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Call Center, delocalizzazioni ‘selvagge’ nel mirino dei sindacati

Italia


Sindacati sul piede di guerra contro delocalizzazione “selvaggia” dei call center. Nel mirino dei sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil la nuova normativa contenuta nel Decreto Sviluppo, art. 24-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito nella Legge 7 agosto 2012, n. 134), recante per titolo “Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center”, soprattutto nei casi di aziende che ricevono incentivi di cui alla Legge 407/1990 e contestualmente delocalizzano parti di attività all’estero.

Nel mirino in particolare il mancato rispetto della privacy degli utenti chiamati dall’estero e la mancata comunicazione dei volumi di lavoro prodotti all’estero al ministero del Lavoro. Per sensibilizzare le aziende e l’opinione pubblica è prevista una conferenza stampa congiunta, che si terrà il prossimo 19 febbraio a Roma. 

 

“Vogliamo denunciare cosa sta succedendo nel settore dei call center, in particolare sul fronte delle delocalizzazionidice Salvo Ugliarolo, segretario nazionale Uilcom-Uil – Da tempo conduciamo una battaglia per contenere questo fenomeno, sempre più diffuso che però non avviene secondo le nuove norme approvate un anno e mezzo fa e contenute nell’articolo 24 bis del Decreto Sviluppo. In particolare, gli operatori che chiamano da call center esteri devono dichiararlo al destinatario della chiamata, ma quest’obbligo non sempre viene rispettato. Inoltre, le aziende che hanno delocalizzato attività di call center all’estero devono comunicare al ministero del Lavoro i volumi di attività portati all’estero. Ma anche quest’obbligo è generalmente disatteso dalle aziende”. 

 

Nel dettaglio, sono due i punti centrali su cui si articola la denuncia del sindacato: in primo luogo “l’articolo 24-bis dispone che quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale – si legge nel testo – Nel caso contrario in cui sia il cittadino ad essere destinatario di una chiamata da parte di un call center, l’operatore dovrà preliminarmente informarlo sul Paese estero in cui l’operatore medesimo è fisicamente collocato”.

Il secondo punto critico della norma, secondo i sindacati, riguarda l’obbligo di comunicazione al ministero del Lavoro del trasferimento delle attività all’estero. “Qualora un’azienda decida di spostare l’attività di call center fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti – si legge nella norma – Inoltre deve darne comunicazione all’Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Registro delle opposizioni“.


Secondo dati del maggio 2012 diffusi da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, il settore dei call center in Italia occupava all’epoca circa 50 mila dipendenti a tempo indeterminato ai quali si devono sommare quelli operativi nelle attività di outbound, le attività di vendita o promozionali, che contava 40 mila lavoratori assunti nella quasi totalità a progetto.  


Intanto, si conclude oggi ad Orlando in Florida la conferenza mondiale promossa dal sindacato internazionale Uni Global dedicata ai lavoratori dei settori dell’Itc e Call Center sempre più coinvolti dai processi di outsourcing dei servizi. “Occorre una strategia globale per governare i processi di outsourcing e di esternalizzazione dei servizi alle imprese – ha detto Pierangelo Raineri, segretario nazionale della categoria di Fisascat Cisl nel corso del suo intervento alla conferenza – E’ necessario organizzare il lavoro nel settore e trovare la giusta collocazione per i milioni di lavoratori e lavoratrici temporanei impiegati in questi servizi”

 

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