Video streaming, la via francese per mettere d’accordo OTT e broadcaster

di Raffaella Natale |

Il Consiglio superiore dell’audiovisivo ha proposto nuove regole per mettere d’accordo OTT e broadcaster alla luce del caso Netflix.

Francia


Netflix

Le web company che offrono contenuti audiovisivi su internet devono partecipare al finanziamento della produzione francese di film e fiction. E’ quello che chiede il Consiglio superiore dell’audiovisivo (Csa) nel suo Rapporto annuale, pubblicato ieri.

Il problema è sempre lo stesso e non riguarda solo la Francia ma tutti quei Paesi nei quali le multinazionali di internet propongono i loro servizi, sempre più spesso in streaming, e si sottraggono, avendo sede in altri luoghi, al pagamento delle tasse (o versano il minimo) agli obblighi, previsti invece per i broadcaster, di finanziamento dell’industria culturale.

Questa è una delle ragioni che ha creato maggiori problemi allo sbarco di Netflix in Francia che alla fine, furbamente, ha deciso di non aprire una sede oltralpe proprio per non dover sottostare a queste regole.

Le cose però potrebbero adesso cambiare, se il governo decidesse di accogliere i suggerimenti che provengono dal Csa e metterli dentro la legge di settore che presenterà prima di questa estate.

 

Una situazione grave che ha spinto anche alcuni operatori italiani a chiedere l’intervento della Ue. Gina Nieri, Direttore Divisione Affari Istituzionali, Legali e Analisi strategiche di Mediaset, lo ha detto molto chiaramente nella sua intervista a Key4biz: “…Non si può continuare con un ambito concorrenziale tanto sbilanciato tra i vari attori, media totalmente regolati, tv in testa, da una parte e la libera prateria anche fiscale, degli operatori globali di Internet dall’altra. E l’Europa deve insieme agli altri Paesi trovare un modo legale condiviso per il futuro”.

 

Tra le trenta raccomandazioni presentate, l’Autorità francese chiede anche l’estensione dei propri poteri a ciò che definisce ‘servizi audiovisivi digitali’ che vanno dai servizi di video streaming (YouTube , Dailymotion o Netflix ) alla musica (Spotify, Deezer) e agli app store (iTunes, AppStore, GooglePlay…).

 

Il Csa propone, quindi, delle convenzioni con le web company che offrono contenuti audiovisivi online sul finanziamento della cultura. Prevedendo anche un potere di arbitrato in caso di controversie.

In cambio, le web company  “potranno beneficiare di alcuni vantaggi” come “l’accesso alle offerte dei provider” (Orange, Free, Bouygues…).

 

Per il presidente del Csa, Olivier Schrameck, “la regolamentazione del settore audiovisivo ha bisogno di una riforma sugli ambiti e sulle modalità d’azione per accompagnare pienamente ed efficacemente la trasformazione digitale dei media”.

“Una modernizzazione – ha comunque precisato – che passerà necessariamente da un adattamento del quadro regolamentare europeo”.

Da marzo, Schrameck è presidente del Gruppo Ue ERGA (European Regulators Group for Audiovisual Media Services) che contribuirà al lavoro della Commissione europea nel processo di revisione della Direttiva sui servizi media audiovisivi.