Telecom Italia: sciolto il nodo governance. Focus sulle competenze per il nuovo Cda

di Alessandra Talarico |

Il documento dell’ad di Telecom Italia, approvato all’unanimità, accoglie le richieste dei soci di minoranza per una maggiore indipendenza del board e del Presidente, che dovrà essere scelto fra i consiglieri in possesso dei requisiti di indipendenza.

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Telecom Italia, Marco Patuano

Il Cda di Telecom Italia è giunto a un “buon punto di equilibrio”, sulla corporate governance, come ha sottolineato ieri uscendo dalla riunione il consigliere Massimo Egidi.

Il documento elaborato dall’ad Marco Patuano e approvato all’unanimità accoglie le richieste dei soci di minoranza per una maggiore indipendenza del board – che passerà da 15 a 11-13 membri e dovrà essere indipendente nella ‘sostanza’, non solo nella ‘forma’, rispetto sia al management sia all’azionista di riferimento – e del Presidente che dovrà essere scelto fra “i consiglieri in possesso dei requisiti di indipendenza, affinché rappresenti una figura di garanzia per tutti gli azionisti”.

Il documento approvato ieri indica altresì che le liste dovranno garantire “un adeguato mix di competenze e professionalità”. Le competenze di cui si ritiene opportuna la presenza all’interno del CdA sono “quelle riguardanti il settore delle telecomunicazioni o business contigui, la finanza, l’organizzazione, la gestione rischi e il controllo interno”.

Come richiesto dalle minoranze, in particolare da Marco Fossati, inoltre, anche la presidenza dei comitati che lavoreranno a stretto contatto con il Cda – quello Controllo e Rischi e il Comitato Nomine e Remunerazione – dovrà essere attribuita a “Consiglieri indipendenti, preferibilmente tratti dalle liste di minoranza”.

Il documento approvato ieri raccomanda quindi che in ciascuna lista dovrà essere assicurata “la presenza di una chiara maggioranza di candidati che si qualifichino come indipendenti” con una valutazione di indipendenza che dovrà essere effettuata  “più guardando alla sostanza che alla forma”. Viene inoltre indicato lo 0,5% del capitale con diritto di voto quale quota minima per la presentazione delle candidature (dal precedente 1%).

Il nuovo assetto delle deleghe “basato su un Presidente non esecutivo e una separata figura di Amministratore Delegato (Chief Executive Officer), con una forte impronta di lavoro collegiale basata sulle attività istruttorie dei comitati” limiterà ulteriormente l’influenza del socio ‘forte’ Telefonica.

 

Non sono però passate le richieste avanzate dal consigliere indipendente di Assogestione, Lucia Calvosa, di assegnare alla lista più votata i due terzi e non più i quattro quinti del board, attraverso un sistema di nomine proporzionale. Alle minoranze andranno in ogni caso soltanto tre posti nel board e il loro ‘peso specifico’ varierà a seconda se il numero complessivo di consiglieri sarà di 11 o di 13.

Pollice verso anche per la proposta che voleva demandare direttamente all’assemblea la nomina del Presidente: il prossimo 16 aprile, in sostanza, si deciderà se sarà l’assemblea o il consiglio a nominarlo anche se c’è tempo fino al 6 marzo per completare l’agenda dell’assemblea che, dunque, potrebbe ancora riservare sorprese.

 

Le decisioni del Cda di ieri, che hanno di fatto sbloccato l’impasse sulla governance, hanno anche ridato slancio al titolo che, dopo il -4,2% registrato ieri, oggi a metà mattinata viaggiava in rialzo dell’1,3%.

A influire sull’andamento in Borsa, anche le dichiarazioni rese ieri su Tim Brasil dal Cfo di Telefonica, Angel Vila, secondo cui il consolidamento del mercato carioca “può essere una situazione win-win sia per gli operatori che per i consumatori. Ma affinché questo genere di operazione si materializzi occorre che una serie di elementi vadano al loro posto e, in definitiva, questo è estremamente difficile e complesso”.