Call center, allarme gare al massimo ribasso: 10 mila posti a rischio

di Paolo Anastasio |

Assocontact invita le aziende di call center a non partecipare alla gara per il rinnovo dello 020202, il servizio infoline del Comune di Milano. Allarme dei sindacati, Vito Vitale (Fistel Cisl): ‘10 mila lavoratori a rischio nei prossimi sei mesi'

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Call Center

Basta gare al massimo ribasso, che penalizzano la qualità dei servizi di call center nel settore pubblico e privato, a danno della qualità del servizio erogato. Un servizio che non è più in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini-consumatori, troppo spesso alle prese con servizi di customer care inadeguati a rispondere alle loro esigenze. E’ questo il senso dell’appello di Umberto Costamagna, presidente di Assocontact, a tutte le aziende del settore di non partecipare alla gara indetta dal Comune di Milano per l’aggiudicazione del rinnovo del servizio infoline dello 020202.

 

Anche i sindacati, in particolare la Fistel-Cisl, intervengono con un appello al Governo per tutelare il settore dei call center che:  nei prossimi sei mesi potrebbero chiudere alcuni grandi call center con la conseguente perdita del posto di lavoro di 10 mila lavoratori.  

 

Umberto Costamagna (Assocontact): ‘Bloccare la spirale al ribasso sui prezzi’

“Qualche settimana fa ho inviato al sindaco di Milano una lettera, a nome dell’Associazione, dove evidenziavo il mancato rispetto dei parametri di costo del lavoro nel bando di gara, da parte dell’amministrazione milanese. La scadenza della gara è stata prolungata di una ventina di giorni, fino al 31 marzo, ma il Comune sembra aver deciso di andare avanti”. Lo ha detto in una nota Umberto Costamagna, presidente di Assocontact, aggiungendo che è “un grave errore continuare a non considerare che i prezzi, non solo quelli delle gare pubbliche, devono tenere conto dei costi reali del personale e non degli eventuali sgravi che le imprese possono ottenere. Il rischio è l’avvitamento pericoloso in una spirale al ribasso che sicuramente non aiuta né il settore nel suo complesso né le nostre imprese”.

 

Vito Vitale (Fistel-Cisl): ’10 mila lavoratori a rischio nei prossimi sei mesi’

Sono troppe le aziende del settore call center che versano in condizioni disastrose. Gli accordi sindacali non bastano più e secondo fonti sindacali l’intero comparto è ormai all’ultimo stadio. Per questo chiama alla mobilitazione il segretario generale della Fistel Cisl Vito Vitale, lanciando l’allarme occupazionale: “Nei prossimi 6 mesi potrebbero chiudere alcuni grandi call center con la conseguente perdita del posto di lavoro per circa 10 mila lavoratori”.  Nulla è stato fatto e le imprese sono al collasso: secondo il sindacalista i call center, dopo le stabilizzazioni della circolare Damiano che ha trasformato migliaia di rapporti di lavoro da co.co.co. in subordinati, vivono una crisi irreversibile dovuta all’allineamento dei costi del personale al CCNL, al contestuale e progressivo calo dei prezzi delle commesse e alla crescente delocalizzazione. Le imprese sono costrette a delocalizzare a causa delle gare al massimo ribasso sia del settore pubblico che privato e, per sopravvivere, violano le disposizioni di legge ” Decreto Sviluppo” n° 83 del 2012 e dei comma 3,4, e 5 dell’ art 24 bis.

Come OO.SS. abbiamo già fatto un esposto alla Procura Generale – ricorda Vitale – sulla violazione della legge in materia di delocalizzazione e aspettiamo che la Magistratura intervenga per far rispettare la legge dello Stato”. Un allarme, quello dei call center delocalizzati, condiviso anche da Uilcom Uil e Slc Cgil.  

 

Le Istituzioni e il Governo devono intervenire sulla riduzione dell’IRAP per settori a “labour intensive” come i call center, che hanno un costo del lavoro pari all’80% dei ricavi, sulla defiscalizzazione degli investimenti e sulla detrazione delle spese telefoniche e devono correggere l’utilizzo della 407/91, che premia chi utilizza le risorse per fare dumping al mercato invece di  assicurare l’occupazione di lungo periodo.

 

Sarebbe veramente inconcepibile, chiude il sindacato, che il Governo si dichiari a favore dei giovani cercando soluzioni per l’inclusione di questi nel mondo del lavoro e poi assista, passivamente, alla distruzione di un settore che impiega circa 80 mila lavoratori, più di quanti ne impiegano in Italia la Fiat, l’Enel, Telecom Italia, le FS.