Web-Tax, Francesco Boccia rilancia: ‘Deve rientrare nella Legge di Stabilità’

di Paolo Anastasio |

Ieri il dibattito sulla Web-Tax organizzato dall’Anica. Il presidente della Commissione Bilancio alla Camera annuncia battaglia in Parlamento, per spingere la sua proposta di legge. “Non mi tiro indietro ma il fuoco di sbarramento è aumentato

Italia


Francesco Boccia

Portare la “Web-Tax” alla Camera la settimana prossima, farla rientrare nella Legge di Stabilità, in modo tale che, “se tutto va bene in sede parlamentare”, entri in vigore il 1° gennaio 2014. E’ questo l’obiettivo di Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio, padre della proposta di legge fiscale per l’introduzione di un’imposta sull’economia digitale, che mira a tassare in Italia i profitti delle multinazionali – fra cui  gli Ott come GoogleYoutubeFacebookAmazon, Apple & Co – derivanti dalla fornitura di servizi online (advertising online e e-commerce) che generano ricavi sul territorio italiano. Ricavi che oggi sfuggono al regime di tassazione del nostro paese grazie a pratiche di elusione (legali) – come il cosiddetto “double Irish sandwich” – che consentono alle multinazionali di pagare le tasse in altri paesi Ue, dal regime impositivo più favorevole, dove hanno sede legale.

 

E’ questo il messaggio lanciato da Francesco Boccia, durante il confronto organizzato ieri dall’Anica a Roma dal direttore generale dell’Anica Silvio Maselli, presenti all’incontro Nicola Borrelli, direttore generale Cinema del MibacRiccardo Tozzi, presidente dell’Anica e Andrea Pezzi, Ceo di Ovo. Al centro del dibattito anche le modalità in cui un’imposta sull’economia digitale potrebbe essere destinata almeno in parte ad un Fondo per l’audiovisivo e per l’industria culturale, a parziale compenso del danno derivante dal downolad pirata di opere cinematografiche. Proposte analoghe sono in avanzato stato di discussione anche in Francia, Germania e Spagna.

 

“Il nostro sistema di produzione è stato condizionato dal sistema delle comunicazioni italiano. I problemi principali sono il basso livello di investimento e la scarsa varietà della produzione, in particolare della tv generalista. Il sistema non è più lo stesso con l’avvento dei nuovi player della rete  – dice Riccardo Tozzi, direttore generale dell’Anica –  Un intervento legislativo che vuole toccare i grandi player del web, Google in testa, per noi è delicatissimo, perché noi li vogliamo come alleati nel sistema delle comunicazioni italiano, che si deve riarticolare. Ma, nonostante la pirateria, parlare di questi nuovi attori per noi è cruciale, perché rappresentano la rottura con del monopolio della tv e la generazione di nuovi canali”.

 

Francesco Boccia prende la palla al balzo. “Dobbiamo uscire dalla Legge di Stabilità con l’approvazione della proposta di legge per l’istituzione della Web-Tax – ha detto Boccia – non ho alcuna intenzione di fare un passo indietro, anche se il fuoco di sbarramento è aumentato dopo la presentazione dell’emendamento in Senato, poi ritirato. Le ragioni che mi spingono a non aspettare i tempi dell’Europa sulla Web-Tax (che non sarà attuale prima del 2015 ndr), sono tante. La discussione in sede Ue rischia di andare troppo per le lunghe”. Boccia parla da contribuente italiano, da docente universitario e da presidente della Commissione Bilancio: “Non sono più disposto a dare il via libera all’aumento delle accise su tabacco, birra, alcolici e benzina per trovare le coperture finanziarie – aggiunge – Agire sulle accise per trovare le coperture è la resa della politica, che invece deve occuparsi del cambiamento della catena del valore di diversi settori economici, come ad esempio quello dell’economia digitale che è in crescita”. Il principio della Web-Tax è che l’imposta si paghi dove si consuma e non dove si produce il servizio.

 

“Non mi preoccupa tanto l’emorragia di gettito fiscale del web, ma la perdita di nostri capitali che lasciano il nostro paese a favore di un modello irlandese che non rappresenta l’Europa ideale, ma la scelta di un modello che favorisce la concorrenza sleale”, precisa il presidente della Commissione Bilancio, che aggiunge: “Non ce l’ho con Google e con le altre web companies, però le rispetterei di più se pagassero le tasse in base a quello che producono sul nostro territorio – chiude Boccia – Anche perché interi settori del nostro paese sono in crisi cronica, come le tv locali, che hanno il 50% del personale in cassa integrazione in deroga. Tv commerciali, giornali e grandi editori perdono fatturato da 3-4 anni, con un calo del 25% all’anno. Se in tre anni perdi 3 miliardi su 9 miliardi di ricavi c’è qualcosa che non funziona nel settore. Per fare pubblicità online in Italia di prodotti italiani alle aziende italiane, consentiamo che i flussi finanziari fuggano fuori dal paese e nulla resti in Italia. E questo succede in tutta l’Europa, che così viene strumentalizzata”.

 

Sulla stessa linea d’onda di Boccia c’è Andrea Pezzi, ex volto televisivo di Mtv oggi Ceo di Ovo, video enciclopedia online che produce clip per il web. Pezzi ricorda che il mercato pubblicitario italiano è passato da 8 miliardi a 6,4 miliardi in soli tre anni. “Ho scoperto come funziona l’erogazione pubblicitaria su Internet. Internet non è fatto di spazio, con Internet  l’idea del paese con dei confini territoriali non esiste più e l’assenza di spazio determina la rivoluzione della vendita pubblicitaria – dice Pezzi – Google, che è il maggior fornitore mondiale di servizi di advertsing, può vendere servizi pubblicitari a chiunque, da qualunque luogo del mondo. Questo vale per tutti coloro che operano in Rete. I vecchi spazi pubblicitari di una volta sono superati da 15 anni, ma in Italia non ce ne siamo accorti. Google non vende spazi ma connessioni su Internet, e questo cambia anche il vecchio paradigma di regime fiscale territoriale. Se non si prende di petto il nuovo mercato rappresentato da Internet, che sta spostando all’estero i ricavi pubblicitari italiani ed europei, allora saranno in tanti che sceglieranno di trasferirsi all’estero, magari in Olanda e Irlanda, dove il regime fiscale è molto più vantaggioso che nel nostro paese. In questo senso appoggio la Web-Tax, è una soluzione di buon senso, che non è una tassa ma la semplice regolamentazione del mercato digitale”.    

 

Chiude il cerchio Nicola Borrelli, direttore generale Cinema del Mibac, che sottolinea il carattere “a-nazionale” degli Ott: “Grande è l’ignoranza del digitale, c’è scarsa consapevolezza di ciò che è già accaduto nel settore – dice Borrelli – Gli Ott e i player tradizionali del settore audiovisivo competono già nella stessa arena, ma gli obblighi che vengono loro imposti sono diversi. I grandi aggregatori della Rete non soggiacciono alle stesse regole fiscali dei player tradizionali. Gli Ott hanno una dimensione a-nazionale e la proposta di legge dell’onorevole Boccia finalmente ne tiene conto. L’Ue ha fatto una consultazione pubblica sullo scenario della produzione di content audiovisivo, bisogna rendere le regole più omogenee, non perché abbiamo paura delle web companies e delle multinazionali estere come ad esempio Google e Apple, ma perché anch’esse devono partecipare alla produzione culturale locale anche sotto il profilo fiscale del nostro paese”.

 

“Il semestre italiano di presidenza Ue sarà l’occasione per rivedere e adeguare la direttiva europea sui servizi multimediali, perché lo scenario e il sistema è completamente cambiato in pochi anni – chiude Borrelli – Bisogna tenere conto del fatto che il nostro sistema di regole è superato. L’adeguamento dell’imposizione fiscale è il primo tentativo di prendere atto che i grandi player della Rete hanno scombussolato il campo di gioco del mercato dell’audiovisivo, dalla produzione alla distribuzione dei contenuti culturali”.