#violenzasulledonne, Gabriella Cims (Donne e Media): ‘E’ una questione culturale’

di di Gabriella Cims (Promotrice Appello Donne e Media) |

Al premier Letta e al presidente Rai, la promotrice dell’Appello Donne e Media chiede un segnale concreto con un piano nazionale per la formazione di genere.

Italia


Gabriella Cims

Oggi 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ci saranno manifestazioni, fiumi di parole e intenzioni propositive riempiranno le pagine dei giornali, dei blog, delle televisioni.

Il 27 maggio scorso, giorno in cui la Camera dei Deputati della Repubblica ratifica la Convenzione di Istanbul promossa dal Consiglio Europeo contro la violenza sulle donne e, contestualmente, osserva un minuto di silenzio in memoria di Fabiana Luzzi, la sedicenne calabrese bruciata ancora viva dal suo coetaneo fidanzato. Brucia la pelle. Da una parte le Convenzioni, i regolamenti, dall’altra una vita spezzata atrocemente nel fiore degli anni.

 

Come lei, migliaia di donne oggi non vivono più, una ogni due giorni, ammazzate da ex mariti, amanti o da sconosciuti colpiti da un rifiutato. Le denunce che molte hanno sporto non bastano a proteggerle da una società che ancora giustifica, sottovaluta, diseduca, dimentica. Domani di quelle vite spezzate non parleremo più. A Fabiana e a tutte le donne ammazzate dedichiamo le riflessioni di questa giornata cercando di trarne le conseguenze. Il minorenne che ha bruciato la sua ragazza è emblematico, come i tanti minorenni che violentano loro coetanee.

 

Ma un ragazzo nasce con il desiderio di stupro, di violenza omicida?

Occorre chiedersi quanta responsabilità abbiano questi minori e quanta ne abbia la società che non ha saputo loro fornire una percezione/visione della donna che vada oltre quella di “oggetto di sollazzo”. All’oggetto di sollazzo, ovviamente, non è consentito opporre un “no”, alla cornice ornamentale non è dato ricoprire ruoli di vertice, al corpo femminile esposto come un “pezzo di carne” che condisce una trasmissione televisiva o un cartello pubblicitario è difficile affidare incarichi di responsabilità. Non basta poi rivestire quel corpo con un tailleur per risarcirlo dal danno che è stato inferto all’immaginario collettivo. Adulti e giovani, siamo tutti soggiogati, influenzati dalle immagini. In una società come la nostra, in cui si legge ancor meno che la media europea, occorre aver chiaro quanta influenza possano avere i mezzi di comunicazione nella formazione dei modelli di riferimento, dei comportamenti da “imitare”.

 

Il riferimento al 27 maggio mette in luce l’aspra dicotomia esistente tra gli intenti della classe politica e dirigente del Paese e i fatti di cronaca che quasi ogni giorno ci hanno abituato a registrare l’omicidio di una donna, anche in presenza di denunce cadute nel vuoto. La drammaticità e l’emergenza dei fatti ci impongono di correggere la rotta, di andare oltre le Convenzioni sovrannazionali e le leggi nazionali e di chiederci quali “azioni” ulteriori porre in essere con urgenza, posto che quelle esistenti evidentemente non sono sufficienti a contrastare un fenomeno dilagante.

 

L’Appello Donne e Media è la Rete di associazioni e rappresentanze che hanno sostenuto un preciso piano di riforme per la “rieducazione di genere della società“, per un corretto uso dell’immagine femminile nei mezzi di comunicazione, al fine di una rappresentazione realistica e plurale delle donne. Il nostro Appello pubblicato e sostenuto da key4biz, dal novembre 2009, ha raccolto migliaia di adesioni e si basa sul presupposto che solo attraverso un rinnovato approccio culturale, fortemente guidato dai media, sarà possibile contrastare l’insopportabile prezzo di violenza e morte subìto dalle donne nella nostra società e quindi, dalla società nel suo intero.

 

Siamo la Rete di donne e uomini che, anche grazie al sostegno del Presidente della Repubblica, è riuscita a far approvare la prima grande riforma in tema “Donne e Media”, con l’introduzione di ben 13 articoli sulla parità di genere nel Contratto di Servizio pubblico radiotelevisivo 2010-2012, oggi in via di rinnovo. Teniamo a sottolineare che è la prima volta che la Tivù pubblica si è impegnata a realizzare una programmazione “rispettosa della figura femminile e della dignità umana, culturale e professionale della donna“, a promuovere “un nuovo corso nell’impiego della figura femminile, anche al fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano le pari opportunità“,  assicurando “una più moderna rappresentazione della donna nella società, valorizzandone il ruolo“.

 

La nostra azione ha preso avvio da una domanda: quanto incidono sull’agire di tutti noi gli stimoli culturali di cui si nutrono le nostre percezioni, guidando la formazione culturale di ciascuno e determinando i modelli di riferimento dell’immaginario collettivo? I modelli di riferimento sono le méte più ambite da raggiungere, le carriere cui aspirare, le strade da imboccare per emulare il successo che qualcuno ha raggiunto percorrendole, poiché quel qualcuno è diventato noto e apprezzato per questo. Un meccanismo esiziale per capire la forza motrice dell’agire e delle scelte individuali di una società, quelle scelte che ne determinano i valori d’insieme.

Dunque, non si può ignorare il ruolo che i mezzi di comunicazione – tutti- giocano in questo delicatissimo aspetto. Se da un lato essi raccontano le società per come sono, dall’altro giocano anche un ruolo attivo nel determinarne, appunto, i modelli raccontati come vincenti, che diventano una vera e propria guida, conscia o inconscia che sia, ispirando le azioni di chi intenda emularli. Si deve anche considerare che oggi un medesimo “contenuto audiovisivo” non ha soltanto una modalità tecnologica per esprimersi ma può viaggiare attraverso le diverse piattaforme mediali, per essere fruito migliaia di volte attraverso i molteplici terminali, dalla tivù, al pc, all’Ipad, allo smartphone, di cui ormai siamo in gran parte dotati. Ciò attribuisce allo stesso contenuto una potenza assolutamente maggiore rispetto agli anni addietro, con un’influenza più pervasiva che i nuovi “servizi di media audiovisivi” hanno nella formazione dei bambini, dei giovani, degli stessi adulti, insomma della società.

 

La riforma attuata dall’Appello Donne e Media ha avviato un processo di rinnovamento fondamentale, “una nuova linea editoriale”, come riconosciuto dalla Presidente della Rai nel recente documento di “Policy di genere”. Ma ora occorre un’accelerazione verso quel processo di “formazione di genere” in grado di invertire la deriva culturale del mancato rispetto delle donne. Affinché ciò accada, sarà importante non tanto cosa si eliminerà dai palinsesti, anche se è apprezzabile l’eliminazione di Miss Italia, ma quanto di innovativo verrà immesso nelle strade convergenti delle tecnologie mediali. Quanto più plurale e non riduttiva sarà la “galleria di modelli femminili di riferimento” che sapremo offrire all’immaginario collettivo tanto più rapidamente saremo in grado di voltare pagina, di superare il concetto di donna come cornice ornamentale.

 

Non è più rinviabile la realizzazione delle riforme che la Rete composita dell’Appello Donne e Media ha sostenuto in questi anni. Al presidente del Consiglio, Enrico Letta, alla presidente della tivù pubblica, Anna Maria Tarantola, ci appelliamo, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, per attivare un “piano nazionale di formazione di genere”. Rinnoviamo le richieste dell’Appello sostenute da miglia di persone, a cominciare dal varo di un “Gruppo di lavoro ad hoc“, un motore che avvii iniziative di formazione di genere a livello di operatori dell’informazione e della comunicazione, giornalisti, autori televisivi, registi, pubblicitari, per la formulazione di contenuti audiovisivi e mediatici idonei a rispondere ad una rappresentazione realistica e plurale delle donne. E’ necessario anche operare un monitoraggio dei contenuti messi in opera, con un coinvolgimento della Rete di associazioni e rappresentanze attive nell’affermazione dei diritti delle donne. A cominciare dalla tivù pubblica, occorre l’effettiva presenza delle donne non solo nel consiglio di amministrazione ma anche nelle posizioni apicali direttamente in grado di influire sull’innovazione delle scelte editoriali. In relazione al varo del Codice Deontologico Donne e Media, come esiste negli altri Paesi dell’Unione Europea, affinché esso superi i limiti aleatori del buon intento, ci rivolgiamo al Presidente Letta per chiedere sin da subito un emendamento al Testo Unico Radiotelevisivo che ne sancisca il rispetto, similmente a quanto già adottato con il Codice Media e Minori. 

 

Un segnale su tutti, la tivù di stato potrebbe darlo anche nel breve termine: alla presidente Tarantola, chiediamo di dare attuazione a quell’impegno assunto pubblicamente il 7 marzo 2012 dalla dirigenza Rai e dal Governo, per la programmazione di una serie di puntate sul “Talento delle Donne“, realizzando così un primo passo concreto per far riemergere il sommerso della pluralità di donne che vivono e operano nel nostro Paese, dando un grande contributo di crescita a tutta la società. Per non dimenticare le ragazze e le donne cadute sotto i colpi di una cultura degenerata.