#Europee2014: il Manifesto dei Digital Champion Ue. Italia non pervenuta

di Alessandra Talarico |

I Digital Champion di 19 paesi scrivono una lettera aperta al prossimo presidente della Commissione europea. All’iniziativa non partecipa il nostro paese, ancora alla ricerca di un digital champion dopo l’uscita di scena di Francesco Caio.

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Mentre l’Italia è ancora all’affannosa ricerca del suo Digital Champion dopo l’uscita di scena di Francesco Caio, i ‘rappresentanti’ digitali di 19 paesi europei hanno scritto una lettera aperta ai candidati alla presidenza della Commissione europea – il conservatore Jean-Claude Juncker, il socialista Martin Schulz, il liberale Guy Verhofstadt, il verde Ska Keller e l’esponente della sinistra radicale greca Alexis Tsipras – per presentare 4 punti che a loro avviso dovrebbero essere prioritari nell’agenda della prossima Commissione.

I Digital Champion – il cui ruolo è anche quello di consulenti della Commissione in merito alle politiche digitali – sottolineano innanzitutto la convinzione che chi prenderà il posto attualmente occupato da Jose Manuel Barroso dovrà essere un ‘presidente digitale’: spingere, cioè, l’uso delle nuove tecnologie per massimizzare il loro contributo in termini di occupazione, competitività e stimolo a un’imprenditorialità moderna e dinamica.

 

Ecco, nello specifico, i 4 punti dell’agenda dei Digital Champion:

 

1)   Non esiste una ‘digital economy’ – l’economia è digitale. Internet e le comunicazioni digitali hanno trasformato le nostre economie in maniera analoga alla locomotiva a vapore nel 18esimo secolo e all’elettricità nel 19esimo. Il prossimo leader della Commissione europea è dunque chiamato a ‘razionalizzare il portfolio digitale e tutti i dossier fondamentali’ – e, infine, a prendersi la responsabilità del successo in questo settore.


2)   Solo accelerando le performance digitali dell’Europa si potrà crescere e creare occupazione. Tra il 2004 e il 2009, internet e le tecnologie digitali hanno contribuito a oltre il 20% della crescita economica dei paesi avanzati e, per il futuro, il settore digitale dovrebbe crescere sette volte più velocemente del PIL europeo. È altresì essenziale risolvere il problema della disoccupazione giovanile. Nonostante il numero record di persone che non lavorano, le imprese faticano a trovare candidati dotati delle adeguate competenze digitali. L’Europa non può permettersi di non colmare questo gap ed è per questo che come digital champion incoraggiamo il prossimo presidente della Commissione europea a rafforzare la Grand Coalition for Digital Jobs.


3)   Un’economia dinamica e competitiva in grado di operare ai vertici delle tecnologie digitali non può basarsi su infrastrutture obsolete. Stime conservative parlano di investimenti per 200 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi fissati per la banda larga al 2020. Questo investimento è alla base della crescita futura e della creazione di posti di lavoro e non può più essere rimandato. Deve essere la priorità per il prossimo leader della Commissione europea, che dovrà lavorare in tandem con gli Stati membri e gli stakeholder per realizzare un calendario convincente con risultati e scadenze concrete.

 

4)   Gli imprenditori del settore tecnologico giocheranno un ruolo fondamentale per la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro. Secondo l’OECD, la maggior parte dei posti di lavoro saranno creati da aziende create da 5 anni o poco più. Solo la cosiddetta app economy creerà 4,8 milioni di posti di lavoro entro il 2018 (da 1,8 milioni nel 2013) e triplicherà il fatturato da 17,5 miliardi a 63 miliardi. Il potenziale è, quindi, enorme e sarà compito  della politica riconoscerne e valorizzarne l’importanza  per creare economie moderne e dinamiche. E’ per questo che chiediamo di sostenere lo Startup Manifesto  e di inserire le raccomandazioni in esso contenute nel vostro programma politico.

 

In calce alla lettera, dicevamo, manca la firma del Digital Champion italiano: un’assenza grave ed emblematica ancor più in vista del semestre italiano di presidenza della Ue. Il premier Matteo Renzi sulla scia del precedente esecutivo guidato da Enrico Letta ha voluto tenere l’Agenda digitale sotto l’ala della presidenza del Consiglio, ma finora l’unica azione concreta sembra essere l’adozione del pin unico per accedere ai servizi pubblici attraverso un’unica identità digitale, nell’ambito di una iniziativa più ampia che il premier vorrebbe portare a modello in Europa.

Mentre il sottosegretario Antonello Giacomelli attende ancora le deleghe alle telecomunicazioni, per conoscere il programma di Governo per l’Italia digitale si dovrà aspettare luglio, quando si terrà il grande evento europeo ‘Digital Venice‘. Si dovrà aspettare fino ad allora anche per sapere chi sarà il Digital Champion italiano, il punto di riferimento delle politiche digitali in Italia e in Europa? E se davvero sarà Agostino Ragosa, attuale direttore dell’AGID, perché non nominarlo subito, senza lasciar passare altro tempo a fare proclami sulla centralità del digitale per la crescita e lo sviluppo? Se, insomma, non abbiamo un ‘campione digitale’ a casa nostra – una figura in grado di coordinare e fare da collante tra i vari livelli e di imprimere l’accelerazione necessaria a stimolare l’attuazione di misure concrete (pensiamo ad esempio a quanto siamo indietro in fatto di adozione di strategie di eCommerce da parte delle aziende) – come farà l’Italia a porsi alla guida della svolta digitale dell’Europa?