#Datagate, Antonello Soro: ‘Internet provider Usa più potenti dei sultani del petrolio’

di Paolo Anastasio |

Il Garante Privacy: 'La concentrazione in un unico paese dei maggiori Isp del mondo combinata con le leggi emergenziali è un rischio per la democrazia e i diritti di tutti'.

Italia


Antonello Soro

“Siamo di fronte al paradosso che gli Stati Uniti, la patria dei diritti, rischiano di aver prodotto un’interpretazione esasperata delle leggi emergenziali per difendere il bene più prezioso, quello della sicurezza dei cittadini americani, violando però la stessa libertà dei cittadini americani che vogliono difendere. Il rischio è di aver prodotto un’immagine negativa di quel modello”. Lo ha detto oggi il Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro al convegno “Datagate e Privacy: dati segreti, dati spiati, dati venduti”, promosso da Arturo Di Corinto, che si è tenuto alla Camera alla presenza di Stefano Rodotà e Francesco Pizzetti.  

 

Il Datagate ha dimostrato, secondo Soro “quanto possa essere rischiosa – per la democrazia e i diritti di tutti – la combinazione tra la concentrazione, in un unico Paese, dei principali provider, come Google e Facebook, e leggi emergenziali  che considerino le libertà un lusso cui, necessariamente, rinunciare – ha detto il Garante – Rischi, questi, ulteriormente aggravati dalla vulnerabilità dei sistemi informatici e, ancor più, dei cavi di fibra ottica cui sono affidati, assieme alle comunicazioni, interi pezzi della vita privata di ciascuno di noi e che norme emergenziali hanno reso facilmente accessibili, almeno negli snodi americani, dalle agenzie d’intelligence”.

Di fronte a questa situazione, negli Usa si sta pensando di rivedere le leggi e ricondurre i poteri dell’intelligence dentro una cornice di giurisdizione trasparente e di controllo democratico. Ma è altrettanto importante, questo l’auspicio del Garante privacy, una  rapida approvazione del cosiddetto “accordo-ombrello” tra Europa e Usa per la tutela dei dati personali nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia.

Il rischio legato allo scandalo Datagate, prosegue Soro, è quello di aver provocato “una deriva sovranista in diversi paesi che scontano una scarsa democrazia digitale, come la Russia e ad esempio l’Iran, dove hanno allestito una infrastruttura di posta elettronica nazionale considerata più sicura. Inoltre, oggi molti cittadini comuni considerano la Rete un rischio”.

 

D’altro canto, “il Datagate ha favorito una presa di coscienza sui cambiamenti dell’idea di libertà che ha sempre più a che fare con la responsabilità dell’immagine che diamo di noi stessi”, aggiunge Soro, sottolineando come nella sfera digitale la nostra immagine dipende molto anche dagli altri, perché il presidio su di essa è assente.

 

Detto questo, il ruolo degli Internet provider americani, che sono i maggiori e più potenti del mondo, ne accresce il ruolo nella raccolta di dati e nello stoccaggio di questi su server che s trovano in territorio statunitense. “I dati raccolti dagli Internet provider vengono raccolti, analizzati, profilati anche per scopi pubblicitari e su richiesta del Governo – dice Soro – I sultani del petrolio non hanno mai avuto il potere che oggi hanno gli Internet provider”.

 

La deroga dei diritti negli Usa dopo l’11 settembre  ha consentito così all’Nsa di accedere liberamente a qualunque comunicazione di cittadini stranieri e statunitensi in un “delirio di creazione di profili belli e pronti di cittadini di tutto il mondo”, dice Soro.

 

Per quanto concerne la reazione europea, “l’UE ha tentato di fare luce sulla vicenda, istituendo un apposito gruppo di lavoro con funzione conoscitiva, il cui maggiore limite risiede, tuttavia, nel segreto opposto dagli Usa su alcune delle informazioni che sarebbe invece stato necessario acquisire per meglio comprendere caratteristiche e dimensioni del fenomeno – si legge nell’intervento di Soro – dalla nozione di “foreign intelligence” le cui esigenze fondano i poteri acquisitivi dell’Nsa all’ambito effettivo di circolazione dei dati acquisiti; dal termine di conservazione degli stessi alla quantità effettiva di dati acquisiti (di cui si conosce solo il rapporto, già di per sé preoccupante, con il traffico globale in rete: ben l’1,6%!). L’opposizione del segreto su questi dati è ancor meno accettabile ove si consideri come a livello internazionale non esista un’istanza capace di superare tale limite e, dunque, di accertare l’eventuale responsabilità internazionale degli Usa”.  

Per quanto riguarda il nostro Paese, Soro ha sottolineato come il recente protocollo siglato tra Garante e il Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza rappresenti “una risposta positiva” alle preoccupazioni suscitate dal Datagate, una risposta in grado, peraltro, di portare a sistema l’attività di vigilanza del Garante e consentire una ricognizione degli archivi utilizzati dai Servizi.