Telecom Italia: No dell’assemblea alla revoca del Cda. Marco Patuano, ‘l’azienda è solida’

di Alessandra Talarico |

Una vittoria di misura per il fronte anti-revoca. Il cda resta a 11 membri: no ai due consiglieri indicati da Telco.Approvato aumento di capitale da 1,3 miliardi di euro.

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Marco Patuano

L’Assemblea di Telecom Italia, durata oltre 10 ore, ha infine bocciato la proposta di revoca del Cda avanzata da Marco Fossati, ma la vittoria del fronte anti-Findim non è stata eclatante: a favore della conferma dell’attuale Consiglio si è espresso infatti il 27,29% del capitale, ossia il 22,38% di Telco affiancato da un altro 4,9% probabilmente dei fondi italiani. Oltre a questa vittoria veramente di misura, per Telco è arrivata anche la doccia fredda rappresentata dal mancato raggiungimento del quorum necessario per l’integrazone in cda dei due candidati indicati dalla holding – Angelo Tantazzi e Stefania Bariatti –  per il reintegro dei dimissionari Elio Catania e Franco Bernabè. Il cda resta, quindi, a 11 membri, visto che alle dimissioni di Catania e Bernabè si sono aggiunte quelle degli spagnoli Cesar Alierta e Julio Linares.
L’assemblea ha proposto a Marco Fossati di candidarsi al cda ma il patron di Findim ha rifiutato, sottolineando di essere più utile ‘fuori’. Ad aprile, ha sottolineato Fossati, Findim – terzo azionista di Telecom Italia con il 5% del capitale – proporrà un cambio di statuto per dare ai soci “la possibilità di essere rappresentati in modo proporzionale, democratico e corretto”.

 

Approvato, invece, con l’81,06% dei voti a favore e il 17,2% di contrari, l’aumento di capitale da 1,3 miliardi di euro a servizio del bond convertendo.

 

L’assemblea – cui ha partecipato il 54,2642% del capitale – è stata aperta dall’ad Marco Patuano, che nel suo intervento ha toccato i punti nevralgici del dibattito – dalla solidità dell’azienda alla cessione di Telecom Argentina, passando dall’unbundling – e ha lanciato poi l’invito a fermare le polemiche per concentrarsi sul futuro del gruppo.

 

 

Assemblea dei soci esempio straordinario di democrazia societaria

L’assemblea di oggi, chiamata innanzitutto a discutere temi di governance, rappresenta “uno straordinario esempio di democrazia societaria per tutta la finanza italiana ed europea”, nonché “la sede propria” per affrontare un dibattito “che ha acceso gli animi” ed è “uscito molto presto è uscito dai suoi ambiti specifici prima di approdare” nella sua sede naturale, ha affermato Patuano.

“Le decisioni che saranno prese in un momento assembleare a cui partecipa oltre il 50% del capitale dell’azienda, dovranno essere accolte con grande senso di responsabilità da parte di tutti, nell’interesse di Telecom Italia e dei suoi stakeholder”.

L’affluenza record registrata oggi in assemblea si traduce per Patuano “in un messaggio importante del mercato affinché si rafforzi ulteriormente la governance di Telecom Italia, in modo che non solo continui a essere ispirata a principi di sana e corretta gestione, ma possa fugare qualsiasi futuro dubbio sul funzionamento dell’organo consiliare”.

 

Telecom non è un’azienda in crisi

Patuano ha proseguito il suo intervento difendendo l’azienda, troppe volte in passato descritta come “un’azienda in crisi non solo economica e finanziaria, ma anche di idee e di strategie”.

“Questo non è vero”, ha detto Patuano: “Nonostante il contesto turbolento sotto il profilo congiunturale e di mercato che ha caratterizzato il nostro orizzonte, soprattutto in Italia, questo gruppo continua a occupare una posizione di leadership grazie a uno tra i più elevati livelli di profittabilità in Europa e grazie al continuo aumento della quota di mercato in Brasile del nostro operatore mobile”, ha precisato.

 

Sostenibilità del debito

Per l’anno in corso, l’obiettivo, ha ribadito, è quello di “ridurre il debito al di  sotto dei 27 miliardi di euro rispetto ai 35,7 miliardi di euro di fine 2007”.

Dalla fine del 2007 alla fine del 2013, ha spiegato, “Telecom Italia sarà stata capace di ridurre il debito di quasi nove miliardi”.

“L’azienda – ha detto ancora Patuano – può contare a fine settembre 2013 su oltre 13 miliardi di euro, tra liquidità e linee di credito; un importo che ci garantisce una copertura delle quote del debito in scadenza di oltre 3 anni”.

“L’aggiunta di ulteriori 4 miliardi di liquidità porterà la copertura delle scadenze finanziarie a oltre 4 anni. Queste cifre testimoniano come risulti ampiamente garantita la sostenibilità del debito nonostante il giudizio espresso dalle agenzie di rating, Moody’s e più recentemente Standard and Poor’s che hanno

abbassato il giudizio sul cosiddetto merito di credito della società”.

 

Unbundling, ci tuteleremo

Ieri l’Agcom ha confermato il listino sull’unbundling nonostante la ferma opposizione della Ue.

Non è mancato un riferimento alla decisione che, appunto, secondo Patuano, “appare in contrasto con l’evoluzione del quadro regolamentare europeo mirato, ad assicurare un assetto stabile e prevedibile che incentivi gli investimenti attraverso il riconoscimento di un adeguato ritorno del capitale”.

Telecom Italia, ha aggiunto, prende atto della decisione Agcom e si riserva “di tutelare i propri interessi”.

 

Tim Brasil

Telecom Italia non ha mai “preso in considerazione la vendita della partecipazione brasiliana e neanche indirettamente una sollecitazione a ricevere un’offerta”.

“Il cda considera il problema del Cade un problema di Telefonica. Non abbiamo mai preso in considerazione la vendita della partecipazione brasiliana e neanche indirettamente una sollecitazione a ricevere un’offerta”.

 

Cessione Argentina

Tra i temi più ‘caldi’, esempio lampante per i piccoli azionisti del conflitto d’interessi di Telefonica in seno al cda, la vendita di Telecom Argentina per 960 milioni di dollari al fondo Fintech.

L’ad si è detto convinto che la cessione “era e resta una buona operazione”. “Si è trattato di cogliere l’opportunità di uscire da un investimento in una società che, benché sana, si trova in un paese caratterizzato da alta volatilità”.

“L’alternativa alla vendita avrebbe dovuto essere, prima o poi, un ulteriore rafforzamento della nostra quota di interessenza economica nella partecipazione, che era infatti limitata al 22,7%”.

Tale operazione, tuttavia, avrebbe rappresentato per il gruppo “un rischio finanziario incompatibile con il focus del nostro piano”.

Quanto all’opportunità di fare una gara, ha spiegato: “Abbiamo ritenuto che l’unica procedura di vendita possibile fosse una trattativa diretta, riservata e rapida nei tempi”.

 

L’andamento del titolo e gli effetti del Piano strategico

“Da fine settembre a oggi il titolo ha avuto una performance relativa di un aumento del 40%. È una visione di brevissimo termine. Nessuno può dirsi soddisfatto, il nostro titolo deve stare ben sopra l’euro e questo è il nostro obiettivo”.

Solo pochi mesi fa, prima della presentazione del piano industriale lo scorso 7

Novembre, ha aggiunto, il titolo “aveva addirittura rotto la barriera di 0,50  euro per azione. L’incertezza strategica attorno a Telecom Italia era massima”.

Per questo “abbiamo innanzitutto  ritenuto indispensabile dare risposte a tutti i punti che  erano aperti e creavano incertezza sul titolo”, con un piano che ha una visione strategica, contiene strategia di investimento e consolidamento del mercato mobile.

 

I negoziati con CDP

Patuano è intervenuto anche sulle negoziazioni con la Cassa Depositi e Prestiti, spiegando che erano due i driver che guidavano le trattative: “finanziarie gli investimenti sulla rete in un momento in cui Telecom aveva disponibilità finanziarie ridotte e determinare un miglioramento delle condizioni regolatorie. Nessuna delle due condizioni si è verificata”.

 

I rapporti con Telco

Patuano ha negato di avere rapporti diretti con Telco e i suoi soci e che, per questo motivo, non era informato dell’aumento della quota di Telefonica in Telco: “Non ho avuto anticipazioni di dettaglio sull’operazione e sul mercato vi erano generiche anticipazioni sui contatti in corso”.

 

Le torri

“Sembriamo un unicum planetario noi che vogliamo vendere le torri, ma lo sta facendo anche AT&T” ha detto Patuano, sottolineando che non è vero che questo tipo di operazioni le fa chi è sull’orlo della bancarotta.

“Ovviamente se vendessimo le torri per riaffittarle a un prezzo superiore a quello incassato sarebbe un cattivo affare. Ma questo è il punto: se l’operazione è in fase studio questo vuol dire che deve essere valutato il punto di equilibrio, ovvero il canone di locazione non deve superare l’importo percepito a fronte della vendita”.

 

Stop a polemiche, guardare al futuro

E’ giunto il momento, secondo Patuano, “di superare le polemiche e le dietrologie e di tornare a focalizzarci sul futuro del nostro gruppo, sull’interesse di tutti gli azionisti affinchè Telecom Italia sia messa nelle condizioni di perseguire un piano industriale che la porterà a riappropriarsi della rivoluzione in atto nel nostro settore, a guidare la trasformazione digitale, ad accelerare il processo di riposizionamento sul mercato e a consentire il giusto apprezzamento del nostro titolo”.