diverse per ogni Stato e reti obsolete (quasi) ovunque.

Eppure – come sa bene l’Estonia, rara eccezione in Europa, dove le scuole sono tutte connesse dal 1998 e tutto avviene online, dall’apertura di un’impresa alle votazioni –   le reti di telecomunicazione sono alla base di tutto ciò che facciamo al giorno d’oggi: anche i più refrattari alle nuove tecnologie hanno ceduto e pure la nonna cerca in rete le ricette per la crostata e ha un profilo Facebook.

Dal lato dell’utenza – pur permanendo vaste sacche di ‘analfabetismo digitale’ – la risposta è stata pronta, ma non così si può dire sul versante della politica, come ha ammesso oggi anche il Commissario Ue per l’Agenda digitale Neelie Kroes rispondendo alla lettera aperta dei digital champions di 19 paesi che sollecitano al prossimo presidente della Commissione a una maggiore attenzione per i temi del digitale.

Tutti attribuiscono importanza alle tecnologie digitali, “…ma i leader europei non sono ancora passati dalle parole ai fatti: non abbastanza. Molti di loro, come ammette anche Jean-Claude Juncker, sono ancora all’età analogica: parlano di digitale, ma non lo vivono, non lo comprendono o non lo sostengono con le decisioni giuste”, ha detto Neelie Kroes.

Come conseguenza di questa resistenza al nuovo da parte dei politici, sembra di vivere ancora negli ’80 – quelli dell’analogico, appunto – con reti di comunicazione e aziende costrette entro confini nazionali e centinaia di milioni di europei ancora privi della banda larga.

 

L’Italia, col suo premier ‘giovane’ e ‘twittante’, si appresta a guidare la Ue per un semestre, con l’auspicio che sapremo far valere le ragioni di un cambiamento non più rimandabile e necessario non solo per smanettare al cellulare sempre e dovunque, ma anche per dare alle nuove generazioni, ai nativi digitali, la speranza di sfruttare le loro competenze digitali anche per trovare un lavoro.