Telco vs OTT: oggetti connessi nuovo volano di crescita per gli operatori

di Alessandra Talarico |

Il mercato degli oggetti connessi varrà 61 miliardi nel 2017, ma le telco dovranno innovare e proporsi nel ruolo di distributori per non finire (di nuovo) relegati ai margini della catena di valore.

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L’Internet delle cose sarà la nuova gallina dalle uova d’oro delle telecom? Gli operatori telefonici sperano di trovare negli oggetti connessi un nuovo volano di crescita e non intendono farsi relegare nuovamente al ruolo di semplici intermediari, come è successo nel mercato della app.

Nei prossimi 5 anni, il mercato degli oggetti connessi registrerà una forte impennata: secondo l’istituto di ricerca Idate, il giro di affari si è attestato nel 2013 a 37 miliardi di dollari. Da qui al 2017, quando i dispositivi e le macchine connesse alla rete saranno 470 milioni (dai 175 milioni dello scorso anno) il mercato dovrebbe arrivare a un valore di 61 miliardi di dollari.

Tre i settori che domineranno la scena e traineranno la crescita del mercato, quello automobilistico, l’elettronica e tutto ciò che concerne la gestione delle reti idriche, del gas e l’elettricità.

Lo scorso anno, i due terzi dei ricavi sono stati appannaggio degli sviluppatori di software e delle società specializzate nell’analisi dei dati raccolti. Ma negli anni a venire gli operatori non vogliono restare alla finestra.

Certo, l’aumento nel numero di oggetti connessi non necessariamente garantirà la crescita del fatturato degli operatori telefonici, che potrebbero ritrovarsi all’angolo, tanto più che i big come Google, ‘fiutato’ l’affare, stanno iniziando a rastrellare le aziende più promettenti del settore (come Nest Labs).

Ma secondo alcuni analisti, non tutto è perduto: gli operatori potrebbero ritagliarsi un ruolo credibile nella distribuzione degli oggetti connessi sul versante professionale, cosiddetto machine-to-machine (M2M), per generare un valore aggiunto associando gli oggetti connessi ad altre offerte e fidelizzare così i clienti.

Per uscirne vincitori, gli operatori devono “innovare o diventeranno solo dei condutture per il trasferimento dei dati. Devono diventare, insomma, fornitori di servizi capaci di imporre i loro prodotti rispetto a quelli degli OTT, soprattutto in ambito cloud”, ha spiegato Mohssen Toumi, di Booz&Co.

Dal momento, poi, che sono sempre le telco a gestire la rete, devono cominciare a far leva sulla necessità di accordi commerciali con gli OTT (come sta succedendo negli Usa con gli accordi tra Netflix e Comcast e forse anche con Verizon).

“Per gli OTT, infatti, è di vitale importanza che i loro servizi siano accessibili”, ha spiegato un altro analista Booz&Co, Pierre Péladeau.

 

Altro spiraglio per le telco potrebbe essere il 5G, una tecnologia che non servirà solo ad accelerare la velocità di navigazione da mobile, ma assicurerà la capacità necessaria per far fronte all’incremento del traffico wireless generato da umani e macchine.

“Il 5G – ha sottolineato il presidente del board Etno, Luigi Gambardella – ci proietterà verso una situazione win-win e ci offrirà nuove opportunità economiche nel campo della segmentazione delle offerte premium e dei servizi specializzati”.