#WebTax, si riaccende il confronto

di Raffaella Natale |

Dopo le accuse di Confalonieri alle multinazionali di internet, si riapre il dibattito sulla Web Tax. De Benedetti rilancia, Amazon si difende. Un dato è certo: agire subito contro i ‘furbetti’ del fisco.

Italia


Paradisi fiscali

Continua ad alimentarsi il confronto nazionale sulla necessita di interventi regolamentari sulle multinazionali di internet, sulla scia delle critiche lanciate dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che accusa gli Over-The-Top (OTT) di produrre ricchezza in Italia ma di non pagare le tasse, dopo la notizia che la Francia sta per multare Google per elusione fiscale.

Si riaccende, quindi, anche il dibattito sulla Web Tax, caldeggiata dal presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia (Pd), ma sempre osteggiata dal premier Renzi, mentre l’on. Sergio Boccadutri (Sel) promette già un nuovo emendamento contro le pratiche di ottimizzazione fiscale alle quali ricorrono le web company per bypassare il fisco.  

Amazon replica a Confalonieri dicendo che rispetta le leggi italiane e intanto Carlo De Benedetti, già a favore della Web Tax, rilancia e, schierandosi accanto agli editori in particolare ad Axel Springer, propone alcune misure.

 

Boccia: ‘Dibattito ormai maturo per giungere a una Web Tax comune’

“L’elusione fiscale delle multinazionali del web è diventata un’emergenza che, ormai, travalica i confini nazionali”, ha dichiarato Boccia che ha aggiunto: “E’ evidente che in tutta Europa il dibattito è ormai maturo per giungere a una cosiddetta Web Tax comune. L’Italia su questo tema è stata capofila, siamo stai i primi a batterci per avere anche nel mercato digitale una maggiore equità e giustizia. I colossi del web devono capire che tutti, in un momento come questo, devono assumersi ciascuno la propria responsabilità sociale“.

Per il presidente della Commissione Bilancio, “Se in Europa si dovesse continuare a perder tempo i singoli paesi non avranno altra alternativa se non prenderne atto e seguire la strada francese delle maxi sanzioni”.

 

In Italia tutto questo si tradurrebbe in un ulteriore rafforzamento del ruling che, già in vigore dallo scorso gennaio, porta nelle case dello Stato 137 milioni di euro a fronte dei soli 6 pagati dalla multinazionali del web in Italia nel 2013.

“L’elusione delle multinazionali del web non è più sostenibile – ha concluso Boccia – e noi, in Parlamento, abbiamo il dovere di trovare una soluzione”.

 

Piacentini (Amazon): ‘In Italia ancora nessun profitto’

Amazon non ci sta e, all’accusa di Confalonieri di non pagare le tasse in Italia, ha replicato: “Noi profitti in Italia non ne stiamo facendo, perché è un nuovo investimento”.

In occasione del Festival di Giornalismo di Perugia, Diego Piacentini, senior vicepresident international, del gruppo americano, ha spiegato: “Noi paghiamo le tasse nel paese in cui abbiamo il quartier generale e seguiamo alla lettera le leggi fiscali dei paesi in cui abbiamo filiali. Poi se i governi vorranno cambiare le leggi, seguiremo i cambiamenti”.

 

De Benedetti: ‘Se non lavori con Google, in alcuni casi non lavori affatto’

Riscende in campo anche De Benedetti che condivide le critiche lanciate recentemente dall’amministratore delegato di Axel Springer, Mathias Döpfner, in una lettera aperta a Eric Schmidt, presidente esecutivo di Google, pubblicata dal Frankfurter Allgemeine nella quale senza tanti giri di parole diceva: “Google ci fa paura, lo dico chiaramente”.

Anche De Benedetti dalle pagine del suo Huffington Post dice: “…sono al suo fianco quando scrive “di Google ho paura” … Potremmo dire lo stesso noi del Gruppo Espresso: se non lavori con loro, in alcuni casi non lavori affatto”.

“Quel che più mi preme – ha sottolineato De Benedetti – è proprio il livello europeo. Grazie al semestre italiano di presidenza e al prossimo cambio di guardia all’Europarlamento e alla Commissione, possiamo essere noi a tentare di trasformare in strategia industriale condivisa le analisi e le “prove di Dopfner“.

 

De Benedetti prova quindi a indicare cinque ambiti sui quali lavorare insieme:

1. Diritto d’autore. È evidente che non è più rinviabile un intervento armonizzatore da parte della Ue oppure in sinergia tra i principali paesi dell’area.

2. Governo dei dati degli utenti. Non c’è un contesto normativo sovranazionale che fissi alcune punti-chiave sulla privacy digitale e sull’uso di dati raccolti dagli OTT in ambiti diversi da quelli propri.

3. La tassazione nell’ecosistema digitale non può più essere come quella dei tempi dei commerci di beni solo fisici. La situazione attuale di difformi tassazioni per OTT e operatori nazionali ha già creato posizioni di preminenza competitiva non più recuperabili.

4. Il futuro della net neutrality, per la quale è necessaria un’accelerazione.

5. La vicenda Almunia vs. Google ha messo in evidenza come l’Europa non riesca più a produrre iniziative antitrust efficaci come negli anni di Monti vs. Microsoft. Tornare a intervenire, a livello europeo, contro gli abusi di posizione dominante dovrà essere la priorità della Commissione che si insedierà in autunno.