#ddaonline, Vincenzo Vita: ‘Equivoco Agcom, Indispensabile una legge’

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Per l’esponente del Pd, sul diritto d’autore online ‘l’Agcom invade campi estranei alle sue attribuzioni’.

Italia


Vincenzo Vita

Riportiamo di seguito l’intervento di Vincenzo Vita, già senatore del Pd, al Convegno “Libertà fondamentali sul web. Il Regolamento Agcom sul diritto d’autore” che si è tenuto a Roma alla Camera il 22 novembre scorso.

 

È ben curiosa l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni italiana, che poco si occupa dei temi che la riguarderebbero direttamente, come ad esempio la par condicio, mentre invade campi estranei alle sue attribuzioni.

È il caso del diritto d’autore nelle reti di comunicazione elettronica. Tale tema, evidentemente assai delicato, era stato del resto oggetto di un lungo conflitto nella precedente consiliatura dell’Agcom. Malgrado l’iniziale insistenza dell’ex Presidente Corrado Calabrò, e dopo un lungo dibattito animato da Nicola D’angelo che prese forza da una vasta mobilitazione di associazioni e cittadini (ricordate la “Notte della rete”?), l’Autorità si fermò. Fu accettata la considerazione, persino ovvia, che per trattare argomenti che toccano le persone e i loro diritti fondamentali è indispensabile una legge.

 

Chi ricorda il dibattito preparatorio della legge n.249 del 1997, quella che istituì l’organismo “terzo”, sa bene che dall’enorme perimetro dei poteri assegnati non c’era e non poteva esserci la funzione normativa primaria, essendo comunque l’Agcom un ente di “alta amministrazione”. Ed è francamente debole assumere come fonti di delega il decreto sul commercio elettronico del 2003 o il decreto Romani del 2010, come minimo insufficienti. È un eccesso di zelo incomprensibile. Ed è un’invasione di campo foriera di conseguenze, potendosi facilmente immaginare un Vietnam di ricorsi e di polemiche. 

 

È del tutto condivisibile l’iniziativa assunta dalle associazioni di settore, volta -tra l’altro- a sottolineare che neppure sotto il profilo dei contenuti la proposta di Cardani e colleghi va bene. Non è neppure vero che il downloader non è toccato, visto che molti programmi di file-sharing non permettono il citato downloading se non si mette a disposizione degli altri utenti ciò che si sta scaricando. I programmi di peer-to-peer prevedono espressamente un limite alla possibilità di scaricare se non si è contemporaneamente uploader. È questo il motivo – come ricorda benissimo sul suo blog Fulvio Sarzana –  per cui in tutti i procedimenti penali attinenti allo scaricamento di file peer-to-peer, l’utente viene pressoché sempre ritenuto responsabile sia di uploading sia di downloading. Così non è vero che i blog amatoriali non vengano toccati o che i provider siano salvi. E così via. Tra l’altro, il diavolo si insinua nei particolari e il testo è una sommatoria particolari. 

 

Serviranno a qualcosa le obiezioni svolte dai soggetti interessati durante la consultazione o le dichiarazioni così secche del commissario Posteraro sono l’ultima parola?

 

Quasi in tutti i convegni in cui se ne è discusso nelle ultime settimane hanno messo al centro la decisiva parola d’ordine “prima una legge”. L’Agcom sospenda l’iter decisionale sul Regolamento, anche perché sono state depositate o stanno per esserlo, proposte parlamentari impegnative. Quella del sen. Palermo, e il disegno di legge formulato al Senato da Felice Casson, che diverrà augurabilmente quello del partito democratico. Tra l’altro, il testo suggerisce una seria depenalizzazione delle situazioni prive di finalità di lucro. E poi, va chiarito che solo la magistratura ordinaria ha il diritto e il dovere di intervenire sui reati, per accertarne la veridicità e promuovere procedimenti sorretti dall’intelaiatura garantista dello stato di diritto.

 

Non ha senso continuare un dibattito impostato sulle due polarità dialettiche dello spirito proprietario e della pirateria. È una contrapposizione conservativa, di comodo. Ma a livello internazionale è in corso da diversi anni un confronto assai più evoluto, in cui si cimentano giuristi come Rodotà e Lessig. Il “copyright” nasce nel 1710 nel Regno Unito, in Italia – dopo il codice sabaudo – diviene previsione organica nel 1941. Ecco, la vecchia normativa ha accompagnato l’intera storia del capitalismo fino al pieno dell’era analogica. Oggi, con la rivoluzione digitale, il diritto deve aggiornarsi. Perché non fu così con tante buone riforme, dallo Statuto dei lavoratori alla legge Basaglia, e così via? Il diritto d’autore ha una disciplina storicamente determinata ed è transeunte. Non c’era prima ed è inevitabile che cambierà sotto la spinta dei nativi digitali.