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Jean-Claude Juncker chiede un nuovo piano per le telecom europee e un vero single market

Europa


L’Europa ha bisogno dell’economia digitale, che ha bisogno del single market, il quale a sua volta ha bisogno di operatori di telecomunicazioni forti e realmente pan-europei.

Il Financial Times ha riportato ieri l’intervento che Jean-Claude Juncker, candidato alla Presidenza della UE, ha tenuto in Finlandia: un atto di accusa verso le policy europee sin qui adottate in ambito di Tlc e Digital Agenda ed un’accelerazione in direzione del mercato unico e del consolidamento come passi imprescindibili per nuovi investimenti.

Insomma una scossa elettrica sul futuro dell’Europa digitale. Un discorso forte nei temi e nei toni, che rompe il passo stanco di una campagna elettorale europea segnata da una caduta di fiducia verso la UE.

Ma che al tempo stesso manda in soffitta le politiche della Commissaria Neelie Kroes e invoca un profondo ripensamento delle regole europee in materia di competizione sui mercati digitali.

L’Europa, dice Jean-Claude Juncker, è rimasta troppo indietro e deve correre per recuperare il tempo e le posizioni perdute.

E’ una sfida che si può lanciare e che si può vincere.

Ma non vi è dubbio che occorre una grande volontà di cambiamento e un’inversione di tendenza rispetto alle incertezze del passato.

In caso contrario, vuol dire che Bruxelles avrà fallito.

Certo, si potrà osservare, è naturale che Jean-Claude Juncker si scagli contro l’operato di Neelie Kroes: le regole di ogni campagna elettorale impongono distingui netti verso i predecessori.

Ma sarebbe una semplificazione eccessiva.

Le argomentazioni di Juncker ricostruiscono umori concreti presenti nell’opinione pubblica europea, tra i consumatori e tra le imprese.

Non a caso, nello stesso articolo del Financial Times viene citato Luigi Gambardella, Presidente di ETNO, secondo il quale: “…Le affermazioni di Juncker sono condivisibili perché la priorità della nuova Commissione deve essere quella di riportare l’Europa alla crescita e la formulazione della nuova Digital Agenda che solleciterà nuovi investimenti privati a favore dell’industria digitale europea e stimolerà nuova innovazione…”.

 

 

Senza single market non c’è Europa

 

Il primo punto è il single market: un mercato unico capace di incontrare gli interessi di consumatori e imprese a un tempo, con una visione strategica unitaria e senza contrapposizioni strumentali.

L’Europa ha un potenziale straordinario di 500 milioni di abitanti che godono già di alcuni pezzi di mercato unico.

Si può vivere e viaggiare nei 28 Paesi senza pressoché alcuna restrizione.

Ma se guardiamo ai prodotti e servizi digitali, l’Europa appare frammentata, divisa e debole.

E’ sufficiente trovarsi in un altro Paese della UE per comprendere quanto sia difficile, se non impossibile, guardare una partita di calcio sul tablet o scaricare un brano sul vostro iPhone.

Pensiamo a internet, alle straordinarie opportunità per la vendita online di servizi e prodotti…eppure solo il 10% di europei acquista prodotti o servizi da altri Paesi dell’Unione.

Altro che single market!

 

 

Creare valore con l’innovazione

 

Un secondo punto riguarda l’innovazione come strumento di creazione di valore. L’Europa è stata invasa dai cosiddetti Over-the-Top (OTT) come Apple, Google, Facebook, per citare alcuni tra i più noti.

Nessuno di essi è nato in Europa e non perché l’Europa non abbia capacità di innovazione.

Se guardiamo al recente passato va forse ricordato che nella foto sulla rivista TIME che celebrava il lancio del primo satellite artificiale americano, l’ingegnere della NASA che dava l’annuncio al mondo aveva davanti a sé un computer Olivetti, non un IBM.

Per non parlare dello standard europeo GSM, che ha fatto grande la telefonia mobile, e l’invenzione dello stesso World Wide Web che si deve all’Europa. 

E l’unico OTT con radici europee, Skype, è stato acquistato prontamente da Microsoft.

Ma, se non abbiamo OTT europei, non è solo perché siamo privi di quella ricerca militare sostenuta dall’economia di guerra (come accade negli USA e vicino a casa nostra in Israele). La vera ragione è che non riusciamo a sostenere lo sviluppo commerciale delle iniziative, che trovano un ambiente molto più accogliente negli USA.

 

 

Una Europa e 28 impianti regolamentari

 

Un terzo punto riguarda le norme nazionali e le Authority di regolazione.

Se guardiamo all’Europa con gli occhi del consumatore o dell’investitore, la UE ha non 1, ma 28 mercati digitali, regolati quasi tutti nazionalmente.

Insomma Internet è globale, le tecnologie digitali lo sono altrettanto, ma l’Europa pretende di affrontare in modo frammentato l’uno e le altre e i prodotti e servizi che girano intorno a loro con 28 regolamentazioni nazionali.

E così, nonostante le buone intenzioni degli ultimi anni, continuiamo ad avere 28 autorità regolatrici nazionali per le telecomunicazioni, per le norme di rispetto del copyright, di tutela dei consumatori e per la gestione di internet in generale.

All’Europa serve un mercato unico digitale, che potrebbe portare a breve oltre 500 miliardi di euro senza costare praticamente nulla, se non l’impegno a varare misure di politica europea intelligenti e lungimiranti: esattamente ciò che, per buona parte, è mancato sino ad ora.

 

 

Il rischio di decisioni incoerenti: il caso del roaming

 

Un quarto aspetto riguarda la coerenza delle policy.

Può accadere che alcune decisioni siano divergenti rispetto ad altri elementi di contesto, ma occorre prevedere tutte le necessarie misure di armonizzazione e coerenza.

Prendiamo il caso della recente decisione di abolizione del roaming.

Un fatto positivo, nonostante l’abbassamento medio delle tariffe mobili europee di quasi l’80% negli ultimi 5 anni, perché permette a tutti i cittadini europei di viaggiare senza incappare in giungle tariffarie e avendo certezza di spesa per il traffico di dati su telefonini, tablet e pc portatili.

Tuttavia, un fatto del genere impone obiettivi inequivocabili per i prossimi 5 anni.

“…Se si chiede agli operatori mobili di offrire i loro servizi non più solo a livello nazionale, ma su scala continentale – ha ricordato Jean-Claude Junckerparimenti dobbiamo immaginare di farli sottostare a un impianto di regole sinceramente europeo ed unitario…”.

L’idea dei mercati nazionali appare a questo punto anacronistica per un’industria come quella del mobile per sua natura internazionale: innanzitutto europea e più in generale globale.

D’altro canto, un vero single market digitale ha bisogno di operatori per loro natura pan-europei.

Abbiamo bisogno di reti in fibra ottica che raggiungano ogni casa europea e non si blocchino ai confini nazionali per via di regole locali (non accade neanche per i treni).

Abbiamo bisogno di contenuti digitali che possano essere generati e venduti sull’intero continente e non in un solo Paese, salvo varcare la frontiera per trovare, nella stessa Europa, nuove regole e nuovi regolatori.

 

 

Più Europa nel mercato unico digitale.

 

Occorre più Europa sia nelle regole imposte agli operatori di telecomunicazioni che nelle normative sulla competizione o nelle norme di tutela del copyright.

Occorre, dunque, abbattere i territori protetti delle normative nazionali, anche se in qualche caso essi sono fortemente difesi da questo o quel beneficiario.

Questo è ciò che si intende quando si dice “…Europe has to be big on big issues in the future…”.

E, come sottolinea Jean-Claude Juncker, il Digital Single Market è un Big Issue, perché è la chiave per aprire la porta al futuro europeo dell’innovazione, alla nuova occupazione, alla crescita e alla nuova competitività.

Una partita che si giocherà sin dai primi istanti dell’insediamento della nuova Commissione Europea.

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