#WebTax, stop di Renzi. Scontro con Boccia in punta di tweet

di Raffaella Natale |

Scoppia la bagarre su Twitter dopo lo stop alla Web Tax annunciato da Matteo Renzi. La rimozione riguarda solo l’obbligo di partita Iva o anche il ruling?.

Italia


Matteo Renzi

Rimossa dal governo Renzi la disposizione della Web Tax che prevedeva l’obbligo di partita Iva italiana per gli acquisti di pubblicità online. Resta apparentemente in piedi la prima parte della norma, passata con la Legge di Stabilità, riguardante la tracciabilità dei pagamenti destinati alle aziende che vendono beni e servizi online, in vigore dal 1° gennaio di quest’anno.

Un provvedimento che, come ha sottolineato l’on. Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio della Camera, padre della Web Tax, porterà nelle casse italiane 137,9 milioni di euro per fine anno.

 

Renzi ha bloccato l’intero provvedimento o solo la parte relativa all’obbligo di partita Iva? Lo chiede anche Boccia al premier che su Twitter scrive: “Parli di ruling o Iva? Con mio ruling ok da 1/1 +137,9mln #fattienontweet, su Iva it’s up to you“.

Renzi risponde evasivo senza fornire chiarimenti: “Avevamo detto no #webtax Siamo stati di parola“.

Pronta la replica di Boccia: “@matteorenzi Sì, di parola con OTT!”.

 

La notizia della rimozione dell’obbligo di partita Iva italiana per l’eAdvertising, che con il ritiro del Decreto Salva Roma sarebbe entrato in vigore da domani 1° marzo, è stata annunciata dal premier al termine del Consiglio dei Ministri con un tweet: “…ne riparleremo in un quadro di normativa europea”, rimandando quindi il tutto al momento in cui sarà la Commissione Ue a decidere cosa fare per fermare le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale messe in piedi dalle multinazionali di internet che, per pagare al minimo le tasse, traghettano i profitti nei paesi con regimi vantaggiosi. Irlanda e Lussemburgo le mete europee preferite dalle web company.

 

Un complesso sistema di scatole cinesi che permette ai colossi della rete, Google in primis, di fare lauti guadagni con la pubblicità online, pagando solo le briciole all’Erario. Pratiche conto le quali anche il presidente Barack Obama ha preso posizione oltre a diversi Paesi europei e all’Ocse. Argomento ripreso anche dal presidente François Hollande nella sua ultima visita negli Stati Uniti per ribadire con forza che “le pratiche dei colossi della rete sono inaccettabili“.

E Google, proprio in Francia rischia una multa record da 1 miliardo di euro per aver eluso le tasse.

 

Da tempo in Italia le Autorità (Antitrust e Agcom) hanno lanciato l’allarme Google. L’azienda di Mountain View controlla il 50-60% del mercato della pubblicità online.

I ricavi pubblicitari di Facebook, che nel 2012 ha fatturato solo 3 milioni di euro, secondo le stime dell’istituto e-Media, nel nostro Paese si attestano in una forchetta che oscilla tra 85 e 110 milioni di euro per lo scorso anno.

 

Lo scorso anno gli OTT hanno versato all’erario italiano solo 9,157 milioni di euro (5,98 se si considerano i crediti d’imposta).

 

Se fosse entrato in vigore l’obbligo di partita Iva italiana per le aziende attive sul mercato dell’eAdvertising, per fine anno avremmo avuto un gettito fiscale di 500 milioni di euro.

Ma Renzi ha deciso di rimuovere la norma e attendere che sia la Ue a muoversi. Chi canta vittoria?