Web-Tax al vaglio della Commissione Bilancio del Senato

di Raffaella Natale |

Ancora in esame l’emendamento alla Legge di Stabilità che prevede la partita Iva italiana per chi vende servizi online. Per l’AmCham EU, la tassa ‘ostacolerà il Mercato unico digitale’.

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Atteso per oggi in Commissione Bilancio del Senato il voto sulla web-tax, l’emendamento alla Legge di Stabilità riguardante la “vendita di servizi online” (n° 18.0.3 – pag. 125 documento Senato), presentato dai senatori del Pd Francesco Russo, Valeria Fedeli e Rita Ghedini, che riprende i contenuti della proposta di Legge firmata dall’on. Francesco Boccia (Pd).

“I soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi – si legge nell’emendamento – sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana”.

 

L’emendamento prevede anche che “Gli spazi pubblicitari online e i Iink sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, altrimenti detti servizi di search advertising, visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio online attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario titolari di partita Iva italiana. La disposizione si applica anche nel caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti”.

 

E ancora: “Il regolamento finanziario, ovvero il pagamento, degli acquisti di servizi e campagne pubblicitarie online deve essere effettuato dal soggetto che ha acquistato servizi o campagne pubblicitarie online esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita Iva del beneficiario”.

 

Boccia nei giorni scorsi in un’intervista a Key4biz si era espresso a favore di un intervento contro le aggressive pratiche di ottimizzazione fiscale alle quali ricorrono le multinazionali, specie gli OTT(GoogleAmazonFacebook ed Apple), per sottrarsi al pagamento delle tasse (Leggi articolo Key4biz).

 

La strategia è quella del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto nei paradisi fiscali. Nel 2012 gli OTT hanno versato all’erario italiano solo 9,157 milioni di euro (Leggi Articolo Key4biz).

 

Contro la web-tax si è però schierato Gianni Pittella, uno dei quattro candidati alla segreteria del Pd (in lizza con Gianni Cuperlo, Giuseppe Civati e Matteo Renzi). (Leggi Articolo Key4biz)

“L’emendamento alla Legge di Stabilità che riguarda la ‘vendita di servizi online’ rischia di influenzare negativamente lo sviluppo dell’economia web, uno dei pochissimi comparti che ancora resiste alla crisi. Va cancellato”, ha detto Pittella, candidato alla segreteria del vicepresidente vicario del Parlamento europeo.

 

Il provvedimento ha creato contrasti anche con il M5s che sulle pagine del nostro giornale lo ha definito “contrario alle norme europee“, in particolare, ha spiegato Mirella Liuzzi, deputato del Movimento di Beppe Grillo, “costringere un’azienda estera ad avere una partita Iva italiana, ci sembra in contrasto con il Trattato di Roma” e con quanto già l’OCSE e il G20 stanno facendo in materia di tasse e web company (Leggi Articolo Key4biz).

 

Contro la web-tax ha preso posizione l’American Chamber of Commerce to the European Union (AmCham EU), sulla linea di quanto già dichiarato nei giorni scorsi dalla rappresentanza italiana (Leggi Articolo Key4biz).

L’AmCham EU è convinta che “la proposta di tassazione sui servizi online, attualmente in discussione presso il Senato italiano, possa violare il principio di libero scambio di beni e servizi all’interno del Mercato Unico Europeo”. Si è, quindi, rivolta alla Commissione Ue affinché effettui una valutazione sull’impatto che questa proposta potrebbe avere sul Mercato Unico Digitale e sulle conseguenze economiche per fornitori e consumatori.

“L’emendamento proposto – sostiene – potrebbe imporre un ulteriore carico fiscale sui fornitori di servizi online, scoraggiando le imprese straniere dall’offrire servizi online in Italia, e potrebbe tradursi in un aumento dei prezzi per i consumatori”.

Secondo l’AmCham EU, “Le discussioni in corso nell’Unione Europea e nell’OCSE sono i luoghi appropriati per creare una chiara e coerente struttura fiscale internazionale”.

 

Ma Boccia ch nell’intervista a Key4biz  ha precisato che “nessuno vuole obbligare un’azienda estera ad aprire una partita Iva nel nostro Paese. La proposta che abbiamo presentato, in realtà, prevede l’obbligo per i committenti di servizi online – e parliamo quindi di commercio elettronico diretto e indiretto – di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita Iva italiana”.

La proposta, secondo l’on. Boccia, non è quindi in contrasto col diritto comunitario né col Trattato di Roma sul libero mercato ed è anche “in linea con il dibattito che sta coinvolgendo anche altri Paesi europei, vedi il caso della Francia o della Gran Bretagna. È evidente che l’Ue deve prendere posizione, ma è anche nostro dovere tutelare le imprese italiane”, davanti a quello che è “un classico esempio di concorrenza sleale“.