#Unbundling, UE: ‘Il listino Agcom non è in linea con la direttiva di Bruxelles’. O ritiro o modifica

di Alessandra Talarico |

La Ue formalizza la richiesta all’Agcom di modificare o ritirare la delibera sull’unbundling. Marco Patuano, ‘importante che aziende sane che possono investire molto debbano muoversi in un contesto regolatorio pro-investimenti’.

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Angelo Cardani

È stata infine formalizzata dalla Commissione europea la richiesta all’Agcom di modificare o ritirare la delibera sull’unbundling approvata dall’Autorità italiana lo scorso 11 luglio e che determinerebbe la riduzione dei prezzi che gli operatori concorrenti pagano a Telecom Italia per accedere alla sua rete fissa.

Dopo tre mesi di analisi, Bruxelles ha in sostanza confermato i ‘seri dubbi’ sull’operato dell’Agcom, già espressi nella lettera inviata all’Agcom lo scorso del 12 agosto.

Agcom ha ora tempo fino al 12 gennaio per adeguarsi alle richieste di Bruxelles e scongiurare l’apertura di una procedura d’infrazione, come ha chiarito anche il portavoce del Commissario Neelie Kroes: “Agcom ha adesso un mese per adeguarsi alla raccomandazione della Commissione. Dopodiché valuteremo la situazione” ha precisato Ryan Heath.

 

Nel dettaglio, come si legge nella Raccomandazione inviata all’Autorità presieduta da Angelo Marcello Cardani, la Commissione considera ancora valide le riserve espresse sull’inadeguatezza del metodo di calcolo utilizzato per determinare le tariffe di unbundling. Metodo, ribadisce Bruxelles, non in linea con la direttiva quadro Ue e che ha “il potenziale di danneggiare gli investimenti nella banda larga”, sia quelli di Telecom Italia che degli altri operatori.

 

Non hanno convinto, insomma, la Commissione, né il parere del Berec, l’organismo che riunisce i regolatori europei – che “non ha aggiunto nulla di nuovo a quanto aveva già esposto Agcom” – né le prove fornite dall’Autorità italiana a sostegno dell’approccio proposto per fissare i prezzi di accesso all’ingrosso.

Secondo Bruxelles, se Agcom avesse utilizzato una metodologia di calcolo dei costi più adeguata, e non basata su un’analisi di mercato condotta per il periodo 2009-2012, le tariffe per l’accesso alla rete in rame avrebbero dovuto essere fissate a 9,16 euro al mese contro gli 8,68 stabiliti nella delibera di luglio.

 

Nel sottolineare che “Agcom non sta agendo in linea con gli obiettivi fissati dall’Articolo 8 della direttiva quadro” del 2002, in cui si chiede di “incoraggiare gli investimenti, inclusi quelli nelle rete di nuova generazione”, la Commissione, quindi, raccomanda all’Autorità italiana di aggiornare il calcolo delle tariffe “sulla base di dati aggiornati, che oltre a rispecchiare più accuratamente gli sviluppi del mercato che incidono sul tasso (sovrano) risk-free e sul rischio azionario, riflettano, più in generale, l’esigenza di stabilità, trasparenza e prevedibilità dei prezzi all’ingrosso di accesso alla banda larga evitando shock e fluttuazioni significativi”. In tal modo, si potrà garantire “che il meccanismo scelto di recupero dei costi miri a promuovere l’efficienza e la concorrenza sostenibile e massimizzi i benefici dei consumatori”.

 

Per il Commissario Neelie Kroes, “una regolazione che non consente all’operatore regolato un adeguato ritorno sui capitali investiti, non contribuirà certamente a fornire reti moderne a beneficio dei cittadini europei. La regolazione – aggiunge – deve essere basata su metodi economici solidi e dati aggiornati e per assicurare che gli operatori sia regolati sia quelli alternativi abbiano gli incentivi giusti per investire in nuove tecnologie e che la concorrenza non sia falsata”.

 

Ogni nuova misura dovrebbe inoltre tenere conto della raccomandazione sugli obblighi di non discriminazione e sulle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti nella banda larga.

 

L’orientamento ‘pro-investimenti’ della Commissione europea è stato accolto con soddisfazione dall’ad di Telecom Italia, Marco Patuano, secondo cui “…è importante che aziende sane che possono investire molto debbano muoversi in un contesto regolatorio pro-investimenti”.

Secondo Patuano, infatti, non bisogna “spremere le aziende come un limone ma lasciare margini a chi vuole investire”.

“A chi spetti l’ultima parola non spetta a noi dirlo. Prenderemo le regole che ci verranno attribuite”, ha concluso.