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#Datagate. Cina Vs Usa per lo spionaggio a Huawei. Ma agli ISP basta una mail per controllarci tutti

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Il governo cinese pretende spiegazioni da Washington sullo spionaggio condotto dall’NSA ai danni di Huawei dal 2009. Sembrerebbe la storia del bue che dà del cornuto all’asino: il Governo americano ha infatti accusato Huawei di essere un pericolo per la sicurezza nazionale, intimando alle aziende tlc del Paese di non fare affari col gruppo cinese.

“La Cina è seriamente preoccupata per le accuse di spionaggio”, ha riferito un portavoce del ministero cinese degli esteri, mentre Huawei ha condannato fermamente le operazioni condotte dall’NSA, invitando le aziende del settore a unire le forze per contrastare il monitoraggio delle comunicazioni a livello globale.

Secondo quanto riferito dal New York Times e da Der Spiegel, sulla base di documenti fatti trapelare sempre da Edward Snowden, l’NSA sarebbe riuscita a introdursi nel corso degli anni agli archivi della posta elettronica di Huawei, nei documenti interni dei dirigenti della società oltre che nei codici segreti dei prodotti dell’azienda.

“Se i fatti rivelati trovassero riscontro, Huawei condannerà con forza l’infiltrazione nelle nostre reti interne e lo spionaggio delle nostre comunicazioni”, ha dichiarato il vicepresidente della società, Roland Sladek.

 

Contro le attività di monitoraggio del governo americano si è schierato la scorsa settimana il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che ha telefonato al presidente Barack Obama per esprimergli la sua ‘frustrazione’ per l’impatto di queste massicce operazioni di spionaggio sulla credibilità dei servizi internet.

 

Ma, a ben vedere, il Governo Usa non è certo il solo a ‘ficcanasare’ nelle comunicazioni degli utenti del web: se si leggono con attenzione le condizioni d’uso che ciascuno di noi sottoscrive quando decide di usare un qualsiasi servizio di posta elettronica, emerge che tutti i provider – da Microsoft a Yahoo, Google e Apple – rivendicano il diritto di accedere ai contenuti degli utenti per ‘difendere’ la loro proprietà.

Microsoft, ad esempio, ha ammesso di essere entrato nell’account Hotmail di un giornalista per rintracciare l’origine di una soffiata sul codice di Windows 8.

Un diritto, quello di spiare per tutelare il business, avanzato anche da tutti gli altri provider: Google, ad esempio, non solo butta l’occhio nelle nostre email per poi offrire ai suoi inserzionisti l’opportunità di inviarci pubblicità basate su quanto abbiamo scritto, ma si riserva anche la possibilità di accedere “alle vostre informazioni e a ogni contenuto associato con l’account…nel caso in cui si ritenga in buona fede che l’accesso sia necessario per proteggersi contro un danno imminente alle proprietà di Google”.

Più o meno la stessa cosa fanno Apple e Yahoo!.

Niente di misterioso, intendiamoci, è tutto scritto nei termini di utilizzo dei servizi, che ovviamente nessuno legge mai, almeno non per intero, altrimenti, c’è da scommettere, nessuno accetterebbe mai.

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