Rapporto Assinform: l’Italia dell’ICT in profondo rosso e non ci salvano più neanche i cellulari

di Alessandra Talarico |

Nel 2013, il mercato digitale italiano è sceso a 65.162 milioni di euro, con un calo del 4,4% rispetto ai 68.141 milioni di euro del 2012, più che doppio rispetto a quello del PIL.

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Si allarga il gap digitale tra l’Italia e i principali mercati internazionali: mentre infatti l’ICT mondiale cresce a una media annua del 3,8% per un valore globale di 4.379 miliardi di dollari, il mercato italiano ha di nuovo chiuso col segno meno. Lo testimoniano i dati del Rapporto Assinform, secondo cui nel 2013, il mercato digitale italiano è sceso a 65.162 milioni di euro (con un calo del 4,4% rispetto ai 68.141 milioni di euro del 2012, più che doppio rispetto a quello del PIL), a conferma di un trend ormai in essere da diversi anni, con un calo medio annuale che tra il 2009 e il 2011 si è attestato all’1,8%.

Una contrazione, quella italiana, decisamente più marcata rispetto al resto d’Europa, dove si è registrata una decrescita media dello 0,9%, per non parlare del confronto impietoso col resto del mondo: nel Nord America la ripresa degli investimenti ha portato a un aumento del 3,5%, in America Latina del 5,8% e nell’area Asia Pacifico del 6,6%.

Altro dato che la dice lunga sullo stallo dell’Italia nel settore digitale è quello che riguarda il ‘peso’ degli investimenti ICT sul PIL, che si attesta al 4,8% pressoché stabile rispetto al 4,9% dell’anno precedente, ma che impallidisce di fronte al 9,6% del Regno Unito o al 6,8% della Germania (la media Ue è al 6,5%).

 

Tra le principali macroaree del mercato digitale, soltanto quelle dei Software e Soluzioni ICT e dei Contenuti e Pubblicità Digitale chiudono l’anno col segno positivo. La prima ha generato un giro d’affari di 5.475 milioni (+2,7%), trainato dalla crescita del software applicativo (+3,7% a 3.775 milioni) e middleware a 1.145 mln (+2,3%),  mentre il calo delle soluzioni applicative tradizionali (-0,8% a 2.488 milioni) è stato più che compensato dalla dinamica positiva dell’Internet of Things (IoT, termine che indica le soluzioni per dispositivi digitali che dialogano via Internet), segmento cresciuto del 13,8% giungendo a quota 1.070 milioni di euro; così anche le piattaforme per la gestione dei servizi web (+12,4% a 217 milioni), in particolare le piattaforme che abilitano l’eCommerce (+18% nel 2013).

L’area relativa a Contenuti e Pubblicità Digitale è cresciuta del 5,6% a 7.613 milioni e segna un incremento importante in tutte le componenti a eccezione di quella video (-1,8% a 3025 milioni). In particolare, si segnala un +79,2% a 43 milioni per gli eBook; un +17,6% a 120 milioni per la musica; un +20% a 1.054 milioni per il mobile entertainment. Positivo anche l’andamento dei comparti gaming (+11,9% a 1.605 milioni), editoria online (+9,2% a 213 milioni) e digital advertising (+3,7% 1.553 milioni).

 

In calo tutte le altre macroaree: scende del 2,3% sul 2012 il settore Dispositivi e Sistemi (per un business da 16.889 milioni di euro), dove l’unica componente in crescita è quella delle infrastrutture (5.133 milioni, +2,2%), grazie agli investimenti per la copertura in  fibra ottica (20% della popolazione) e tecnologie mobili 4G (potenzialmente disponibili al 50% della popolazione). Rallenta, invece, per la prima volta il comparto dei Personal eMobile Device (-0,9% a 5.902 mln), dove l’incremento delle vendite di smartphone (+43% a 12,3 milioni) e tablet (+65,7%, a 3,4 milioni di pezzi) non ha compensato il calo delle vendite di PC notebook (-18,7% in volumi, a 3,1 milioni di unità), che complessivamente perdono circa 500 milioni.

 

In calo del 2,7% a 10.245 milioni i Servizi ICT che registrano un calo generalizzato in tutte le principali componenti a eccezione del cloud in aumento del 32,2% a 753,3 milioni e con una composizione complessiva che vede primeggiare le componenti infrastrutturali (Iaas, 35,8%) e applicative (37,2%).

 

Addirittura a due cifre (-10,2%) il calo registrato dai Servizi TLC, che scivolano a 24.940 milioni di euro e in cui, oltre al calo fisiologico del fisso, si registra un’intensificazione del trend negativo dei servizi mobili, scesi del 13,8% a 14.270 milioni di euro.  Una contrazione – segnala Assinform – “superiore a quella dell’intero comparto”, legata al netto calo della componente dei servizi di fonia (-23,2% a 7910 mln), seguita dal segmento dati e  messaggistica (-2,2% a 5240 milioni, che soffre dei servizi di messaggistica social), mentre quello dei servizi a valore aggiunto mobili (VAS) cresce del 25,1% (1.120 milioni), spinto dalle app di tablet e smartphone. A questo vanno anche aggiunti gli effetti del taglio dei costi di terminazione mobile. Un dato positivo che interessa il comparto è la crescita del 46% nel numero di utenze in banda larga, giunte a 26,9 milioni, cui si aggiungono altre 14 mln di utenze in banda larga su linea fissa.

 

Lo stato dell’ICT italiano caratterizzato dalla progressiva e continua riduzione degli investimenti è “fortemente preoccupante” ha affermato Elio Catania,  presidente uscente di Assinform (appena nominato presidente di Confindustria Digitale), che ha sottolineato l’importanza della leva tecnologica per invertire i trend tecnologici innescati dalla recessione economica.

Anche se tutti, infatti, sono consapevoli del forte legame “tra investimenti in tecnologie digitali, produttività, competitività e crescita per le imprese e per i sistemi-paese…questa condizione da noi stenta ancora molto a essere compresa e a tradursi in azioni concrete, su base sistemica”.

 

“Per questo – ha aggiunto –  è necessario che l’attuale governo, che ha giustamente assunto la crescita come obiettivo prioritario, promuova con estrema urgenza il passaggio alla fase esecutiva dell’Agenda digitale”.

È urgente, secondo Catania, “dar vita a una vera e propria mobilitazione, in cui ogni attore deve fare la sua parte, dal Parlamento alla PA, agli enti locali, alla scuola, ai sindacati, alle imprese”, sfruttando, come più volte fatto presente da Assinform, il sostegno agli investimenti che può arrivare da un uso più attento dei fondi strutturali e i risparmi ottenibili da business plan pluriennali in una logica di partenariato pubblico che faccia leva sul “project financing” e sul “performance contracting” per attrarre il privato che può essere poi remunerato sulla base dei risparmi ottenuti.  

 

L’Italia, insomma, non può perdere l’opportunità di sviluppo unica offerta dal digitale, anche se – non ce ne voglia Catania –  ci pare evidente che il treno dei primi l’abbiamo già bell’e perso. La politica dovrebbe, più che altro, mettersi bene in testa che – Agenda o non Agenda – senza la volontà di scardinare i blocchi di potere e gli interessi che impediscono l’utilizzo dei servizi digitali in primis da parte della PA, che dovrebbe dare l’esempio ai cittadini, l’Italia sarà definitivamente relegata ai margini del mondo digitale.